Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 17261 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17261 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
appello non aveva fatto riferimento ad alcun elemento sintomatico e di riscontro alla tesi del coinvolgimento del ricorrente nel traffico di sostanze stupefacenti, nØ singolarmente, nØ in concorso con il Greco, omettendo che, presso l’abitazione di quest’ultimo, era stato rinvenuto un barattolo identico a quello poi ritrovato dalla Guardia di Finanza all’interno della spedizione intercettata presso la RAGIONE_SOCIALE, così dimostrando di aver rivalutato, in senso sfavorevole all’imputato, anche le risultanze delle prove dichiarative, senza tenere conto dei plurimi elementi a discarico.
Espone inoltre la difesa che la Corte di merito aveva negato la presenza di riscontri oggettivi all’attività del ricorrente quale musicista e produttore di vinili, senza però tener conto delle testimonianze della COGNOME, ex compagna dell’imputato, e della COGNOME, avendo la prima riferito dell’attività di musicista dell’allora fidanzato, riferendo di averlo accompagnato in due, tre occasioni in Olanda per andare a suonare, confermando l’attività di produzione di vinili e descrivendo lo studio adibito a tal fine all’interno della sua abitazione.
Espone, infine, la difesa, in ordine al contenuto delle intercettazioni, che la Corte di appello aveva affermato che il ricorrente intratteneva rapporti con parecchie persone, molte delle quali gravate da precedenti per detenzione a fini di spaccio di stupefacenti, senza che gli stessi fossero in qualche misura riconducibili al mondo della produzione e diffusione musicale, intercettazioni definite in sentenza manifestamente sintomatiche di un suo stabile inserimento in un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti di tipo sintetico. Deduce la difesa che il contenuto delle conversazioni era del tutto irrilevante rispetto ai fatti di cui al capo di imputazione e non forniva alcun adeguato supporto argomentativo al coinvolgimento del ricorrente nel traffico di sostanze stupefacenti, attestando soltanto che costui fosse dedito all’utilizzo personale di sostanze stupefacenti, avendo peraltro il ricorrente fornito specifiche spiegazioni sui termini utilizzati nelle conversazioni segnalate nella sentenza impugnata, sostenendo infine l’irrilevanza del rinvenimento, nell’appartamento dell’imputato, di marijuana e di alcuni grammi di amfetamine, avendo costui ammesso di fare uso di sostanze stupefacenti.
2.3 Con il terzo motivo, denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. lett. b), cod. proc. pen., violazione della legge penale con riferimento alla mancata applicazione della disciplina del c.d. ‘delitto tentato’ di cui all’art. 56 cod. pen., essendo la sostanza stupefacente rinvenuta nella spedizione oggetto di ricerca di fatto nella disponibilità esclusiva della polizia giudiziaria sin dalla fase delle indagini, con impossibilità di sua diffusione sul territorio nazionale non essendone l’imputato mai entrato in possesso.
Deduce la difesa che la polizia giudiziaria aveva intercettato il pacco contenente lo stupefacente presso la filiale di Lainate dalla RAGIONE_SOCIALE, laddove, ottenuta l’autorizzazione all’apertura
del collo, avevano rinvenuto al suo interno lo stupefacente indicato in imputazione, per cui, non essendo l’importatore entrato materialmente in possesso del prodotto, la condotta posta in essere deve essere qualificata alla stregua di un mero atto di natura preparatoria ai sensi dell’art. 56 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso Ł infondato.
Dall’esame degli atti processuali che la Corte Ł autorizzata a compulsare, in ragione della doglianza sollevata dalla difesa, il verbale di udienza del 6 giugno 2024, dopo le conclusioni del Procuratore generale, e prima delle conclusioni della difesa dell’imputato, dà atto che ‘le parti rinunciano a richiedere la rinnovazione istruttoria ex art. 603 c. 3-bis cod. proc. pen.’.
Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione si sono formati piø orientamenti circa la questione se il consenso delle parti alla utilizzazione delle prove dichiarative assunte nel precedente grado di giudizio esima, o meno, la Corte di appello dal disporre la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nel caso previsto dall’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen.
Secondo un indirizzo maggioritario, il giudice di appello, che, in base a una diversa valutazione della prova dichiarativa, condanni l’imputato assolto in primo grado, non deve procedere al nuovo ascolto dei testimoni, quando le parti abbiano concordemente rinunciato alla rinnovazione dell’istruttoria (Sez. 3, n. 9128 del 08/01/2025, S., Rv. 287682; Sez. 4, n. 8283 del 16/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285869; Sez. 5, n. 16826 del 18/03/2023, V., Rv. 284397; Sez. 5, n. 46855 dell’11/11/2022, Cosimo, Rv. 283879; Sez. 5, n. 2493 del 16/12/2019, dep. 2020, Romei, Rv. 278294).
Altro indirizzo ha invece affermato che la riforma di una sentenza assolutoria, emessa all’esito di giudizio abbreviato che affermi la responsabilità dell’imputato sulla base di una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, richiede la rinnovazione delle stesse pur se le parti abbiano concordemente rinunciato alla loro assunzione, non rientrando nei poteri dispositivi delle parti processuali la deroga al metodo dialettico basato sul contraddittorio quando la prova da rinnovare abbia ab origine natura dichiarativa (Sez. 6, n. 18530 del 13/11/2019, dep. 2020, Arpino, Rv. 279303).
Reputa il Collegio di prestare adesione al primo indirizzo.
Innanzitutto, come ricordato da Sez. 3, n. 9128 del 08/01/2025, l’eventuale nullità venutasi a creare rientra tra quelle di ordine generale non assolute, a regime intermedio, previste dal combinato disposto degli artt. 178, lett. c), e 180 cod. proc. pen., e, quindi, soggette alla disciplina di cui all’art. 182 cod. proc. pen., coerentemente con quanto affermato dalle Sezioni Unite Pavan, secondo cui le dichiarazioni rese dal perito o dal consulente tecnico nel corso del dibattimento, in quanto veicolate nel processo a mezzo del linguaggio verbale, costituiscono prove dichiarative, sicchØ sussiste, per il giudice di appello che, sul diverso apprezzamento di esse, fondi, semprechØ decisive, la riforma della sentenza di assoluzione, l’obbligo di procedere alla loro rinnovazione dibattimentale attraverso l’esame del perito o del consulente, mentre analogo obbligo non sussiste ove la relazione scritta del perito o del consulente tecnico sia stata acquisita mediante lettura, ivi difettando la natura dichiarativa della prova (Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, Pavan, Rv. 275112). In particolare, le Sezioni Unite si sono interrogate sulla natura e sulla deducibilità del vizio in cui sia incorso il giudice di appello, che abbia riformato la sentenza assolutoria senza dar corso alla doverosa rinnovazione dibattimentale attraverso l’esame del perito o del consulente, osservando che ai sensi «del novellato art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., in tale ipotesi, Ł la legge che
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stabilisce l’obbligo, per il giudice di appello, di rinnovare l’istruttoria dibattimentale, obbligo che, se non rispettato, determina una violazione sostanziale del diritto al contraddittorio e, quindi, del diritto di difesa, sanzionata dalla nullità di ordine generale non assoluta, prevista dal combinato disposto degli artt. 178 lett. c) e 180 cod. proc. pen.». Consegue allora che la nullità a regime intermedio non può essere fatta valere da chi, con la sua rinuncia, ha contribuito a darvi causa, dimostrando altresì di non avere interesse all’osservanza della disposizione violata e non può essere rilevata di ufficio in sede di legittimità (Sez. 5, n. 46855 del 11/11/2022, Cosimo, cit.).
In secondo luogo, deve osservarsi che la c.d. riforma Cartabia, nell’apportare una modifica normativa all’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., ha limitato l’obbligatorietà della rinnovazione alle sole prove assunte nell’ambito del giudizio ordinario, ovvero di quelle assunte nel giudizio abbreviato a seguito di integrazione probatoria. In tal modo, come evidenziato da Sez. 6, n. 15775 del 17/02/2025, COGNOME, il principio desumibile dall’attuale previsione normativa Ł che le parti conservano sempre la facoltà di rinunciare all’assunzione della prova e, quindi, anche alla sua rinnovazione in appello, essendo, del resto, la libera disponibilità dei mezzi di prova un dato evincibile dal principio generale secondo cui le parti possono concordare l’acquisizione al fascicolo del dibattimento di dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni testimoniali, senza procedere all’escussione testimoniale.
In conclusione, deve dunque ritenersi che, quando le parti abbiano concordemente rinunciato alla rinnovazione dell’istruttoria, come avvenuto nel caso in esame, la Corte di appello non deve procedere al nuovo ascolto dei testimoni anche nel caso in cui, in base a una diversa valutazione della prova dichiarativa, condanni l’imputato assolto in primo grado; per altro verso, Ł comunque preclusa per l’imputato la possibilità di dedurre l’omessa rinnovazione in sede di ricorso per cassazione, avendo egli stesso dato causa a tale omissione.
Il secondo motivo di ricorso Ł fondato e, per il suo carattere pregiudiziale, assorbe il terzo motivo, essendo stato violato il canone motivazionale “rafforzato”, prescritto come garanzia dell’affidabilità del ribaltamento in appello, vieppiø di una sentenza assolutoria in una decisione di condanna.
Nel caso di specie, la difesa ha, infatti, segnalato in ricorso una serie di elementi probatori, diversamente valorizzati dal Tribunale, con i quali la Corte distrettuale non ha operato un adeguato confronto, così non confutando in modo persuasivo gli argomenti posti a fondamento della sentenza liberatoria di primo grado: a) non era stato spiegato perchØ l’imputato, consapevole di importare stupefacente, nel tentativo di recuperare il pacco, avesse fornito al call center di RAGIONE_SOCIALE il proprio numero di cellulare, incurante di essersi reso in tal modo identificabile; b) non era stato adeguatamente valutato che, dalle emergenze testimoniali (NOME COGNOME, era emerso che il ricorrente si occupava di musica, che si era recato in Olanda con l’originario coimputato NOME COGNOME proprio per ragioni collegate a tale attività e che il COGNOME si era rivolto anche ad altre persone per reperire la spedizione contenente lo stupefacente, rappresentando trattarsi di strumentazione musicale; c) non era stato adeguatamente valutato il rinvenimento, presso l’abitazione del Greco consumatore cronico di sostanze stupefacenti, con frequenti ricoveri ospedalieri per crisi di astinenza -, di un barattolo identico a quello ritrovato nella spedizione contenente la sostanza stupefacente, nØ era stato persuasivamente spiegato il coinvolgimento del ricorrente nel traffico di sostanze stupefacenti; d) non era stato adeguatamente valutato che, dalle emergenze testimoniali (NOME COGNOME e NOME COGNOME), era emerso che il ricorrente era dedito ad attività di musicista, tanto che la COGNOME lo aveva accompagnato in tre precedenti occasioni in Olanda e ne aveva anche descritto lo studio all’interno dell’abitazione; e) il contenuto delle intercettazioni era stato interpretato, senza la forza persuasiva richiesta, in senso difforme rispetto ai giudici di primo
grado, che avevano sinteticamente ritenuto il quadro emergente dall’attività captativa non sintomatico di uno stabile inserimento del ricorrente in un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, perchØ non univoco e suscettibile di interpretazioni alternative circa i termini utilizzati nelle conversazioni selezionate, in ragione delle spiegazioni fornite – dal ricorrente e dai testi direttamente coinvolti nei colloqui – nell’istruttoria di primo grado e riproposte dalla difesa in modo articolato in sede di ricorso per cassazione, sostenendo infine l’irrilevanza del rinvenimento, nell’appartamento dell’imputato, di marijuana e di alcuni grammi di amfetamine, avendo costui ammesso di fare uso di sostanze stupefacenti.
Alla stregua delle osservazioni mosse dalla difesa, le circostanze valorizzate dalla Corte distrettuale non ottemperano ai requisiti delineati dalla giurisprudenza di questa Corte di Cassazione per assolvere all’obbligo di motivazione rafforzata, atta in quanto tale a derogare al principio di valutazione generale dell’oltre ogni ragionevole dubbio dettato all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen.
Le Sezioni Unite hanno affermato che, in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i piø rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679).
La sentenza di appello di riforma totale del giudizio assolutorio di primo grado deve, dunque, confutare specificamente, pena altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della decisione assolutoria, dimostrando puntualmente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti piø rilevanti della sentenza di primo grado, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (Sez. 6, n. 6221 del 20/04/2005, COGNOME, Rv. 233083; nello stesso senso, Sez. 5, n. 42033 del 17/10/2008, COGNOME, Rv. 242330; Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, COGNOME, Rv. 254638; Sez. 6, n. 39911 del 04/06/ 2014, COGNOME, Rv. 261589), senza limitarsi ad imporre la propria valutazione del compendio probatorio perchØ preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugnato (Sez. 3, n. 36333 del 20/06/2024, Genovese, Rv. 286915; Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, COGNOME, Rv. 262907).
In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, non rinvenendosi nella motivazione della decisione ricorsa quei passaggi argomentativi atti a sostenere in maniera convincente il sovvertimento della decisione di primo grado, il ricorso deve essere accolto, sicchØ la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano, che procederà ad un nuovo giudizio tenendo conto di quanto deciso da questa Corte e dei principi di diritto enunciati.
P.Q.M
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso il 18/03/2025.