LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Motivazione per relationem: quando è legittima?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società immobiliare contro un sequestro preventivo. La sentenza chiarisce i limiti della motivazione per relationem (o “copia-incolla”), affermando la sua legittimità quando il giudice dimostra di aver compiuto una valutazione autonoma e critica degli atti, anche attraverso elementi come la riqualificazione giuridica del reato. Viene inoltre ribadito che il ricorso in Cassazione contro misure cautelari reali è ammesso solo per violazione di legge e non per vizi logici della motivazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione per relationem: quando un provvedimento “copia-incolla” è legittimo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34481/2025, torna a pronunciarsi su un tema tanto attuale quanto delicato: la validità della motivazione per relationem, spesso definita giornalisticamente come “copia-incolla”. Il caso, che vedeva contrapposti il legale rappresentante di una società immobiliare e la Procura, offre spunti cruciali per comprendere i limiti entro cui un giudice può fare riferimento ad altri atti del procedimento senza ledere il principio di autonoma valutazione. La Corte ha colto l’occasione per ribadire i confini del sindacato di legittimità sulle misure cautelari reali, come il sequestro preventivo.

I fatti del caso: il sequestro e il ricorso in Cassazione

Una società immobiliare e il suo legale rappresentante si vedevano destinatari di un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca del profitto di presunti reati tributari e di indebita percezione di erogazioni pubbliche. Il provvedimento colpiva sia disponibilità finanziarie che un cospicuo patrimonio immobiliare. Contro l’ordinanza del Tribunale del riesame, che confermava il sequestro, i ricorrenti presentavano ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Mancanza del periculum in mora: Sostenevano che non vi fosse un pericolo concreto e attuale di dispersione dei beni, poiché la compravendita di immobili rientra nella normale attività di una società del settore e, anzi, la presenza di tali beni costituiva una garanzia.
2. Mancanza di autonoma valutazione del giudice: Lamentavano che il provvedimento di sequestro fosse una mera riproduzione dell’informativa della Guardia di Finanza, un “copia-incolla” privo di un’analisi critica e autonoma da parte del giudice.

La decisione della Cassazione sulla motivazione per relationem

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili, fornendo chiarimenti fondamentali sia sul concetto di periculum che, soprattutto, sulla legittimità della motivazione per relationem.

Il primo motivo di ricorso: il periculum in mora

Sul primo punto, la Corte ha ricordato che il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di misure cautelari reali (art. 325 c.p.p.) è consentito solo per “violazione di legge”. In questa nozione rientrano la mancanza assoluta o la motivazione meramente apparente, ma non l’illogicità manifesta. I ricorrenti, criticando la valutazione del Tribunale sul pericolo di dispersione, stavano in realtà contestando la logica del ragionamento, un vizio non deducibile in sede di legittimità. La Corte ha inoltre osservato che il Tribunale aveva correttamente individuato il pericolo nella sproporzione tra la scarsa liquidità della società e i recenti, ingenti investimenti immobiliari, elementi che, secondo la normativa vigente, sono idonei a fondare un giudizio prognostico di rischio.

Il secondo motivo di ricorso: la mancanza di valutazione autonoma

È sul secondo motivo che la sentenza si sofferma con maggiore dettaglio. La Corte ha respinto l’accusa di un provvedimento “copia-incolla” privo di autonomia. Ha chiarito che la motivazione per relationem è una tecnica legittima se il giudice dimostra di aver preso cognizione degli atti richiamati e di averli meditati, ritenendoli coerenti con la propria decisione. Nel caso di specie, un chiaro indice di valutazione autonoma era rappresentato dal fatto che il giudice per le indagini preliminari aveva riqualificato giuridicamente uno dei reati contestati, discostandosi dall’impostazione originaria della Procura. Questa operazione logico-giuridica presuppone necessariamente un’analisi critica e indipendente del materiale investigativo.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che la tecnica redazionale del “copia-incolla”, pur presentando dei rischi, può essere utile per ancorare la decisione direttamente alle fonti di prova, restituendo al lettore la genuinità degli elementi raccolti. Tuttavia, non è una scorciatoia per eludere il dovere di motivazione. La legittimità di tale tecnica dipende dalla capacità del giudice di far emergere il proprio percorso critico. Non è una questione quantitativa (quante pagine sono copiate), ma qualitativa. L’autonomia del giudice si manifesta non solo nel dissenso esplicito, ma anche nell’adesione ragionata alle conclusioni investigative, soprattutto quando i dati (come quelli contabili e documentali) sono di per sé eloquenti. La Corte ha sottolineato che, quando un ricorrente lamenta la mancanza di valutazione autonoma, ha l’onere di indicare specificamente quali elementi critici sarebbero stati trascurati dal giudice. Un’affermazione generica non è sufficiente a fondare il motivo di ricorso.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

La sentenza consolida un importante principio: un provvedimento non è nullo solo perché riproduce ampi stralci di altri atti. Diventa illegittimo se questa riproduzione maschera l’assenza di un vero e proprio esame critico da parte del giudice. La chiave di volta risiede nella capacità di rintracciare, all’interno del provvedimento, gli indici di un’effettiva e personale elaborazione del materiale probatorio. Per gli operatori del diritto, ciò significa che una censura basata sulla mera tecnica redazionale del “copia-incolla” ha scarse probabilità di successo se non è accompagnata dalla dimostrazione puntuale di quali specifici aspetti della vicenda avrebbero richiesto un vaglio critico che è palesemente mancato. La decisione, inoltre, ribadisce la netta distinzione tra violazione di legge e vizio di motivazione, un confine cruciale per l’ammissibilità dei ricorsi in Cassazione in materia di misure cautelari reali.

Quando è considerato valido un provvedimento giudiziario che utilizza la tecnica del “copia-incolla” da altri atti?
Un provvedimento che utilizza la tecnica della motivazione “per relationem” (copia-incolla) è legittimo quando il giudice fornisce la dimostrazione di aver preso cognizione del contenuto dell’atto richiamato e di averlo meditato, ritenendolo coerente con la propria decisione. Indici di questa valutazione autonoma possono essere, ad esempio, la riqualificazione giuridica del reato o il parziale accoglimento delle richieste dell’accusa, che dimostrano un’analisi critica e non una mera adesione passiva.

È possibile contestare la logica delle motivazioni di un’ordinanza di riesame con un ricorso in Cassazione?
No. Il ricorso in Cassazione avverso le ordinanze emesse in materia di misure cautelari reali è ammesso solo per “violazione di legge”. In questa categoria rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione puramente apparente, ma non l’illogicità manifesta del ragionamento seguito dal giudice del riesame. Criticare il modo in cui il giudice ha valutato gli elementi a sua disposizione non costituisce una violazione di legge.

In che modo la condizione patrimoniale di una società influenza la valutazione del pericolo di dispersione dei beni (periculum in mora)?
La condizione patrimoniale, reddituale e finanziaria dell’indagato (o della società) è un elemento che può essere validamente considerato per valutare la sussistenza e la concretezza del pericolo di dispersione. Nel caso specifico, il Tribunale ha ritenuto che la sproporzione tra la scarsa consistenza finanziaria sui conti correnti e il recente acquisto di ingenti beni immobili, in un contesto di non floridità economica, costituisse un valido indice del pericolo che la società potesse facilmente disfarsi degli unici beni disponibili a garanzia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati