Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18404 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18404 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CESENA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nata a CESENA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/12/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le richieste del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi di COGNOME e COGNOME e la declaratoria di inammissibilità per ricorsi di COGNOME e COGNOME.
sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per i ricorrenti COGNOME e COGNOME, nonché, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per i ricorrenti COGNOME e COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi;
sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Firenze, con sentenza in data 2 aprile 2021, per quanto qui rileva,
ha dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di indeterminati delitti di riciclaggio, autoriciclaggio, emissione e utilizzo di fatture inesistenti, intestazion fittizia di beni contraffazione di documenti di identità e sostituzione di persona (capo 1) e di plurimi episodi di riciclaggio e autoriciclaggio (capo 2);
ha dichiarato NOME COGNOME colpevoli dei reati di riciclaggio e autoriciclaggio (capo 2) e di trasferimento di beni (capo 3);
ha assolto NOME COGNOME dai reati di cui ai suddetti capi 1 e 2, perché il fatto non costituisce reato, e al capo 3, per non avere commesso il fatto.
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma di tale pronuncia, ha dichiarato NOME COGNOME penalmente responsabile dei suddetti delitti di cui ai capi 1 e 2 e ha disposto, nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, la confisca di quanto indicato nel decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Firenze del 19 marzo 2020 e, nei confronti del solo COGNOME, anche delle somme indicato nel decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Firenze del 24 aprile 2020, confermando nel resto.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione tutti i suddetti imputati, formulando i motivi di censura di seguito sinteticamente esposti.
Ricorso di NOME COGNOME
3.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 125, comma 3, e 546 cod. proc. pen., per assoluta carenza della motivazione, secondo la difesa meramente apparente, non essendo state minimamente prese in considerazione le numerose censure difensive avanzate con il gravame, mentre l’apparato argomentativo si sarebbe limitato a una acritica ricezione della motivazione di prime cure.
3.2. Violazione di legge in relazione all’art. 416 cod. pen. e vizi della motivazione, riguardo alla valutazione degli elementi di prova posti a sostegno della ribadita affermazione di responsabilità in ordine al delittc associativo. Senza procedere ad autonome valutazioni, sarebbero state individuate, ricalcando le mere congetture degli investigatori, alcune imprese operative e altre aventi l’unico ruolo di “cartiera”, laddove numerosi elementi probatori (in primis, le spontanee dichiarazioni dei coimputati COGNOME e COGNOME) avrebbero comprovato l’effettivo esercizio di attività, secondo gli ordinari meccanismi commerciali. Ancora più lacunosa, secondo il ricorrente, sarebbe la motivazione in ordine alla sua partecipazione al sodalizio, e per di più con un ruolo apicale, basata solo su generici riferimenti al materiale captativo.
3.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 110, 648-bis e 648-ter.1 cod. pen. e vizi della motivazione, riguardo alla valutazione degli elementi di prova posti a sostegno della ribadita affermazione di responsabilità in ordine ai delitti di riciclaggio e autoriciclaggio. Anche in questo caso, la difesa si duole del mero rinvio per relationem alla sentenza di primo grado, senza neppure adeguatamente distinguere i vari episodi, ovvero all’interno di questi, sulla base del rispettivo tit di reato.
3.4. Violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 512-bis cod. pen. e vizi della motivazione, riguardo alla valutazione degli elementi di prova posti a sostegno della ribadita affermazione di responsabilità in ordine ai delitti di trasferimento fraudolento di beni. Analogamente, si contesta l’automatica e indiscriminata attribuzione di tutti gli episodi in contestazione, in ragione della sol ipotizzata partecipazione al reato associativo.
3.5. Violazione di legge in relazione all’art. 416-bis.1 cod. pen. e travisamento della prova in ordine all’aggravante dell’agevolazione maliosa. La sentenza impugnata si porrebbe in contrasto con quanto affermato da due decisioni dell’Autorità giudiziaria di Palermo, che hanno escluso tale circostanza in riferimento alla medesima attività di commercializzazione di pallet. I giudici fiorentini avrebbero altresì travisato le dichiarazioni del collaboratore di giustizi NOME COGNOME, il quale – al pari delle intercettazioni agli atti – non avreb offerto elementi utili a ricollegare l’impresa di NOME con il boss COGNOME.
3.6. Violazione di legge in relazione all’art. 62-bis cod. perì. e vizi della motivazione in merito alla mancata concessione delle attenuanti generiche e all’eccessiva asprezza della pena.
4. Ricorso di NOME COGNOME
4.1. Violazione di legge in relazione all’art. 416 cod. pen. e carenza della motivazione, essendosi completamente omessa la disamina di specifici profili di gravame in ordine alla condotta partecipativa (in particolare, incentrati sugli esiti delle indagini difensive e sulla documentazione, ma anche su specifici atti di indagini e sulla relazione dell’amministratore giudiziario nominato a Palermo, che comprovavano la piena operatività delle imprese e l’effettività delle transazioni commerciali, anche con esiti finali coinvolgenti società leader nei rispettivi settori merceologici), ritenuta sussistente sulla sola base – asseritamente insufficiente allo scopo – dell’asserito utilizzo di telefoni “sicuri” e sulla mancanza di puntua domande durante l’esame dei coimputati in merito alla posizione di íntraneus del ricorrente.
4.2. Violazione di legge in relazione all’art. 649 cod. proc. ben. e carenza della motivazione, non avendo avuto risposta il motivo di appello che evidenziava
l’identità, anche temporale, delle contestate condotte di partecipazione con quelle già oggetto di imputazione davanti al Tribunale di Palermo.
4.3. Violazione di legge in relazione all’art. 648-bis cod. pen. e carenza della motivazione, in merito alle ricostruzioni alternative plausibilmente ipotizzate dalla difesa, in particolare non emergendo prova della provenienza delittuosa delle somme asseritamente riciclate (le disponibilità finanziarie sui conti correnti della RAGIONE_SOCIALE sarebbero infatti derivate interamente dall’ordinaria attività d’impresa e non dalla contiguità ai proventi della cosca palermitana) e non ravvisandosi alcun rapporto con le società riconducibili al socalizio criminoso se non «in uscita», di modo che resta inconferente la riflessione dei primi giudici sulla fungibilità del denaro. Ove mai sussistente, il rapporto con le “cartiere” avrebbe configurato, al più, un’ipotesi punibile ai sensi dell’art. 2, d.lgs. n. 74 del 20 (mai contestata).
4.4. Omessa motivazione in ordine alle censure fondate sulle indagini difensive (fonti orali e materiale documentario), per tutti i delitti contestati.
4.5. Violazione di legge in relazione all’art. 648-quater cod. pen. e carenza della motivazione, in difetto dei requisiti di legge ed avendo il Tribunale provveduto a rettificare l’importo della confisca con la procedura della correzione dell’errore materiale, laddove si trattava però di un errore prettamente decisorio e non avendo la Corte fiorentina offerto alcuna risposta alle relative doglianze.
4.6. Violazione di legge in relazione all’art. 133 cod. pen. e carenza della motivazione, in tema di dosimetria della pena.
5. Ricorso di NOME COGNOME
5.1. Violazione di legge in relazione all’art. 591 cod. proc. pen. e carenza della motivazione, riguardo alla mancata declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO (che consisteva nella pedissequa reiterazione della memoria depositata nella discussione di primo grado e dunque viziato da aspecificità, non essendosi concretamente misurato con le argomentazioni della pronuncia assolutoria).
5.2. Violazione di legge in relazione all’art. 416 cod. pen., dal momento che la riforma della sentenza di primo grado in senso negativo per l’imputata non era accompagnata dalla necessaria motivazione rafforzata.
5.3. Mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta partecipazione all’associazione a delinquere, basata su elementi meramente indiziari già ritenuti insufficienti in primo grado a fondare un’affermazione di colpevolezza. Si sottolinea, nello specifico, le mansioni meramente esecutive della ricorrente nell’azienda, in cui era entrata giovanissima e appena diplomata, l’impossibilità di essere consapevole dei meccanismi criminali ipotizzati dall’Accusa e il carattere assolutamente neutro delle conversazioni
intercettate (allorquando, per l’appunto, l’imputata rispondeva a monosillabi ai propri interlocutori).
5.4. Violazione di legge in relazione agli artt. 192, commi 1 e 2, 442, 533 e 581, lett. a), cod. proc. pen. e vizi della motivazione riguardo alla ritenuta condotta agevolatrice di un’associazione mafiosa, laddove il compendio istruttorio non lascia desumere alcuna coscienza e volontà sul punto.
5.5. Carenza della motivazione in merito agli argomenti illustrati dalla difesa nelle proprie memorie difensive per contrastare l’appello della Parte pubblica.
5.6. La ricorrente ha presentato altresì motivi aggiunti, diretti a ribadire i primo luogo la mancanza di una motivazione rafforzata (che non si misura compiutamente con l’attenta disamina del compendio probatorio operata dal primo Giudice, in particolare in tema di sussistenza dell’elemento soggettivo) e quindi anche le lacune motivazionali a fondamento dell’affermazione di colpevolezza.
6. Ricorso di NOME COGNOME
6.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 125, comma 3, e 546 cod. proc. pen., per assoluta carenza della motivazione, secondo la difesa meramente apparente, dal momento che l’apparato argomentativo si sarebbe limitato a una acritica ricezione della motivazione di prime cure.
6.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 110, 648-bis e 648-ter.1 cod. pen. e vizi della motivazione, riguardo alla valutazione degli elementi di prova posti a sostegno della ribadita affermazione di responsabilità in ordine ai delitti di riciclaggio e autoriciclaggio, a fronte di plurimi elementi istruttori che avrebbero comprovato la piena esistenza e operatività dell’impresa del ricorrente (RAGIONE_SOCIALE, tutt’altro che mera cartiera a servizio della RAGIONE_SOCIALE, ma impresa attiva, come confermato da plurime emergenze investigative). Inoltre, sarebbero rimaste senza disposta anche le doglianze con cui si stigmatizzava il mancato discernimento tra condotte di riciclaggio e di autoriciclaggic, cumulativamente contestate.
6.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 512-bis cod. pen. e vizi della motivazione, riguardo alla valutazione degli elementi di prova posti a sostegno della ribadita affermazione di responsabilità in ordine ai delitti di trasferimento fraudolento di beni. Risulterebbe insanabilmente contraddittoria l’imputazione di riciclaggio e autoriciclaggio rispetto alla presunta mera intestazione fittizia dei beni.
6.4. Violazione di legge in relazione all’art. 648-quater cod. pen., per quanto attiene alla confisca del denaro già oggetto da vincolo ex art. :321 cod. proc. pen. a carico del figlio del ricorrente, NOME COGNOME, nei confronti del quale si procede separatamente.
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME sono fondati, nei termini e per le ragioni di seguito illustrati.
Il ricorso di NOME COGNOME è fondato limitatamente alla sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa ed è inammissibile rel resto.
Quanto al ricorso di COGNOME, in merito innanzitutto alla contestata associazione per delinquere, la doppia conforme motivazione dei due giudizi di merito afferma, con un complessivo fluido argomentare, privo di vizi logicogiuridici, l’esistenza del sodalizio, diretto dal centro decisiorale di Villabate NOME COGNOME, con la stretta collaborazione di COGNOME, COGNOME e COGNOME, con il fattivo apporto di una nutrita compagine, distribuita tra i vari live della piramide gerarchica e le varie aree territoriali di operatività.
1.1. Gli esiti investigativi di precedenti procedimenti dell’Autorità giudiziari palermitana, il corposo e trasparente compendio intercettivo, l’attività di controllo e di acquisizione documentale degli operanti e le dirimenti prove dichiarative hanno evidenziato la sussistenza dell’associazione, finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di reati, per quanto qui rileva, di riciclaggio e autoriciclaggio, mediante una vasta rete di imprese fantasma (formalmente amministrate da mere teste di legno, se non addirittura da soggetti puramente e RAGIONE_SOCIALEmente inesistenti), affiancate da altre imprese viceversa dotate di una propria concreta funzionalità, operanti per lo più nel settore della compravendita di pallet. Il consistente gruppo di meri esecutori della pianificazione criminale è costituito da soggetti, extracomunitari o italiani, privi di qualsiasi potere gestor e percettori di regolare retribuzione, quale corrispettivo del consenso alla spendita del nome e dell’attività materiale di prelievo di somme sui conti correnti intestati alle rispettive società. I soggetti deputati all’ordinaria amministrazione rispondono poi direttamente alle indicazioni, stringenti i del gruppo di comando. La quotidianità dell’organizzazione si incentra sulla movimentazione meramente formale di flussi di denaro, per importi complessivamente multimilionari, funzionale sia alla precostituzione di formali riscontri rispetto a una vasta attività di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (oggetto di distinto procedimento), si alla successiva ripulitura dei profitti realizzati da quest’ultima attività, al netto d somme restituite ai finti beneficiari delle fatture (oggetto delle articola imputazioni descritte nel capo 2).
Questo unico complessivo corpo decisionale non risulta scalfito dalle censure del ricorrente, a fortiori dal momento che i motivi di gravame ncn hanno riguardato elementi nuovi, ma si sono limitati a prospettare nuovamente circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nei precedenti giudizi di merito (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, NOME, Rv. 252615).
Nello specifico, a COGNOME, detto il ragioniere, è contestata l’attività d organizzazione e coordinamento del ramificato sistema di società e imprese individuali poste a servizio del programma criminoso, dando specifiche prescrizioni ai responsabili delle operazioni materiali (indicando emittenti, destinatari, data e importi delle singole fatture o transazioni finanziarie, nonché modalità di prelievo in contanti presso carte di debito; reperendo prestanome per i diversi schermi societari e sostituendoli alla bisogna) e riferendo quotidianamente al vertice del sodalizio, NOME. Le due sentenze di merito sottolineano il fondamentale ruolo operativo svolto dall’imputato, indubitabile alla luce del chiaro contenuto dei dialoghi captati (soprattutto, quanto alle conversazioni telefoniche mediante utenze dedicate, riservate a un gruppo ristretto di associati con mansioni superiori, e erroneamente credute “pulite” dai còrrei), nonché l’intervento risolutivo in occasione di imprevisti di qualche rilievo, con frequenti spostamenti sul territorio nazionale per seguire di persona le attività più delicate, quali, ad esempio, la consegna di forti somme di denaro in contanti.
Le critiche del ricorrente alla particolareggiata ricostruzione operata dal Gup e pienamente condivisa dalla Corte territoriale evitano completamente di misurarsi con l’apparato motivazionale, limitandosi a riproporre, in termini peraltro affatto generici e senza puntuali riferimenti alla piattaforma indiziaria, generiche questioni già compiutamente risolte sin dal primo grado (la distinzione tra pure “cartiere” e società effettivamente operative; l’inesistenza delle operazioni commerciali; il differente articolarsi dell’attività commerciale rispetto alle grandi società acquirent e ai piccoli fornitori locali, spesso con transazioni “in nero”; l’apporto del ricorren all’azione criminale della consorteria; la titolarità di un incarico apicale).
In punto di diritto, peraltro, in tema di associazione per delinquere, la qualifica di organizzatore spetta a colui il quale – come nel caso di COGNOME – riveste, anche assieme ad altri, il ruolo di coordinare e assicurare la funzionalità delle struttur di cui il sodalizio si compone, pur se in relazione solo ad una o più delle eventuali ramificazioni territoriali (Sez. 1, n. 47741 del 29/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 274369. Cfr. anche Sez. 3, n. 24799 del 13/03/2019, COGNOME, Rv. 276001, secondo cui si configura un’ipotesi di partecipazione qualificata dal ruolo di organizzatore, qualora la condotta sia strutturalmente essenziale all’organizzazione dell’associazione, nonché Sez. 2, n. 7839 del 12/02/2021, COGNOME,
Rv. 280890, che attribuisce il ruolo di «capo» di un’associazione per delinquere anche a colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminal e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati).
Risultano dunque manifestamente infondato il primo motivo di ricorso, in presenza sufficiente apparato argomentativo, e reiterativo e diretto a sollecitare un’alternativa ponderazione di questioni schiettamente fattuali il secondo, che evita altresì di confrontarsi adeguatamente con il solido percorso giustificativo offerto dai giudici di merito.
1.2. Risultano parimenti generiche le doglianze contenute nel terzo motivo di ricorso, le quali, reiterando considerazioni già argomentatamente disattese nel merito dal primo giudice, evidenziano stringatamente la motivazione per relationem, l’automatismo sanzionatorio, la mancata distinzione tra concorso di persone nel reato continuato e delitto associativo, la nebulositèi delle contestazioni di riciclaggio e auto-riciclaggio.
La sentenza impugnata ha già correttamente rilevato la «connotazione talmente generica» delle censure in tema di mancata provai della provenienza illecita dei capitali da qualificare il motivo di gravame in termini di sostanzial inammissibilità. Nel merito, si ribadisce poi la puntigliosa descrizione delle varie condotte riciclatorie tratteggiata dal Gup, con puntuale raccordo tra i chiari dialoghi tra i vari interessati alle singole operazioni commerciali o finanziarie e i definiti riscontri desumibili dalle perquisizioni e sequestri degli operanti, dalla successiva analisi della documentazione acquisita agli atti e dalle dichiarazioni dei soggetti interposti. La motivazione di primo grado, d’altro canto, dopo avere reiteratamente sottolineato l’affectio societatis e la programmazione di un numero indeterminato di delitti, così da escludere alla radice la configurabilità a titolo mero concorso, distingue puntualmente tra le condotte di trasferimento e sostituzione di denaro certosinamente illustrate nel capo b), quelle ascritte a COGNOME (e ad altri) a titolo di autoriciclaggio o di riciclaggio, con riferimento sia proventi conseguiti dall’associazione tramite i delitti tributari (emissione di fattu per operazioni inesistenti, in favore di società estranee al sodalizio) oggetto di separato procedimento, sia all’ulteriore immissione nel circuito finanziario di somme, ripulite attraversi plurimi passaggi sui conti delle “scatole cinesi”, derivanti unicamente da altre attività delittuose del sodalizio.
Le censure, peraltro manifestamente infondate (anche perché obliterano del tutto la natura concorsuale delle contestazioni), cadono dunque proprio nel vizio di totale aspecificità che rimproveravano alla motivazione della Corte fiorentina.
1.3. Allo stesso modo, è stata già più che sufficientemente sottolineata nei due giudizi di merito, la totale fittizietà delle intestazioni delle numerosissim società a disposizione dell’associazione per delinquere.
Sempre in considerazione del contributo offerto da COGNOME come concorrente, la sentenza di primo grado riporta una puntuale disamina ‘delle evidenze che attestano l’inesistenza strutturale di ventinove imprese societarie e individuale operanti nel sistema criminale del sodalizio, definitivamente confermate dalle dichiarazioni dell’amministratore giudiziale NOME COGNOME e di molti dei soggetti interposti. Il ruolo “tecnico” dell’imputato è stato adeguatamente scrutinato, proprio in ragione del suo diretto coinvolgimento nella fase di costituzione delle imprese e nella successiva eventuale nuova intestazione ad ulteriori prestanome, mediante interlocuzione con le teste di legno e con i vari professionisti coinvolti (commercialisti e notai). Risulta così appieno integrato il delitto di cui agli artt. 1 e 512-bis cod. pen., reato a forma libera, istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento in cui viene realizzata consapevolmente la difformità tra titolarità formale e apparente e titolarità di fatto dei beni, con il dolo specifico, caso di specie, di agevolare la commissione dei delitti di cui agli artt. 648-bis e 648-ter cod. pen. (Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 276199; Sez. 2, n. 11881 del 06/03/2018, COGNOME, Rv. 272902; Sez. 6, n. 24657 del 27/05/2014, COGNOME, Rv. 262045).
Con tale corposo apparato argomentativo, il ricorrente evita di misurarsi. Il quarto motivo di ricorso di COGNOME è dunque insuperabilmente generico.
1.4. È, invece, fondato il quinto motivo del ricorso di COGNOME, relativo alla cosiddetta aggravante mafiosa.
La Corte territoriale, quanto all’esistenza di condotte concretamente agevolative del sodalizio mafioso, sottolinea il ruolo apicale ricoperto nell’associazione “RAGIONE_SOCIALE” da NOME COGNOME, condannato, in via non definitiva, per partecipazione alla famiglia di RAGIONE_SOCIALE d INDIRIZZO; il capo di questa famiglia, NOME COGNOME, avrebbe assicurato protezione alle attività imprenditoriali di COGNOMECOGNOME In ordine all’elemento soggettivo, si cit poi la personale conoscenza tra Lo COGNOME e COGNOME. Il Gup aveva a sua volta ulteriormente precisato, premessa la cordialità di rapporti tra COGNOME e COGNOME, come dalla lettura congiunta e convergente di plurime conversazioni intercettate (relative tra l’altro all’interessamento dell’odierno ricorrente per trovar un’abitazione in cui il capo mafia potesse essere alloggiato agi arresti domiciliari, così potendo anche incontrare altri affiliati) emergerebbe la definitiva conferma all’accenno fatto dal collaboratore NOME COGNOME a talune cointeressenze nell’Italia settentrionale tra COGNOME e COGNOME.
Un simile percorso motivazionale, in primo luogo, non si confronta a sufficienza con le argomentazioni difensive, vòlte a sottolineare la portata liberatoria delle due sentenze rese del Tribunale e del Gup di Palermo, già agli atti e aventi valore di cosa giudicata, che avrebbero escluso, in capo a tutti gli associati, la finalità di agevolazione mafiosa in capo alla “parallela” associazione per delinquere diretta alla commissione di reati fiscali. Data la c:ontiguità operativa e soggettiva tra i due sodalizi e la parziale coincidenza del materiale probatorio (in particolare intercettivo), la deduzione difensiva assume sicura rilevanza e non può ritenersi implicitamente disattesa.
D’altronde, occorre sottolineare ulteriori lacune motivazionali sul punto, laddove si assume un’oggettiva attività agevolatrice della famiglia mafiosa di INDIRIZZO nell’esecuzione del programma criminoso dell’associazione RAGIONE_SOCIALE, ma un simile dato non può ricavarsi esclusivamente dalla comunanza di affari tra il capo della famiglia COGNOME e il capo dell’associazione RAGIONE_SOCIALE NOME, genericamente segnalata dal collaboratore di giustizia, in difetto di solidi elementi che comprovino la distrazione di una parte dei proventi illeciti in favore di RAGIONE_SOCIALE o di un concreto contributo di altro tipo al raggiungimento del fine del sodalizio. Il Collegio condivide e ribadisce l’orientamento per cui, ai fini dell configurabilità della circostanza di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. (sub specie dell’agevolazione), la finalità perseguita dall’autore del delitto, onde evitare rischio della diluizione della circostanza nella RAGIONE_SOCIALE contestualità ambientale, deve essere oggetto di una rigorosa verifica in sede di formazione della prova, sotto il duplice profilo della dimostrazione che il reato è stato commesso al fine specifico di favorire l’attività dell’associazione mafiosa e della consapevolezza dell’ausilio prestato al sodalizio (Sez. 3, n. 45536 del 15/09/2022, COGNOME, Rv. 284199-02, che ha censurato la decisione con la quale era stata riconosciuta detta aggravante, valorizzando unicamente l’appartenenza dell’imputato ad entrambi i sodalizi e la sovrapponibilità operativa di essi. Cfr. anche Sez. 6, n. 11352 del 31/01/2023, Solimando, Rv. 284471). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Una volta eventualmente accertata la sussistenza dell’ipotesi circostanziale nella sua oggettività, occorrerà poi verificarne l’ascrivibilità a NOME COGNOME, avuto riguardi alla natura pacificamente soggettiva dell’aggravante, che richiede per la sua configurazione il dolo specifico di favorire l’associazione, non rilevando possibili vantaggi indiretti, né – come lumeggiato nel caso di specie – il RAGIONE_SOCIALE scopo di favorire un esponente di vertice della cosca, uti singulus (Sez. 6, n. 31874 del 09/05/2017, COGNOME, Rv. 270590; Sez. 5, n. 28648 del 17/03/2016, COGNOME, Rv. 267300).
La sentenza va dunque annullata sul punto, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze che, nel procedere ad un nuovo esame della questione, terrà conto dei rilievi sopra indicati.
1.5. Resta assorbito dalle considerazioni che precedono il sesto motivo di impugnazione, inerente al trattamento sanzionatorio.
In merito al ricorso di NOME COGNOME, premessa la correttezza della valutazione di ammissibilità dell’appello della Parte pubblica (l’eccezione è stata correttamente rigettata, poiché l’impugnazione attinge la complessiva tenuta logica della motivazione di primo grado), occorre viceversa rilevare la fondatezza del secondo motivo di impugnazione.
Il Gup aveva infatti ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per provare la partecipazione dell’imputata all’associazione di cui al capo 1. Ripercorrendo complessivamente il materiale probatorio rilevante, aveva sottolineato, in estrema sintesi, come le mansioni meramente esecutive, tipiche dell’Impiegata d’ordine, senza alcuna competenza decisionale e di fatto appena assunta per il primo vero impiego lavorativo, non consentissero di attribuire ai brevissimi scambi di battute telefoniche – pure oggettivamente rilevanti rispetto alla consumazione del reato perpetrato in concorso – il senso di una consapevole partecipazione alla complessissima organizzazione criminale gestita dai coimputati.
La Corte di appello, in accoglimento dell’appello del AVV_NOTAIO, ha sottoposto queste riflessioni a una radicale critica, concludendo stringatamente che fossero stati ignorati significativi indizi a carico e valorizzati d probatoriamente irrilevanti, quali la mancanza del perseguimento di un’utilità propria, dovendosi invece privilegiare la coscienza e volontà di fornire il proprio apporto causale desumibile dalle suddette conversazioni, intervenute con componenti anche di rango elevato dell’associazione per delinquere e utilizzando un cellulare apparentemente “a prova di intercettazioni”. Emergerebbe dagli esiti dell’attività captativa, dunque, la prova di una consapevole militanza associativa.
Tale ribaltamento della pronuncia liberatoria non risulta sorretto da un percorso giustificativo tale da fondare una motivazione cosiddetta rafforzata.
La motivazione rafforzata della decisione di appello, infatti, richiesta nel caso di riforma della sentenza assolutoria di primo grado, consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonché in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in mo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio, e da conferire alla decisione la maggiore solidità
possibile. «La motivazione rinforzata presuppone ed impone, innanzitutto, una cautela decisionale, cioè un’attenzione valutativa e una prudenza deliberativa per così dire maggiorate nella disamina di quel dato istituto di diritto sostanziale o processuale, ovvero per quel determinato aspetto della vicenda giuridica. Fare riferimento a una “motivazione rafforzata” significa attendersi un apparato giustificativo nel quale siano esposte quelle tappe non eludibili del percorso che il giudice è tenuto a compiere nell’attività di giudizio» (Sez, 6, n. 22086 del 04/06/2021, COGNOME, non massimata; cfr. anche Sez. 2, n. 33544 del 30/05/2023, COGNOMENOME, non massimata; Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056; Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017, Banchero, Rv. 272082).
Le valutazioni poste a sostegno della pronuncia di condanna, nel caso di specie, in parte, si limitano a contrapporre alla ponderazione della piattaforma indiziaria operata in primo grado un’alternativa rilettura, non dotata però di una soverchiante capacità dimostrativa, e, dall’altra, risultano comunque di per sé non sufficientemente concludenti al fine di affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, uno stabile e consapevole inserimento nella compagine associativa.
In particolare, i dialoghi telefonici, trascritti per esteso nella sentenza del Gup pongono in evidenza un’interlocuzione pressoché meccanica, diretta a procurare una pezza documentale di appoggio per ogni singola operazione, nei termini indicati dall’amministratore COGNOME. Da ciò solo, appare assai difficile trarr sillogisticamente la certezza della consapevolezza, in capc alla giovanissima segretaria, dell’esistenza di una rete di imprese fantasma, strumentali rispetto a una monumentale attività di riciclaggio, oltretutto con la volontà di dare il proprio consapevole contributo al compimento di queste sofisticate condotte delittuose, così concorrendo al contempo alla funzionalità di un’organizzazione criminale operante, sotto vesti di formale legalità, in numerose regioni italiane.
Lungi dal mettere in luce carenze motivazionali o aporie della sentenza assolutoria di primo grado tali da giustificarne l’integrale riforma, le considerazioni della Corte di appello, nel confutare gli argomenti alla base della pronuncia liberatoria, si muovono dunque su un piano di RAGIONE_SOCIALE plausibilità, privo però di quella cogente forza logica che si richiede per l’overturning sfavorevole.
Si impone dunque, per quanto attiene all’affermazione di responsabilità nei confronti di COGNOME in relazione ai delitti di associazione per delinquere di cui a capo 1 e di concorso in riciclaggio e autoriciclaggio continuati di cui al capo 2, l’annullamento con rinvio della sentenza.
Restano assorbiti il terzo, il quarto e il quinto motivo del ricorso dell medesima imputata.
La disamina da parte della Corte fiorentina degli appelli proposti nell’interesse di NOME COGNOME ed NOME COGNOME risulta connotata da un’insuperabile inottemperanza all’obbligo motivazionale.
3.1. Non è revocabile in dubbio che siano inammissibili i motivi di ricorso per cassazione con cui si deduca la violazione degli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili: invero, i limiti all’ammissibilità delle doglia connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027-04). Nondimeno, permane in capo al giudicante l’obbligo di esporre, in modo conciso, i motivi di fatto e di diritto s quali si fonda la decisione, indicando i risultati acquisiti e i criteri di valutaz della prova adottati; il giudice non può dunque limitarsi a una mera, asettica rassegna degli elementi di prova assunti nel corso del processo, ma deve sintetizzarne in modo critico i contenuti, in modo da esplicitare la base fattuale del suo ragionamento (Sez. 3, n. 38478 del 11/06/2019, Salomone, Rv. 276753). Qualora, dunque, il provvedimento impugnato si limiti ad indicare le fonti di prova a carico degli imputati, senza contenere una valutazione argomentata degli elementi probatori acquisiti al processo, tenendo adeguatamente conto delle specifiche deduzioni difensive, è ravvisabile una motivazione meramente apparente (Sez. 3, n. 49168 del 13/10/2015, COGNOME, Rv. 265322. Cfr. anche Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263100, che ha precisato come la motivazione debba ritenersi apparente quando si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso da giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente, nonché Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279284, in tema di procedimento di prevenzione, che riconduce alla nozione di motivazione inesistente o meramente apparente la totale carenza di confronto con elementi potenzialmente decisivi; ancora di recente Sez. 2, n. 37100 del 07/07/2023, COGNOME, Rv. 285189, ha ribadito, in terna di impugnazioni cautelari, che rientrano nella nozione di violazione di legge anche l’assoluta mancanza di motivazione e la motivazione apparente, che si verifica quando il giudice, a fronte di specifiche censure mosse dalla difesa, omette di fornire adeguata motivazione circa l’infondatezza, l’indifferenza o la superfluità degli argomenti opposti). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso di specie, in maniera estremamente sintetica, la motivazione della Corte di appello si è esaurita in un anodino rinvio alla senterza di primo grado, talora limitato alla RAGIONE_SOCIALE indicazione delle pagine in cui la posizione del singolo imputato era stata esaminata.
La modalità redazionale cosiddetta per relationem può ritenersi idonea a dar conto del percorso logico-giuridico seguito dal giudicante solo in presenza dei requisiti prescritti dal consolidato orientamento giurisprudenziale sul punto. Pertanto, per quanto attiene al processo di appello, il riferimento, recettizio o di RAGIONE_SOCIALE rinvio, alla sentenza di primo grado (o a un altro atto del procedimento, conosciuto o conoscibile dalle parti), è da considerarsi legittimo solo quando il complessivo apparato argomentativo risulti congruo rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione, a cui non può reputarsi estraneo, a pena di un irrituale azzeramento del presidio del doppio grado del giudizio di merito, il confronto con le deduzioni e allegazioni difensive provviste del necessario grado di specificità (cfr. Sez. 2, n. 52617 del 13/11/2018, COGNOME Schiena, Rv. 274719-02, secondo cui, in presenza di un atto di appello non inammissibile per genericità, il giudice di appello non può limitarsi al mero e tralaticio rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, in quanto, anche laddove l’atto di appello riproponga questioni già di fatto dedotte e decise in primo grado, egli ha l’obbligo di motivare, onde non incorrere nel vizio di motivazione apparente, in modo puntuale e analitico su ogni punto a lui devoluto. Si veda anche Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664).
3.2. Per quel che concerne NOME COGNOME, la sentenza impugnata non accenna minimamente a plurime allegazioni difensive.
3.2.1. In merito alla contestata partecipazione, rispetto a un’imputazione che descrive condotte assai più defilate rispetto alla centralità operativa di NOME COGNOME, vengono completamente pretermessi i motivi di gravame (sorretti da indagini difensive e da un consistente apparato documentale, del quale pure non si fa alcun cenno) relativi alla compiuta conoscenza dei meccanismi operativi adoperati dall’associazione al fine di riciclaggio (e non per l’attività di cartier con quanto ne consegue in particolare in ordine alla sussistenza dell’affectio societatis e del dolo di legge.
La mancata emersione, durante la formazione della prova dichiarativa in udienza, di elementi a carico di COGNOME non può evidentemente essere posta alla base di un’affermazione di responsabilità del ricorrente, postulando inesistenti oneri probatori a carico dell’imputato, in macroscopico contrasto con il principio costituzionale di non colpevolezza.
Fermo restando poi che il Gup aveva già adeguatamente chiarito come non possa invocarsi il ne bis in idem in relazione alla condanna già riportata a Palermo,
in considerazione della non coincidenza delle due organizzazioni criminali, in particolare per quanto concerne le compagini associative (conclusione pienamente conforme all’interpretazione di legittimità: cfr. Sez. 5, n. 37169 del 20/07/2022, S., Rv. 283874-03), le intricate cointeressenze e sovrapposizioni gestionali tra le due associazioni “semplici” avrebbero in ogni caso imposto un attento esame delle emergenze processuali, distinguendo gli elementi idonei a comprovare lo stabile e organico inserimento anche nel sodalizio oggetto del presente procedimento.
3.2.2. Analogamente, anche in relazione ai contestati episodi di riciclaggio, sono state del tutto pretermesse nella sentenza di appello le allegazioni difensive, contenute nel terzo motivo di gravame inerenti la qualificazione giuridica del fatto.
In disparte ogni richiesta di rilettura della vicenda storica e anzi muovendo proprio dagli incensurabili accertamenti in ordine ai movimenti finanziari e alla non completamente acclarata provenienza della provvista utilizzata dalla RAGIONE_SOCIALE, i giudici di merito hanno infatti rilevato la compartecipazione d COGNOME ad operazioni certamente illecite in quanto poste a favore di società inesistenti, ma non hanno esplorato la possibilità, non peregrina e espressamente invocata dall’imputato in secondo grado, di sussumere le condotte (bonifici operati in favore delle cartiere riconducibili al sodalizio, con conseguente emissione in favore della sua società di fatture per operazioni inesistenti, per importi pari a milioni di euro, e successiva ricezione di quanto versato, al netto delle spese) nella fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, prevista dall’art. 2, d.lgs. 74 del 2000.
Appare quindi imprescindibile, senza escludere aprioristicamente la possibilità di un concorso di reati, una verifica, nella competente sede di merito, anche relativa alla direzione della volontà (finalità di evasione, sub specie di dolo specifico, in un caso, e coscienza e volontà di ostacolare l’accertamento della provenienza delittuosa dei beni e nella consapevolezza di tale provenienza, anche nella forma del dolo eventuale, nell’altro). D’altra parte, non costituirebbero i profitto di un ipotetico reato tributario le somme fittiziamente fatte pervenire ad una società per dare parvenza di effettività all’emissione, da parte della stessa, di fatture relative ad operazioni inesistenti, in quanto il profitto del predetto rea coincide con il risparmio di imposta che si ricava attraverso l’annotazione in contabilità e successiva indicazione delle anzidette fatture nelle prescritte dichiarazioni fiscali, di modo che, non trattandosi di somme di provenienza delittuosa, rispetto ad esse non sarebbe configurabile il reato di riciclaggio (Sez. 6, n. 10649 del 15/02/2022, COGNOME, n.m.; Sez. 2, n. 30206 del 10/09/2020, COGNOME, n.m.; Sez. 5, n. 36870 del 14/05/2013, COGNOME, Rv, 256945).
Sarà d’uopo quindi appurare, anche tenendo conto degli esiti delle decisioni siciliane, l’eventuale oggettiva rilevanza delle condotte in esame, anche alla luce
del successivo utilizzo delle fatture in sede di presentazione delle dichiarazioni, tale da comportare eventualmente un’evasione d’imposta.
3.2.3. La sentenza impugnata deve essere dunque annullata per la fondatezza dei primi tre motivi di ricorso.
Restano assorbiti il quarto, il quinto e il sesto motivo.
3.3. Ad uguali conclusioni deve pervenirsi per NOME COGNOME.
La valutazione di aspecificità dei motivi di gravame espressa dalla Corte territoriale non appare a sua volta sostenuta da un’effettiva presa in carico di tali censure, analizzate funditus. Se infatti non è seriamente revocabile in dubbio la concreta inattività di RAGIONE_SOCIALE, risultano non scrutinate appieno dalla sentenza impugnata le questioni sulla consapevolezza delle operazioni finanziarie portate avanti da terzi dietro lo schermo societario e sulla necessità di un’adeguata distinzione, tenendo conto anche in questo caso dei riflessi sulla prova dell’elemento soggettivo, tra le condotte afferenti a fattispecie ex artt. 648-bis ovvero 648-ter.1 cod. pen.
La sentenza impugnata, che si limita a concordare con le riflessioni del primo giudice, deve essere dunque annullata per la fondatezza dei primi tre motivi di ricorso. Resta assorbito il quarto motivo in tema di confisca.
In conclusione, occorre procedere all’annullamento integrale della sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, nonché all’annullamento nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla ribadita sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. Si rinvia dunque ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze, che, nel procedere ad un nuovo esame delle singole posizioni, terrà conto dei rilievi sopra specificamente precisati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio; annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 CP con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio sul punto, dichiara inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME NOME.
Così deciso il 5 aprile 2024
Il C nsi l’erede tensore