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Motivazione perplessa: annullata custodia cautelare

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un’accusa di omicidio. La decisione è basata sul vizio di ‘motivazione perplessa’, poiché il Tribunale del Riesame non ha risolto in modo logico e coerente le significative contraddizioni probatorie sollevate dalla difesa riguardo all’identificazione del presunto colpevole, come la sua altezza e la mano usata per sparare. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione perplessa: la Cassazione annulla la custodia cautelare per omicidio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6757 del 2024, ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, delineando i contorni del vizio di motivazione perplessa. Questo accade quando il ragionamento del giudice è talmente contraddittorio o carente da non permettere di comprendere l’iter logico seguito per decidere sulla libertà di una persona. Il caso in esame riguarda un grave fatto di sangue, ma la decisione della Suprema Corte si concentra sui principi procedurali che garantiscono un giusto processo, anche nella fase preliminare.

I fatti del caso: un omicidio e una custodia contestata

Il Tribunale del Riesame di Roma aveva confermato la misura della custodia in carcere per un giovane, gravemente indiziato, in concorso con il padre, dell’omicidio di un ragazzo, avvenuto a seguito di un colpo d’arma da fuoco. Secondo la ricostruzione accusatoria, i due indagati, a bordo di uno scooter, avrebbero raggiunto la vittima con l’intenzione di colpire un altro soggetto, vero obiettivo di un’azione punitiva nata da precedenti risse tra gruppi rivali. La vittima sarebbe stata quindi colpita per un tragico errore.

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando numerose violazioni di legge e, soprattutto, un difetto di motivazione nell’ordinanza che ne disponeva la carcerazione. In particolare, venivano evidenziate profonde incongruenze nel quadro indiziario.

Il ricorso in Cassazione: i dubbi della difesa

Il cuore del ricorso si è concentrato su una serie di elementi fattuali che, secondo i difensori, rendevano la ricostruzione accusatoria illogica e contraddittoria. Tra i punti principali:

1. L’uso della mano: Testimoni oculari avevano affermato che lo sparatore avesse usato la mano sinistra, mentre l’indagato era notoriamente destrorso.
2. La statura: Lo sparatore, passeggero dello scooter, era stato descritto come significativamente più basso del conducente. L’indagato, invece, è circa dieci centimetri più alto del padre, che si presumeva fosse alla guida. Considerando che il sedile del passeggero su quel tipo di veicolo è rialzato, la discrepanza appariva ancora più marcata.
3. L’abbigliamento: Le immagini di videosorveglianza mostravano gli attentatori con scarpe da ginnastica bianche e basse. Altre riprese della stessa serata ritraevano l’indagato con scarpe alte e scure.
4. Il casco: La descrizione del casco fornita da una testimone non coincideva con quella desumibile dai filmati.

La difesa ha lamentato che il Tribunale del Riesame avesse liquidato queste obiezioni con argomentazioni generiche, evasive e, in definitiva, illogiche.

La motivazione perplessa nella decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo fondato il vizio di motivazione perplessa. I giudici hanno sottolineato come il Tribunale del Riesame non abbia instaurato un reale confronto con le specifiche deduzioni difensive, preferendo trincerarsi dietro argomentazioni dubitative e formule di stile che non risolvevano le palesi contraddizioni.

Ad esempio, riguardo all’uso della mano sinistra, il Tribunale si era limitato ad affermare che “nulla consente di escludere” che l’indagato avesse potuto usare la mano “inutile” per uccidere. Un’affermazione che la Cassazione ha bollato come “incongrua minimizzazione di uno stridente contrasto”.

Analogamente, la questione della differenza di altezza tra gli attentatori, un dato oggettivo e logico, era stata elusa con un generico riferimento alla scarsa qualità delle immagini, senza spiegare come fosse possibile conciliare la descrizione testimoniale con la realtà fisica degli indagati.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: quando la libertà personale è in gioco, la motivazione di un provvedimento restrittivo deve essere rigorosa, logica e completa. Il giudice non può limitarsi a elencare gli indizi a carico, ma deve anche e soprattutto confrontarsi criticamente con gli elementi di segno contrario proposti dalla difesa. Se esistono ipotesi ricostruttive alternative, dotate di razionalità e plausibilità, il giudice ha l’obbligo di vagliarle e di spiegare perché le ritiene infondate. Quando, come nel caso di specie, il provvedimento lascia irrisolte plurime alternative, che porterebbero a esiti radicalmente diversi, e lo fa con un percorso argomentativo intrinsecamente contraddittorio, la motivazione diventa “perplessa”. Essa non è in grado di sostenere l’adozione di una misura così grave come la custodia in carcere, poiché non rende intellegibili le ragioni della scelta operata dal giudice.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando gli atti al Tribunale di Roma per un nuovo giudizio. Questo dovrà tenere conto dei principi enunciati dalla Cassazione e fornire una motivazione coerente e non contraddittoria, che affronti specificamente tutte le criticità sollevate. La pronuncia riafferma con forza che il controllo sulla motivazione dei provvedimenti cautelari non è una mera formalità, ma una garanzia essenziale per l’indagato. Un quadro indiziario pieno di dubbi e contraddizioni non può essere “sanato” da un ragionamento giudiziario perplesso e apparente.

Quando la motivazione di un’ordinanza cautelare è considerata “perplessa”?
Quando il suo percorso argomentativo è talmente contraddittorio, illogico o ambiguo da non rendere comprensibili le ragioni della decisione, specialmente quando lascia irrisolte due o più alternative logiche che porterebbero a conclusioni opposte.

Cosa succede se la Cassazione annulla un’ordinanza di custodia cautelare per motivazione perplessa?
La Corte annulla il provvedimento e rinvia il caso al Tribunale del Riesame per un nuovo giudizio. Il nuovo giudice dovrà riesaminare gli atti e fornire una motivazione immune dai vizi riscontrati, confrontandosi in modo logico e completo con tutti gli elementi a carico e a favore dell’indagato.

È sufficiente che il giudice del riesame minimizzi le contraddizioni evidenziate dalla difesa per giustificare una misura cautelare?
No. La sentenza chiarisce che il giudice deve instaurare un “dialogo specifico” e analitico con le obiezioni della difesa, soprattutto se basate su dati oggettivi e logici. Liquidarle con frasi generiche, dubitative o illogiche, come “non si può escludere che…”, costituisce un vizio di motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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