LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Motivazione per relationem: quando è legittima

La Corte di Cassazione ha esaminato un ricorso presentato da un imputato condannato in appello per il reato di ricettazione. L’ordinanza respinge il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato. In particolare, la Corte chiarisce i requisiti di validità della motivazione per relationem, sottolineando che è legittima quando il giudice fa riferimento a un altro atto del processo, dimostra di averne compreso e condiviso le ragioni e l’atto richiamato è accessibile all’interessato. Gli altri motivi, considerati una mera riproposizione di argomenti già trattati, sono stati dichiarati inammissibili.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione per Relationem: la Cassazione Spiega i Criteri di Legittimità

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sui criteri che rendono valida la cosiddetta motivazione per relationem, ovvero quella tecnica con cui un provvedimento giudiziario motiva le proprie conclusioni richiamando il contenuto di un altro atto. La decisione scaturisce da un ricorso per un caso di ricettazione, offrendo spunti fondamentali sulla redazione dei ricorsi e sui limiti del giudizio di legittimità.

Il Caso: Dalla Condanna per Ricettazione al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine dalla condanna, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, di un uomo per il reato di ricettazione previsto dall’art. 648 del codice penale. L’imputato era stato ritenuto colpevole di aver ricevuto un’automobile di provenienza illecita, con la piena consapevolezza di tale origine e al fine di trarne profitto.

Contro la sentenza d’appello, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione basato su tre distinti motivi:
1. La presunta violazione del principio di correlazione tra l’accusa formulata e la sentenza emessa (art. 521 c.p.p.).
2. Un vizio di motivazione riguardo all’affermazione di responsabilità penale.
3. L’illegittimità della motivazione per relationem adottata dalla Corte d’Appello.

I Motivi del Ricorso e la Risposta della Corte

La Suprema Corte ha analizzato e respinto tutti i motivi di ricorso, dichiarandoli in parte inammissibili e in parte manifestamente infondati.

Correlazione tra Accusa e Sentenza

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la violazione del principio di correlazione non può essere fatta valere in sede di legittimità se il giudice di merito ha già esaminato la questione, ritenendo insussistente la discrepanza tra l’imputazione e il fatto accertato in sentenza. Il ricorso su questo punto è stato quindi giudicato non consentito.

Reiterazione dei Motivi d’Appello

Il secondo motivo, relativo alla motivazione sulla colpevolezza, è stato considerato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che un ricorso, per essere specifico, deve contenere una critica argomentata e puntuale alla sentenza impugnata, non una semplice ripetizione di doglianze precedenti.

Le Motivazioni: I Tre Pilastri della Motivazione per Relationem

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi del terzo motivo, quello relativo alla motivazione per relationem. La Corte ha dichiarato il motivo manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per riepilogare i tre requisiti fondamentali che, secondo la giurisprudenza costante, rendono tale tecnica motivazionale pienamente legittima:

1. Riferimento a un Atto Legittimo: Il provvedimento deve fare riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un altro atto legittimo del procedimento (ad esempio, la sentenza di primo grado) la cui motivazione sia congrua rispetto alla decisione da prendere.
2. Cognizione e Coerenza: Il giudice deve dimostrare di aver preso effettiva cognizione del contenuto dell’atto richiamato e di averlo meditato, ritenendolo coerente con la propria decisione. Non basta un rinvio generico, ma è necessario che emerga una valutazione critica.
3. Conoscibilità dell’Atto: L’atto a cui si fa riferimento, se non allegato o trascritto, deve essere conosciuto o almeno facilmente accessibile all’interessato, per consentirgli di esercitare il proprio diritto di difesa e di impugnazione.

Poiché nel caso di specie questi criteri erano stati rispettati, la Corte ha concluso per la piena legittimità dell’operato dei giudici d’appello.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame rafforza alcuni principi chiave del processo penale. In primo luogo, evidenzia l’inutilità di presentare in Cassazione ricorsi che siano una mera fotocopia dei motivi d’appello, senza una critica specifica e mirata alla sentenza di secondo grado. In secondo luogo, e più importante, conferma la validità della motivazione per relationem come strumento di economia processuale, a patto che sia utilizzata nel rispetto delle garanzie difensive. Per gli operatori del diritto, questa decisione è un monito a costruire impugnazioni mirate e a comprendere che una motivazione, anche se sintetica e per rinvio, se rispetta i criteri stabiliti dalla giurisprudenza, è pienamente valida e inattaccabile.

Quando è considerata legittima una motivazione ‘per relationem’ in una sentenza?
È legittima quando fa riferimento a un altro atto del processo la cui motivazione è congrua, quando il giudice dimostra di averne preso visione e di condividerne il contenuto, e quando l’atto di riferimento è conosciuto o accessibile all’interessato.

È possibile riproporre in Cassazione gli stessi motivi già presentati e respinti in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la pedissequa reiterazione dei motivi già dedotti in appello e puntualmente disattesi rende il ricorso non specifico e quindi inammissibile, in quanto omette di svolgere una critica argomentata contro la sentenza impugnata.

In questo caso, perché il motivo sulla violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza è stato respinto?
È stato respinto perché, secondo la giurisprudenza consolidata citata dalla Corte, tale motivo non è consentito in sede di legittimità quando il giudice di merito ha già valutato ed escluso la violazione di tale principio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati