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Motivazione per relationem: il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per abusi edilizi. La ricorrente sosteneva una carenza di motivazione da parte della Corte d’Appello, accusandola di un mero rinvio alla sentenza di primo grado. La Suprema Corte ha respinto tale tesi, affermando che la motivazione per relationem è legittima quando il giudice di secondo grado fa proprie e integra le argomentazioni precedenti, rispondendo ai motivi di gravame. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e la ricorrente condannata a pagare le spese e un’ammenda.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione per relationem: quando il ricorso è solo una perdita di tempo

Il diritto a una decisione motivata è un pilastro del nostro ordinamento, sancito dall’articolo 111 della Costituzione. Ma cosa succede quando la motivazione di una sentenza d’appello si richiama a quella di primo grado? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiarimento fondamentale sulla validità della cosiddetta motivazione per relationem, stabilendo quando questa tecnica è legittima e quando, invece, un ricorso basato sulla sua presunta illegittimità si rivela inammissibile.

I Fatti del Caso: un Abuso Edilizio e l’Appello

La vicenda processuale ha origine da una contestazione per abusi edilizi. In primo grado, l’imputata viene condannata. Successivamente, la Corte d’Appello di Napoli riforma parzialmente la sentenza: assolve la donna da alcuni capi d’imputazione ma ridetermina la pena per la violazione dell’art. 44, lett. b), del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001), confermando di fatto la sua responsabilità per il completamento di un’opera abusiva.

Il Ricorso in Cassazione e la Presunta Carenza Argomentativa

Non soddisfatta della decisione, l’imputata propone ricorso per cassazione. Il suo principale argomento è tanto semplice quanto radicale: la sentenza d’appello sarebbe nulla per una totale assenza di motivazione. Secondo la difesa, i giudici di secondo grado si sarebbero limitati a un rinvio generico e acritico alla sentenza del Tribunale, senza sviluppare un proprio percorso argomentativo e senza confrontarsi con le doglianze sollevate nell’atto di appello. In sostanza, un’operazione di ‘copia-incolla’ giuridico che violerebbe il diritto a una decisione motivata.

Le Motivazioni della Cassazione: la corretta applicazione della motivazione per relationem

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, dichiara il ricorso inammissibile, smontando completamente la tesi difensiva. Gli Ermellini chiariscono che la censura di ‘omessa motivazione’ è palesemente smentita dalla lettura della sentenza impugnata. La Corte d’Appello, infatti, non si è limitata a un rinvio passivo. Al contrario, ha operato in modo corretto, utilizzando la motivazione per relationem in modo legittimo.

I giudici di secondo grado hanno:
1. Individuato gli elementi di colpevolezza: Hanno richiamato specifici elementi oggettivi emersi nel processo di primo grado, come le caratteristiche dell’immobile abusivo e il fatto che fosse già oggetto di una precedente condanna per abusi edilizi a carico della stessa imputata.
2. Identificato il movente: Hanno sottolineato come l’imputata, in qualità di proprietaria e committente delle opere, fosse l’unica persona con un interesse concreto a completare la costruzione illecita.
3. Qualificato giuridicamente il fatto: Hanno correttamente inquadrato l’intervento come completamento di opera abusiva, rilevante ai sensi dell’art. 44 contestato.

La Cassazione sottolinea che la Corte d’Appello ha ‘adeguatamente fatto proprie’ le considerazioni del primo giudice, ma soprattutto ha ‘risposto ai profili fattuali e giuridici oggetto del gravame’. Questo passaggio è cruciale: la motivazione per relationem è valida se il giudice superiore dimostra di aver letto e compreso le argomentazioni della sentenza precedente, di condividerle e, soprattutto, di averle usate per rispondere punto per punto alle critiche dell’appellante.

Le Conclusioni: l’Inammissibilità del Ricorso e le sue Conseguenze

La conclusione della Corte di Cassazione è netta: il ricorso è inammissibile. Quando un’impugnazione si basa su una critica generica e palesemente infondata, come in questo caso, non merita di essere esaminata nel merito. Le conseguenze per la ricorrente non sono di poco conto. Oltre alla conferma della condanna, è stata obbligata a pagare le spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è uno strumento per tentare di ottenere un terzo grado di giudizio sul fatto, ma serve a controllare la corretta applicazione della legge. Sostenere una carenza di motivazione quando questa, seppur sintetica o basata su rinvii, esiste ed è logicamente coerente, si traduce in un’azione destinata all’insuccesso e a un ulteriore aggravio di spese.

È sempre illegittimo che un giudice d’appello motivi la sua sentenza richiamando quella di primo grado?
No. Secondo questa ordinanza, non è illegittimo se il giudice d’appello non si limita a un mero rinvio, ma fa proprie le argomentazioni del primo giudice, le integra e risponde specificamente ai motivi di gravame proposti dall’appellante.

In questo caso, perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la censura di omessa motivazione era palesemente infondata. La Corte di Cassazione ha verificato che la Corte d’Appello aveva individuato autonomamente gli elementi a sostegno della colpevolezza, richiamando prove oggettive e rispondendo ai rilievi dell’appellante.

Quali sono state le conseguenze per la ricorrente della dichiarazione di inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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