Motivazione per relationem: quando il ricorso è solo una perdita di tempo
Il diritto a una decisione motivata è un pilastro del nostro ordinamento, sancito dall’articolo 111 della Costituzione. Ma cosa succede quando la motivazione di una sentenza d’appello si richiama a quella di primo grado? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiarimento fondamentale sulla validità della cosiddetta motivazione per relationem, stabilendo quando questa tecnica è legittima e quando, invece, un ricorso basato sulla sua presunta illegittimità si rivela inammissibile.
I Fatti del Caso: un Abuso Edilizio e l’Appello
La vicenda processuale ha origine da una contestazione per abusi edilizi. In primo grado, l’imputata viene condannata. Successivamente, la Corte d’Appello di Napoli riforma parzialmente la sentenza: assolve la donna da alcuni capi d’imputazione ma ridetermina la pena per la violazione dell’art. 44, lett. b), del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001), confermando di fatto la sua responsabilità per il completamento di un’opera abusiva.
Il Ricorso in Cassazione e la Presunta Carenza Argomentativa
Non soddisfatta della decisione, l’imputata propone ricorso per cassazione. Il suo principale argomento è tanto semplice quanto radicale: la sentenza d’appello sarebbe nulla per una totale assenza di motivazione. Secondo la difesa, i giudici di secondo grado si sarebbero limitati a un rinvio generico e acritico alla sentenza del Tribunale, senza sviluppare un proprio percorso argomentativo e senza confrontarsi con le doglianze sollevate nell’atto di appello. In sostanza, un’operazione di ‘copia-incolla’ giuridico che violerebbe il diritto a una decisione motivata.
Le Motivazioni della Cassazione: la corretta applicazione della motivazione per relationem
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, dichiara il ricorso inammissibile, smontando completamente la tesi difensiva. Gli Ermellini chiariscono che la censura di ‘omessa motivazione’ è palesemente smentita dalla lettura della sentenza impugnata. La Corte d’Appello, infatti, non si è limitata a un rinvio passivo. Al contrario, ha operato in modo corretto, utilizzando la motivazione per relationem in modo legittimo.
I giudici di secondo grado hanno:
1. Individuato gli elementi di colpevolezza: Hanno richiamato specifici elementi oggettivi emersi nel processo di primo grado, come le caratteristiche dell’immobile abusivo e il fatto che fosse già oggetto di una precedente condanna per abusi edilizi a carico della stessa imputata.
2. Identificato il movente: Hanno sottolineato come l’imputata, in qualità di proprietaria e committente delle opere, fosse l’unica persona con un interesse concreto a completare la costruzione illecita.
3. Qualificato giuridicamente il fatto: Hanno correttamente inquadrato l’intervento come completamento di opera abusiva, rilevante ai sensi dell’art. 44 contestato.
La Cassazione sottolinea che la Corte d’Appello ha ‘adeguatamente fatto proprie’ le considerazioni del primo giudice, ma soprattutto ha ‘risposto ai profili fattuali e giuridici oggetto del gravame’. Questo passaggio è cruciale: la motivazione per relationem è valida se il giudice superiore dimostra di aver letto e compreso le argomentazioni della sentenza precedente, di condividerle e, soprattutto, di averle usate per rispondere punto per punto alle critiche dell’appellante.
Le Conclusioni: l’Inammissibilità del Ricorso e le sue Conseguenze
La conclusione della Corte di Cassazione è netta: il ricorso è inammissibile. Quando un’impugnazione si basa su una critica generica e palesemente infondata, come in questo caso, non merita di essere esaminata nel merito. Le conseguenze per la ricorrente non sono di poco conto. Oltre alla conferma della condanna, è stata obbligata a pagare le spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è uno strumento per tentare di ottenere un terzo grado di giudizio sul fatto, ma serve a controllare la corretta applicazione della legge. Sostenere una carenza di motivazione quando questa, seppur sintetica o basata su rinvii, esiste ed è logicamente coerente, si traduce in un’azione destinata all’insuccesso e a un ulteriore aggravio di spese.
È sempre illegittimo che un giudice d’appello motivi la sua sentenza richiamando quella di primo grado?
No. Secondo questa ordinanza, non è illegittimo se il giudice d’appello non si limita a un mero rinvio, ma fa proprie le argomentazioni del primo giudice, le integra e risponde specificamente ai motivi di gravame proposti dall’appellante.
In questo caso, perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la censura di omessa motivazione era palesemente infondata. La Corte di Cassazione ha verificato che la Corte d’Appello aveva individuato autonomamente gli elementi a sostegno della colpevolezza, richiamando prove oggettive e rispondendo ai rilievi dell’appellante.
Quali sono state le conseguenze per la ricorrente della dichiarazione di inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30154 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30154 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che con sentenza del 30/10/2023 la Corte di appello di Napoli, in riforma della pronuncia emessa il 25/1/2022 dal locale Tribunale, assolveva NOME dal reato di cui agli artt. 83, 93 e 95, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, rideterminando nella misura del dispositivo la pena quanto alla violazione dell’art. 44, lett. b), stesso decreto.
Rilevato che propone ricorso per cassazione l’imputata’ contestando che la motivazione della sentenza si esaurirebbe in un pedissequo, generico ed immotivato rinvio per relationem alla pronuncia di primo grado, così integrando una radicale assenza dell’apparato argomentativo, in contrasto con quanto statuito dall’art. 111 Cost.
Considerato che il ricorso è inammissibile.
3.1. Considerato, in particolare, che la generica censura di omessa motivazione, nei termini appena richiamati, risulta palesemente smentita dal testo della sentenza, che – alla pag. 4 – ha individuato gli elementi a sostegno della colpevolezza della ricorrente con riguardo alla contravvenzione di cui al capo a), richiamando gli elementi oggettivi emersi nel corso del giudizio di primo grado quanto alle caratteristiche dell’immobile abusivo (specie in rapporto a quelle riscontrate in precedenza ed oggetto di una sentenza di condanna per abusi edilizi a carico della NOME, con ordine di demolizione). La Corte di appello, di seguito, ha evidenziato che la donna era risultata proprietaria del manufatto abusivo e committente delle opere precedentemente realizzate, dunque l’unico soggetto portatore di un interesse a compiere gli interventi qui contestati. Ancora, è stato evidenziato che nel caso di specie era stato eseguito il complet:amento di un’opera abusiva, e che questo doveva comunque essere qualificato ai sensi dell’art. 44 in contestazione. La sentenza impugnata, pertanto, non si è limitata ad un mero rinvio alle considerazioni del primo Giudice, ma le ha adeguatamente fatte proprie, poi rispondendo ai profili fattuali e giuridici oggetto del gravame.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore del Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 21 giugno 2024
Il Cfiìgliere estensore
Il Presidente