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Motivazione perplessa: Cassazione annulla custodia

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per tentata estorsione a causa di una motivazione perplessa del Tribunale del Riesame. Quest’ultimo aveva confermato la misura basandosi su tesi contraddittorie riguardo al movente degli indagati, rendendo impossibile comprendere il fondamento logico della decisione. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice del riesame non può modificare i fatti dell’accusa, ma solo la loro qualificazione giuridica, annullando con rinvio il provvedimento.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Perplessa: Quando l’Incertezza del Giudice Annulla la Custodia in Carcere

La chiarezza e la coerenza logica sono pilastri fondamentali di ogni provvedimento giudiziario, specialmente quando in gioco c’è la libertà personale di un individuo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 34579/2024) ha riaffermato questo principio, annullando un’ordinanza di custodia cautelare a causa di una motivazione perplessa. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere i limiti del potere del giudice del riesame e l’importanza di un’accusa chiara e di una decisione logicamente ineccepibile.

I Fatti del Caso: Tra Estorsione e Recupero Crediti

Tre individui venivano accusati di tentata estorsione aggravata. Secondo l’impostazione originaria della Procura, essi avrebbero agito su mandato di due donne, a loro volta vittime di una presunta truffa legata a lavori di ristrutturazione edilizia non completati da un imprenditore. Lo scopo dell’azione violenta sarebbe stato quello di recuperare le somme dovute alle mandanti.

Il Tribunale del Riesame, pur confermando la misura della custodia in carcere, si discostava da questa ricostruzione. I giudici ritenevano che gli indagati non avessero agito su incarico delle donne, ma per un proprio, autonomo profitto. Tuttavia, nel corso della stessa motivazione, il Tribunale non escludeva che la causa scatenante della violenza fosse proprio legata ai pregressi rapporti economici tra l’imprenditore e le due donne, creando una palese contraddizione.

Il Nodo Giuridico: La Motivazione Perplessa del Tribunale del Riesame

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’aver identificato un caso emblematico di motivazione perplessa. Il Tribunale del Riesame aveva, di fatto, mantenuto in piedi due tesi alternative e inconciliabili:

1. Tesi del profitto proprio: Gli indagati hanno agito per un tornaconto personale, slegato da qualsiasi mandato.
2. Tesi del recupero crediti per conto terzi: L’episodio era riconducibile ai rapporti economici tra la vittima e le presunte mandanti, e le somme richieste corrispondevano a quelle dovute a queste ultime.

Il Tribunale accreditava la versione della persona offesa ma, allo stesso tempo, la smentiva sul punto cruciale del mandato, senza spiegare le ragioni di tale scetticismo selettivo. Questa ambiguità ha reso impossibile comprendere il percorso logico-giuridico seguito per arrivare alla conferma della misura cautelare.

I Poteri del Giudice del Riesame e i Limiti alla Modifica dell’Accusa

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale della procedura penale. Il giudice del riesame ha il potere di modificare la qualificazione giuridica del fatto contestato dal Pubblico Ministero. Ad esempio, può derubricare un’accusa di tentata estorsione in quella, meno grave, di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Tuttavia, questo potere non si estende alla modifica della formulazione del fatto storico. Il giudice non può sostituire o integrare l’accusa con ipotesi basate su dati di fatto diversi. Sostenere che gli indagati abbiano agito per un profitto proprio, anziché su mandato, non è una mera riqualificazione giuridica, ma una modifica sostanziale dell’accadimento materiale, un potere che spetta esclusivamente al Pubblico Ministero, titolare dell’azione penale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha definito la pronuncia del Tribunale del Riesame come un’ipotesi “paradigmatica di motivazione cd. perplessa”. I giudici di legittimità hanno evidenziato che, quando in una sentenza si manifestano dubbi che non consentono di determinare quale, tra due o più ipotesi conducenti a esiti diversi, sia stata posta a base del convincimento del giudice, il provvedimento è nullo.

Il Tribunale, nel tentativo di giustificare la mancata derubricazione del reato, ha finito per creare un’ insanabile contraddizione. Ha escluso il mandato delle creditrici ma, al contempo, ha utilizzato le intercettazioni (che provavano la corrispondenza tra le somme richieste e il debito) per confermare la credibilità della vittima. Questa oscillazione tra due ricostruzioni alternative ha privato la decisione di una base logica comprensibile e verificabile, violando il diritto di difesa degli indagati.

Le Conclusioni

L’accoglimento del ricorso ha portato all’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Napoli per un nuovo giudizio che dovrà essere esente da vizi logici. La sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale: la motivazione di un provvedimento restrittivo della libertà personale deve essere chiara, coerente e priva di ambiguità. Un giudice non può confermare una misura così grave navigando nell’incertezza tra due possibili ricostruzioni dei fatti. Questa decisione sottolinea la netta distinzione di ruoli tra il giudice, che valuta i fatti presentati, e il Pubblico Ministero, l’unico a poterli modificare nel corso delle indagini.

Che cos’è una “motivazione perplessa” e quali sono le sue conseguenze?
Si definisce “perplessa” la motivazione di un provvedimento giudiziario quando è talmente contraddittoria o ambigua da non permettere di comprendere il ragionamento logico seguito dal giudice. La conseguenza, come stabilito in questo caso, è l’annullamento del provvedimento viziato.

Il Tribunale del Riesame può modificare i fatti su cui si basa un’accusa?
No. La sentenza chiarisce che il Tribunale del Riesame può modificare la qualificazione giuridica di un fatto (es. da estorsione a esercizio arbitrario delle proprie ragioni), ma non può alterare la ricostruzione storica dell’evento contestato. La modifica dei fatti è una prerogativa esclusiva del Pubblico Ministero.

Perché la decisione del Tribunale del Riesame è stata ritenuta contraddittoria in questo caso?
Perché ha contemporaneamente sostenuto due tesi inconciliabili: da un lato, che gli indagati avessero agito per un profitto personale; dall’altro, che l’azione violenta fosse legata ai debiti che la vittima aveva con altre persone. Non avendo scelto chiaramente una delle due ipotesi, ha reso la sua decisione logicamente incomprensibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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