Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34381 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 34381 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato ad Acireale il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Santa Domenica Vittoria il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/07/2024 della Corte d’appello di Catania
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO COGNOME per la parte civile NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito l’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
udito l’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di appello di Catania in accoglimento del gravame proposto dal Pubblico Ministero e dalla parte civile riformava la sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto emessa nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME dal Tribunale di Catania in data 30 maggio 2018 e dichiarava non doversi procedere per intervenuta estinzione per prescrizione del reato di lesioni personali aggravate loro rispettivamente contestato al capo D) della rubrica.
Avverso la sentenza, gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia, hanno proposto ricorso con cui hanno dedotto:
-violazione di legge e vizio di motivazione. La Corte di appello, nel ribaltare la sentenza di assoluzione, si sarebbe discostata dalle valutazioni operate dal Tribunale senza tuttavia un reale confronto critico con le argomentazioni poste a fondamento della sentenza di assoluzione in violazione della regola della motivazione rafforzata.
Con ulteriori memorie l’AVV_NOTAIO per il ricorrente NOME COGNOME ha dedotto la violazione dell’art. 603, comma 3 bis, cod. proc. pen. per omessa rinnovazione della istruzione. I Giudici di appello avrebbero dovuto escutere la persona offesa, il cui narrato era stato valorizzato ai fini della “reformatio in peius”, vieppiù a fronte della valutazione di inattendibilità formulata dal giudice di prime cure.
Alla odierna udienza – che si è svolta in forma partecipata – le parti hanno esposto le rispettive conclusioni richiamate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati.
Per ragioni di pregiudizialità logica va affrontata la questione relativa alla violazione di legge per mancata rinnovazione della istruzione dibattimentale ex art. 603, comma 3 bis, cod. proc. pen. sollevata dal ricorrente COGNOME nelle memorie difensive.
2.1 Osserva il Collegio che la dedotta violazione di legge integra una nullità a regime intermedio ex art. 182 cod. proc. pen. non rilevabile d’ufficio.
Costante è, infatti, il principio di diritto secondo cui « …il ribaltamento d sentenza assolutoria conseguente a una diversa valutazione delle prove dichiarative assunte in primo grado, non rinnovate in spregio al disposto dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, soggetta ai limiti di deducibilità di cui all’art. 182, comma 1, cod. proc pen., che, pertanto, non può essere eccepita dalla parte che, con la propria rinuncia, abbia contribuito a darvi causa, né è rilevabile d’ufficio dal giudice d legittimità, non rientrando tra le nullità assolute che, ai sensi dell’art. 179, comma 1, cod. proc. pen., sono insanabili in ogni stato e grado del procedimento» ( così ex multis, Sez. 3, n. 9128 del 08/01/2025, Rv. 287682).
Nel caso che ne occupa la nullità è stata tardivamente dedotta dalla parte perché non eccepita con la proposizione del ricorso.
In ordine alla violazione della regola della motivazione rafforzata – censura comune ad entrambi i ricorrenti – è opportuno per una migliore intellegibilità della vicenda prendere le mosse dalla motivazione posta a fondamento del dictum di assoluzione.
3.1. Secondo il tema di accusa, gli attuali ricorrenti – agenti della polizia di Stat in servizio presso il Commissariato RAGIONE_SOCIALE Polizia di Acireale – avrebbero picchiato con calci e pugni tale NOME COGNOME, arrecandogli le lesioni di cui al referto medico in atti, per punirlo di una precedente aggressione ai danni di un loro giovane collega.
Il Tribunale non ha recepito l’accusa ed ha assolto gli imputati con formula piena formulando un giudizio di non attendibilità della persona offesa (costituita parte civile nel processo) e degli ulteriori testi addotti dal Pubblico Ministero ( i.e. i genitori e amico della p.o.). Stando alla versione dei fatti fornita da detti testimoni l’aggressione fisica si sarebbe consumata secondo modalità assai brutali: il AVV_NOTAIO sarebbe stato attinto al volto con schiaffi e pugni nonché in altre parti del corpo con ripetuti calci dopo essere caduto dalla sedia, tanto da presentare all’uscita del Commissariato «il volto tumefatto, rosso e gonfio, lividi sulle braccia», e stentando a parlare.
Nondimeno tale grave e allarmante situazione , secondo il Tribunale, non trovava riscontro nel referto medico e non veniva confermata dal medico del P.S. che , alcune ore dopo i fatti, aveva sottoposto a visita il AVV_NOTAIO : il medico non solo aveva rettificato il contenuto del referto, riferendo che le escoriazioni erano state indicate per errore, ma aveva genericamente indicato la presenza di una ecchimosi sul lato sinistro del volto, mentre la stessa p.o. aveva, invece, riferito un’ecchimosi riportata sul lato destro e di apprezzabile consistenza tanto da essere
rimasto per anni un segno visibile ;è stato, inoltre, segnalato come anche i dolori alla schiena e alla testa indicati in referto non fossero stati accertati con esami diagnostici ma semplicemente riferiti dal COGNOME.
Hanno poi osservato i Giudici di prime cure che la foto segnaletica – scattata dopo un paio d’ore dalla presunta aggressione – non consentiva di rilevare l’ecchimosi, ma semplicemente una parte più scura localizzata al lato destro del volto, di per sé poco significativa viepiù alla luce della deposizione del teste COGNOME, che aveva rilevato anomalie nel funzionamento del macchinario delle foto quanto alla uniformità della colorazione. Significativa era poi la deposizione di uno degli Agenti di Polizia presenti in Commissariato la sera dei presunti fatti che aveva rilevato una situazione di assoluta normalità.
3.4. La Corte di appello – compulsata dal Pubblico Ministero e dalla parte civile- è giunta all’affermazione della responsabilità degli imputati sebbene sul solo piano civile, per essersi nelle more del giudizio il reato estinto per intervenuta prescrizione. Diversamente dalle valutazioni del Tribunale, ha ritenuto che i testi a carico fossero credibili e attendibili e che il narrato trovasse puntuale riscontro nelle foto segnaletiche, nel referto medico e nella deposizione del medico del P.S. (nuovamente escusso in sede di rinnovazione della istruzione ex art. 603 cod. proc. pen.), nonchè evidenziando come al momento dell’arrivo in Commissariato il AVV_NOTAIO non presentasse visibili segni di percosse sul volto.
Il devolutum investe – come già rilevato – il tema della violazione della regola della motivazione rafforzata.
La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che, quando le decisioni dei giudici di primo e di secondo grado siano concordanti, la motivazione della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo, «mentre nel caso in cui, per diversità di apprezzamenti, per l’apporto critico delle parti o per le nuove eventuali acquisizioni probatorie, giudice di appello ritenga di pervenire a conclusioni diverse da quelle accolte dal giudice di primo grado, non può risolvere il problema della motivazione della sua decisione inserendo nella struttura argomentativa di quella di primo grado genericamente richiamata – delle notazioni critiche di dissenso, in una sorta di ideale montaggio di valutazioni ed argomentazioni fra loro dissonanti, essendo invece necessario che egli riesamini, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal giudice di primo grado, consideri quello eventualmente sfuggito alla sua delibazione e quello ulteriormente acquisito, per dare, riguardo alle parti della prima sentenza non condivise, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni (cfr. Sezioni Unite n.6682 del 04/02/1992,
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Rv. 191229), in modo da fornire puntuali ed esaustive risposte alle censure dedotte con i motivi di appello (se specifici e pertinenti)».
4.1. Tali principi sono stati successivamente approfonditi nel senso che il giudice dell’appello ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (cfr. Sezioni Unite n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679), mettendo alla luce carenze e aporie di quella decisione sulla base di uno sviluppo argonnentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno del decisum impugnato (cfr. Sez. 2 n. 50643 del 18/11/2014, Rv. 261327), dando alla decisione, pertanto, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni (cfr. Sez. 6 n. 1253 del 28/11/2013 Rv. 258005; Sez. 4 n. 35922 dell11/07/2012, Rv. 254617).
Si è poi ulteriormente precisato che il ribaltamento in senso assolutorio del giudizio di condanna, operato dal giudice di appello, è perfettamente in linea con la presunzione di innocenza, presidiata dai criteri di giudizio di cui all’art. 533 cod. proc. pen., e che pertanto solo in caso di riforma della sentenza di assoluzione il Giudice di appello è tenuto a strutturare la motivazione della propria decisione in maniera rafforzata, dando puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte. Dunque, solo il ribaltamento della decisione assolutoria del giudice di primo grado da parte del giudice di appello impone in capo a quest’ultimo l’obbligo di costruire un impianto giustificatorio più robusto e più solido in relazione alle questioni inerenti il caso concreto : il giudice di appello non può semplicemente limitarsi ad imporre la propria valutazione del compendio probatorio perché preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, Marsili, Rv. 262907 – 01).
4.2. La Corte distrettuale nella sentenza impugnata richiama le risultanze probatorie del giudizio di primo grado, le apprezza e le valuta diversamente, le utilizza per rispondere al gravame della Pubblico ministero e della parte civile, così ribaltando il giudizio assolutorio.
Non ha, tuttavia, ad avviso del Collegio, congruamente indicato le ragioni per cui la prova dichiarativa – assunta in primo grado e giudicata inattendibile sulla base di un articolato percorso argomentativo – abbia in sede di appello assunto una diversa valenza dimostrativaAwcsa.
Non si comprende la ragione per la quale quel medesimo compendio probatorio ha assunto una forza persuasiva superiore tanto da conferire alla decisione di responsabilità maggiore solidità rispetto a quella assolutoria. Né la Corte distrettuale ha specificamente confutato ed affrontato in modo critico gli argomenti
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della motivazione della prima sentenza, sì da evidenziarne le ragioni incompletezza o incoerenza logica.
La Corte di Appello ha, invero, fondato la riforma della decisione di primo grad semplicemente fornendo una diversa ed alternativa lettura del compendio probatorio che il Tribunale aveva invece giudicato non sufficiente a supportare responsabilità degli imputati oltre ogni ragionevole dubbio.
Evidente è, dunque, lo scollamento dai principi di diritto sanciti dA giurisprudenza di legittimità e la conseguente violazione della regola de motivazione rafforzata.
Ne consegue che la sentenza deve essere annullata agli effetti civili rinvio al giudice civile competente in grado di appello, ai sensi dell’art. 622 proc. pen. (Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 25608701 e SU n. 22065 del 28.01.2021, COGNOME); a detto giudice, inoltre, deve esser demandato il complessivo regolamento delle spese tra le parti private anche per presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Visto l’art. 622 cod. proc. pen. annulla la sentenza impugnata agli effetti ci rinvia per il giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello
Così deciso, 10/07/2025