Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37247 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37247 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Serbia il DATA_NASCITA
Parte civile:
NOME COGNOME
avverso la sentenza del 05/12/2024 della Corte d’appello di Venezia. Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5.12.2024, la Corte di appello di Venezia, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, emessa in sede di rito abbreviato, ha dichiarato NOME responsabile del reato di furto di materiale di cantiere di proprietà della RAGIONE_SOCIALE di cui all’imputazione (fatto commesso in Verona in data anteriore e prossima al dicembre 2019).
Avverso la prefata sentenza propone ricorso per cassazione l’ imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) quanto segue.
Violazione di legge, per inutilizzabilità della documentazione prodotta dalla parte civile in sede di costituzione, trattandosi di documentazione che non era
contenuta nel fascicolo del pubblico ministero e che era stata acquisita dal Tribunale esclusivamente sotto il profilo della legittimazione della persona offesa a costituirsi parte civile.
II) Vizio di motivazione, per avere la Corte di appello ribaltato la pronuncia assolutoria del primo giudice violando l’onere di motivazione rafforzata, per non essere state valutate in alcun modo le circostanze di fatto emergenti dai documenti in atti . La querela proposta dalla persona offesa era priva dell’elenco dei beni di cui la parte civile lamentava la sottrazione, essendo stata presentata per ritorsione nei confronti dell’imputato che, in data 22.1.2020, dopo essere stato licenziato verbalmente, aveva richiesto l’intervento dell’Ispettorato del Lavoro. Come affermato dal primo giudice, l’imputato deteneva legittimamente il materiale della RAGIONE_SOCIALE in forza del contratto di lavoro in essere con la medesima, all’interno di un magazzino ove si trova va tutto il materiale tecnico accumulato nel corso di tutta la vita lavorativa dell’imputato. Si tratta di beni che risultano assolutamente fungibili e indistinguibili, reperibili in qualsiasi magazzino di termoidraulica.
III) Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 11, cod. pen. e all’omessa concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulla predetta aggravante.
Deduce omessa motivazione in ordine alla sussistenza della citata aggravante e al giudizio di equivalenza, oltre alla contraddittorietà di aver ritenuto interrotto il rapporto di lavoro dell’imputato con l’ente vittima del furto, salvo ritenere applicabile sul piano sanzionatorio l’aggravante dell’abuso di relazione di prestazione d’opera.
IV) Mancanza di motivazione con riferimento alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, nonostante l’avvenuta restituzione di tutti i beni asseritamente oggetto di furto.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso come segue: annullarsi la sentenza impugnata, limitatamente al giudizio di comparazione tra la riconosciuta aggravante ed attenuanti generiche nonché in ordine alle statuizioni civili, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia per nuovo giudizio sui punti indicati; dichiararsi inammissibile nel resto il ricorso e dichiararsi definitivo l’accertamento di responsabilità.
Il difensore della parte civile ha depositato memoria scritta con cui chiede il rigetto del ricorso.
Il difensore dell’imputato ha depositato note scritte con cui insiste per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il proposto ricorso induce alle seguenti considerazioni.
Preliminarmente, va qui ribadito il principio enunciato da lungo tempo dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (sin da Sez. 1, n. 1381 del 16/12/1994 – dep. 1995, Felice, Rv. 201487-01), secondo il quale la decisione del giudice di appello, che comporti totale riforma della sentenza di primo grado, impone la dimostrazione dell’incompletezza o della non correttezza ovvero dell’incoerenza delle relative argomentazioni, con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente dimostrazione che, sovrapponendosi in toto a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. Inoltre, il giudice di appello, allorché prospetti ipotesi ricostruttive del fatto alternative a quelle ritenute dal giudice di prima istanza, non può limitarsi a formulare una mera possibilità, come esercitazione astratta del ragionamento, disancorata dalla realtà processuale, ma deve riferirsi a concreti elementi processualmente acquisiti, posti a fondamento di un iter logico che conduca, senza affermazioni apodittiche, a soluzioni divergenti da quelle prospettate da altro giudice di merito.
In buona sostanza, la totale riforma della sentenza di primo grado impone al giudice di appello di raffrontare il proprio decisum , non solo con le censure dell’appellante, ma anche con il giudizio espresso dal primo giudice, che si compone sia della ricostruzione del fatto che della valutazione complessiva degli elementi probatori, nel loro valore intrinseco e nelle connessioni tra essi esistenti.
Sul tema in disamina la giurisprudenza della Suprema Corte ha elaborato il concetto di “motivazione rafforzata”, per esprimere, con la forza semantica del lemma, il più intenso obbligo di diligenza richiesto al giudice di secondo grado nel caso di pronuncia di condanna in seguito ad assoluzione pronunciata dal primo giudice (Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, COGNOME, Rv. 262907-01; Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679-01)
Si tratta di giurisprudenza che è andata successivamente sviluppandosi alla luce della lettura della innovazione introdotta nel 2006 (art. 5 legge 20 febbraio 2006, n. 46) con la modifica dell’art. 533 cod. proc. pen. e l’introduzione del canone dell”al di là di ogni ragionevole dubbio”. Si ritiene che esso implichi che,
in mancanza di elementi sopravvenuti, la valutazione peggiorativa compiuta nel processo d’appello sullo stesso materiale probatorio acquisito in primo grado, debba essere sorretta da argomenti dirimenti, tali da rendere evidente l’errore della sentenza assolutoria, la quale deve rivelarsi, rispetto a quella d’appello, non più razionalmente sostenibile, per essere stato del tutto fugato ogni ragionevole dubbio sull’affermazione di colpevolezza. Perché possa dirsi rispettato il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio non è, dunque, più sufficiente una mera diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo invece una forza persuasiva superiore, tale da far cadere “ogni ragionevole dubbio”, in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di contrasto. Ciò anche sulla scorta del principio secondo cui la condanna presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l’assoluzione non presuppone la certezza dell’innocenza, ma la mera non certezza della colpevolezza (Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, Galante, Rv. 251066-01).
Nel caso di specie, l’apparato motivazionale della sentenza impugnata, con la quale è stato ribaltato l’esito assolutorio del primo giudice, non soddisfa i requisiti indicati in materia di motivazione rafforzata, avendo la Corte territoriale offerto un percorso argomentativo carente e alternativo che non si è puntualmente confrontato con le ragioni assolutorie del primo giudice.
In estrema sintesi, il Tribunale aveva assolto l’imputato sul presupposto che oggetto di furto erano materiali fungibili usati nel campo dell’edilizia, rinvenibili in qualsiasi deposito di materiale, per cui, appurato che l’imputato aveva la disponibilità di un magazzino contenente materiali dello stesso genere e di sua proprietà, aveva reputato impossibile procedere all’esatta identificazione di quelli asseritamente sottratti; ancora, sul piano soggettivo, il primo Giudice aveva ipotizzato che la disponibilità materiale in capo al prevenuto di cose riferibili alla ditta denunciante (costituitasi parte civile) fosse conseguenza della sua posizione di lavoratore dipendente della stessa ditta.
Rispetto a tali considerazioni, la Corte di appello si è limitata a contrapporre una versione dei fatti diversa e alternativa, dando per scontato che i materiali sottratti fossero stati compiutamente identificati e valorizzando le dichiarazioni spontanee rese dall’imputato, senza tuttavia tenere conto in alcun modo delle contrastanti dichiarazioni rese dallo stesso imputato in giudizio e senza elaborare una analisi concreta e complessiva dei dati processualmente emersi: in particolare, e soprattutto, senza confrontarsi con le argomentazioni
assolutorie del Tribunale, in tal modo omettendo di offrire argomenti dirimenti, aventi forza persuasiva superiore, tali cioè da far cadere ogni ‘ragionevole dubbio’ in ordine alla posizione di responsabilità dell’imputato.
6 . L’accoglimento del motivo in punto di motivazione rafforzata, cui consegue la rescissione del provvedimento impugnato, rende ultroneo l’esame delle ulteriori censure, che rimangono in esso assorbite.
In conclusione, va disposto l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia, la quale provvederà anche a regolamentare fra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti del presente giudizio di legittimità.
Così deciso il 22 ottobre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME