Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46246 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46246 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Cagliari il 27/07/1963
avverso la sentenza del 12/12/2023 della Corte di appello di Cagliari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sost Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME e dell’ NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12/12/2023, la Corte di appello di Cagliari, in riforma della sentenza in data 30/11/2021 del Tribunale di Oristano, con la quale COGNOME NOME era stato assolto dai reati di cui agli artt. 2 e 3 d.lgs 74/2000 perché il fatt non sussiste, dichiarava il predetto responsabile dei reati ascrittigli e l condannava alla pena di anni due di reclusione ed alle relative pene accessorie, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME COGNOME a mezzo dei difensori di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce omessa motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 37 d.P.R. n. 600/1973 e violazione dell’onere di motivazione rafforzata.
Argomenta che la motivazione della sentenza impugnata non consente di comprendere le ragioni che hanno condotto la Corte territoriale ad affermare, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, la sussistenza di operazioni asseritarriente simulate e, di conseguenza, del delitto di cui all’art. 3 d.lg 74/2000; la scarna motivazione della decisione impugnata, in violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata, non contiene alcun confronto critico con le argomentazioni poste dal Tribunale a fondamento dell’esito assolutorio nè chiarisce quali sarebbero gli elementi fraudolenti tali da superare i confini dell’abuso del diritto per rientrare in quelli dell’interposizione fittizia; le con abusive/elusive, irrilevanti sul piano penal-tributario, si caratterizzano, infatti, p la realizzazione di negozi legittimi e, quindi, produttivi di effetti giuridici, i vengono disconosciuti, attraverso una finzione giuridica, solamente a fini tributari; la Corte territoriale ha unificato le due operazioni immobiliari oggetto di contestazione senza chiarire quali negozi ricadrebbero nell’ambito di applicazione. dell’art. 37 d.P.R. n. 600/1973 e senza dare risposta alle due memorie difensive depositate in occasione dell’udienza del 7/11/2023, con le quali si argomentava in ordine alle questioni affrontate dalla sentenza di primo grado, che aveva affermato che i fatti contestati configuravano ipotesi di elusione fiscale, ai sensi dell’art. bis d.P.R. 600/1973 (capo a) e di abuso del diritto ex art. 10-bis I 212/2000 (restanti capi di imputazione); inoltre, la Corte territoriale aveva rinnovat l’istruttoria per esaminare l’ufficiale di polizia giudiziaria, già sentito in p grado, ed i consulenti tecnici della difesa, senza però, valutare tali dichiarazioni in sede di decisione.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 37 d.P.R. n. 600/1973 in relazione al capo A dell’imputazione e dell’art. 10-bis I. n.212/2000 con riferimento ai capi B e C dell’imputazione.
Argomenta che la Corte territoriale non ha indicato gli elementi dai quali ha desunto la sussistenza di negozi simulati tra quelli contestati, richiamando circostanze tipiche di una diversa fattispecie, penalmente irrilevante, rispetto a quella di cui all’art. 37 dpr n. 600/1973; con argomentazioni erronee, in violazione della predetta norma, è stato affermato che la RAGIONE_SOCIALE sarebbe un soggetto fittiziamente interposto dalla RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere un indebito risparmio di imposta.
Con il terzo motivo deduce omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Lamenta che la sentenza impugnata ha omesso qualsiasi argomentazione in ordine al dolo, limitandosi a definirlo di particolare intensità nella parte del motivazione relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche, in violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata.
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Lamenta che la Corte territoriale ha espresso sul punto in questione una motivazione apparente, limitandosi a richiamare il dolo, senza che in precedenza vi era stata motivazione in merito all’elemento soggettivo dei reati contestati, e la reiterazione delle condotte, nonostante, trattandosi di contestazione dell’evasione delle quote di ammortamento, le stesse si riferivano a due sole operazioni, realizzate quindici ed undici anni addietro.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
La difesa dell’imputato ha rassegnato conclusioni scritte nelle memorie del 28/6/2024 e del 29/07/2024; il PG ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi tre motivi di ricorso, oggettivamente connessi perché tutti afferenti all’affermazione di responsabilità, sono fondati.
1.2. Deve osservarsi, innanzitutto, che, secondo il disposto dell’art. 10-bis della L. 212/2000 “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi indebiti”. Queste operazioni non sono opponibili all’Amministrazione finanziaria, che ne può disconoscere i vantaggi tributari determinando le imposte secondo le regole ordinarie, fermo restando il riconoscimento di quanto già versato dal contribuente. Nel testo viene precisato
che: a) per “operazioni prive di sostanza economica” si intendono i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, “inidonei a produrre effetti significativi di da quelli fiscali” (ad esempio, indici di mancanza di sostanza economica possono essere “la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato”); b) per “vantaggi fiscali indebiti”, i benefici, anche non immediati, contrastanti con le finalità delle norme tributarie o con i principi dell’ordinamento tributario. In ogni caso, il legislatore sancisce che non si considerano abusive le operazioni giustificate da valide ragioni economiche, non marginali, anche di ragione organizzativo o gestionale, “che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”. È comunque ferma la facoltà di scelta tra regimi opzionali diversi e tra operazioni comportanti un differente carico fiscale.
La norma stabilisce, dunque, che configurano “abuso del diritto” le operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali e indipendentemente dalle intenzioni del contribuente, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. La previsione individua, quindi, i tre presupposti pe l’esistenza dell’abuso: 1) l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate; 2) la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito; 3) la circostanza che il vantaggio è l’effetto essenziale dell’operazione.
La condotta abusiva è “inopponibile” all’Amministrazione finanziaria che, di conseguenza, ne disconosce i vantaggi conseguiti dal contribuente applicando i tributi secondo le disposizioni eluse: in altri termini, l’individuazione della condotta abusiva non rende nulli i negozi conclusi dal contribuente, ma li rende solo inefficaci ai fini tributari.
Secondo il pacifico orientamento di questa Corte, l’istituto dell’abuso del diritto di cui all’art. 10-bis I. 27 luglio 2000, n. 212, che, per effetto della modi introdotta dall’art. 1 del d.lgs. 5 agosto 2015, n. 128, esclude ormai la rilevanza penale delle condotte ad esso riconducibili, ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti comportamenti fraudolenti, simulatori o comunque finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa di cui al d.lgs. 1 marzo 2000, n. 74, cosicché esso non viene mai in rilievo quando i fatti in contestazione integrino le fattispecie penali connotate da tali elementi costitutivi (Sez.3, n. 40272 del 01/10/2015, Rv. 264950 – 01; Sez. 3, n. 38016 del 21/04/2017, Rv.270551 – 01).
Questa Corte ha chiarito che l’ art. 10 bis, dello “Statuto”, prevede che l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di disposizioni del d.lgs. n. 74 dei 2000, ovvero la violazione di altre disposizioni; ne consegue che “la disciplina dell’abuso
del diritto ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti la simulazione o i reati tributari, in particolare, l’evasione e la frode: ques fattispecie vanno perseguite con gli strumenti che l’ordinamento già offre. Se, ad esempio, una situazione configura fattispecie regolata dal d.lgs. n. 74/2000 in quanto frode o simulazione, l’abuso non può essere invocato” (Sez.3, n. 40272 del 01/10/2015,.cit).
1.3. Va, poi, richiamato l’orientamento di questa Corte, in tema di obbligo di motivazione rafforzata; costituisce ius receptum il principio secondo il quale la motivazione della sentenza di appello riformatrice della pronuncia di primo grado si caratterizza per un obbligo giustificativo ulteriore, rispetto a quello general della non manifesta illogicità e non contraddittorietà, enucleabile dal testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).
Le diverse pronunce sul tema fanno ricorso alla locuzione “motivazione rafforzata”, che denota il più intenso obbligo di diligenza richiesto al giudice di secondo grado, che deve farsi carico di confutare, specificamente, i principali argomenti addotti dal primo giudice, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza od incoerenza (Sez. U. 12.7.2005, n. 33748, COGNOME, Rv. 231679; cfr. Sez. feriale, n. 53562 dell’11/09/2014, Rv. 261541; Sez. 5 n. 35762 del 05/05/2008, Rv. 241169).
Il giudice di appello, quindi, non può limitarsi ad una motivazione,- pur conforme ai canoni della logica e dell’intrinseca coerenza- che dia plausibile giustificazione dell’alternativa lettura delle emergenze processuali, ma deve anche spiegare perché non possano essere condivisi gli argomenti addotti in prime cure a sostegno della pronuncia assolutoria, con argomentazioni dotate di una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio ( tra le altre, Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, COGNOME, Rv. 251066; Sez. 2, n. 11883 del 08/11/2012 dep 2013, COGNOME, Rv.254725; Sez.5, n.54300 del 14/09/2017, Rv.272082).
1.4. Va, infine, ricordato che la dichiarazione fraudolenta sanzionata dall’art. 3 del d.lgs. n. 74 del 2000 si caratterizza, nell’attuale formulazione, come fattispecie criminosa a struttura bifasica, caratterizzata da un primo momento costituito dalla condotta tipica fraudolenta- articolata mediante tre diverse modalità di attuazione (operazioni simulate, utilizzo di documenti falsi, adozione di altri mezzi fraudolenti atti ad ostacolare e ad indurre in errore l’amministrazione), tutte autosufficienti ad integrare la condotta ed alternative tra loro -, e da una seconda fase identificata nella presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi o a fini IVA. Ciò che caratterizza il reato in esam è, quindi, l’attività fraudolenta che deve supportare la dichiarazione menzognera.
Il delitto è punito a titolo di dolo, in quanto è richiesto che il soggetto agisc con la finalità specifica di conseguire un’evasione delle imposte sui redditi o sul valore, il cd dolo di evasione, che esprime un disvalore ulteriore, quale deliberata ed esclusiva intenzione di sottrarsi al pagamento delle imposte nella piena consapevolezza della illiceità del fine e del mezzo, ed idoneo a selezionare gli illeciti penalmente rilevanti da quelli che tali non sono (Sez.3, n. 43809 del 24/10/2014,dep.30/10/2015, Rv.265120 – 01).
2. Tanto premesso, deve osservarsi che, nella specie, la Corte territoriale, nel ribaltare la sentenza assolutoria del Tribunale – che ha ritenuto le condotte contestate prive di rilevanza penale perché riconducibili all’ipotesi di abuso di cui all’art. 10-bis I. 27 luglio 2000, n. 212,- ha ritenuto integrati i contestakreati cui all’art. 3 d.lgs 74/2000, senza adeguatamente confrontarsi con le argomentazioni di segno contrario esposte, in maniera ampia e dettagliata, nella decisione di primo grado; nè ha compiutamente analizzato, per confutarli, ciascuno degli elementi di fatto ivi ritenuti dimostrativi della configurabilit dell’abuso di diritto e, quindi, della non rilevanza penale delle condotte contestate, limitandosi a ritenere integrati i reati contestati con un percorso motivazionale carente.
Assolutamente carente risulta il percorso argomentativo in ordine alla individuazione e valutazione dell’attività fraudolenta che deve supportare la dichiarazione menzognera per integrare il reato di cui all’art. 3 dlgs 74/2000, essendosi limitati i Giudici di appello ad elencare le operazioni negoziali indicate in imputazione e ad asserire che dalle stesse emergeva un fenomeno di interposizione, senza specificare e chiarire il contenuto e la dimensione concreta di tale fenomeno.
Del tutto omessa, poi, è la motivazione in ordine agli elementi dimostrativi della sussistenza del dolo di evasione, elemento di rilevanza essenziale ai fini della configurabilità dei reati contestati.
Il Tribunale ha esaminato specificamente le singole operazioni negoziali e le ha valutate, con articolate argomentazioni, come operazioni reali e produttive di effetti giuridici in capo ai soggetti intervenuti (pp 12,13,14,15,16 della sentenza di primo grado).
La Corte di appello, quindi, non solo non si è confrontata criticamente con le argomentazioni poste a fondamento della sentenza assolutoria, ma non ha neppure esplicitato le ragioni in base alle quali le operazioni negoziali in questione sarebbero state connotate, singolarmente o nel loro complesso, da un quid pluris di carattere simulatorio integrante una condotta penalmente rilevante ai sensi dell’art. 3 d.lgs 74/2000, nonchè supportate dalla finalità specifica di conseguire un’evasione delle imposte sui redditi o sul valore, il cd dolo di evasione.
Le gravi lacune motivazionali rilevate viziano la sentenza impugnata e ne impongono l’annullamento, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello d Cagliari per nuovo giudizio.
Resta assorbito il quarto motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Cagliari. Così deciso il 10/09/2024