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Motivazione per relationem: quando è legittima?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, dichiara inammissibile un ricorso per difetto di motivazione, chiarendo i criteri di validità della motivazione per relationem. Il caso riguardava la rideterminazione della pena per un reato di furto aggravato. La Corte ha sottolineato che non basta una critica generica alla sentenza impugnata, ma occorre indicare specificamente i punti dell’atto d’appello che si ritengono non adeguatamente considerati dal giudice.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione per relationem: quando un ricorso è inammissibile?

La motivazione per relationem è uno strumento processuale che consente al giudice di motivare la propria decisione facendo riferimento ad un altro atto del procedimento. Ma quali sono i limiti di questa pratica? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce quando un ricorso che contesta tale motivazione rischia di essere dichiarato inammissibile per genericità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

I Fatti Processuali

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato emessa dal Tribunale. La Corte d’Appello, in un primo momento, aveva ridotto la pena inflitta. Successivamente, la Corte di Cassazione aveva annullato questa decisione limitatamente al trattamento sanzionatorio, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione. Quest’ultima, decidendo in sede di rinvio, aveva ulteriormente ridotto la pena pecuniaria, confermando nel resto la sentenza.
Contro questa nuova decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una mancanza di motivazione. Secondo la difesa, la Corte d’Appello si era limitata a condividere le argomentazioni della sentenza precedente, senza fornire una giustificazione autonoma e specifica.

Il Ricorso e la legittimità della motivazione per relationem

Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su un presunto vizio di motivazione, sostenendo che la Corte territoriale avesse adottato una motivazione per relationem illegittima. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il ricorso inammissibile perché “fortemente generico e meramente assertivo”.
I giudici supremi hanno colto l’occasione per ribadire i principi consolidati sulla legittimità della motivazione “per relationem”. Essa è pienamente valida quando soddisfa tre condizioni essenziali:
1. Fa riferimento a un atto legittimo del procedimento la cui motivazione è congrua.
2. Dimostra che il giudice ha preso effettiva cognizione delle ragioni contenute nell’atto richiamato e le ha ritenute coerenti con la propria decisione.
3. L’atto di riferimento è conosciuto o facilmente accessibile all’interessato, per permettergli di esercitare il proprio diritto di critica e di impugnazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha stabilito che è inammissibile un ricorso che si limiti a denunciare genericamente l’illegittimità di una sentenza d’appello motivata per relationem rispetto a quella di primo grado. Il ricorrente ha l’onere di procedere a una “specifica indicazione dei punti dell’atto di appello che si assumono non adeguatamente presi in considerazione dalla decisione impugnata”.
In altre parole, non è sufficiente lamentarsi del metodo motivazionale usato dal giudice; è necessario dimostrare quali specifiche argomentazioni difensive, presentate in appello, siano state ignorate o trattate in modo inadeguato.
Inoltre, la Corte ha ribadito che la valutazione degli aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, come la quantificazione della pena secondo i parametri dell’art. 133 del codice penale, non è sindacabile in Cassazione se il potere è stato esercitato in modo congruo e logico. Non si può chiedere alla Cassazione una “rivalutazione in fatto” di elementi già esaminati nei gradi precedenti.

Conclusioni

L’ordinanza conferma un principio fondamentale del diritto processuale: la specificità dei motivi di ricorso. Un’impugnazione non può essere una lamentela generica, ma deve individuare con precisione i vizi della decisione contestata. Nel caso della motivazione per relationem, la critica deve vertere sui contenuti specifici che si ritengono trascurati dal giudice. La declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver promosso un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

Quando una motivazione ‘per relationem’ è considerata legittima?
Una motivazione ‘per relationem’ è legittima quando fa riferimento a un atto del procedimento noto all’interessato, il giudice dimostra di averne preso cognizione e di averne condiviso il contenuto, ritenendolo coerente con la propria decisione.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e assertivo. L’imputato ha contestato l’uso della motivazione ‘per relationem’ in modo generico, senza indicare specificamente quali punti del suo atto di appello non fossero stati adeguatamente considerati dalla Corte.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile e non si possono escludere profili di colpa, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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