LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Motivazione per relationem: Cassazione su misura cautelare

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La sentenza ha convalidato l’uso della motivazione per relationem da parte del Tribunale, specificando che è legittima quando il giudice dimostra di aver svolto un’autonoma e critica valutazione degli atti richiamati, senza limitarsi a un mero rinvio. La Corte ha inoltre ribadito che per reati di tale gravità, la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari non viene meno per il solo decorso del tempo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione per relationem: legittima se il giudice valuta criticamente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 598/2025, si è pronunciata su un tema cruciale della procedura penale: i limiti di ammissibilità della motivazione per relationem nei provvedimenti che dispongono misure cautelari personali. La Suprema Corte ha stabilito che il richiamo agli atti di un’altra parte processuale, come l’appello del Pubblico Ministero, è valido solo se il giudice dimostra di aver condotto un’autonoma e approfondita valutazione critica degli elementi, senza limitarsi a una mera adesione passiva. Questo principio garantisce che la decisione sulla libertà personale sia sempre frutto di un esame ponderato e non di un automatismo.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Catania che, in funzione di giudice dell’appello cautelare, aveva disposto la custodia in carcere per un soggetto indagato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Tale decisione riformava un precedente provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari, che aveva rigettato la richiesta del Pubblico Ministero. Secondo l’accusa, l’indagato ricopriva un ruolo di vertice all’interno di un’organizzazione criminale a base familiare, occupandosi della gestione della cassa, dei rifornimenti e impartendo direttive agli altri sodali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi:

1. Vizio di motivazione per omissione e illogicità: Si contestava al Tribunale di essersi allineato acriticamente (“per tabulas”) alle argomentazioni dell’appello del Pubblico Ministero, senza effettuare un’autonoma valutazione critica del materiale investigativo. Secondo il ricorrente, mancava una chiara dimostrazione del suo ruolo e della sua consapevolezza di far parte di una struttura organizzata.
2. Assenza di esigenze cautelari: La difesa sosteneva la mancanza di attualità e concretezza delle esigenze cautelari, dato che i reati contestati risalivano a due anni prima e che nel frattempo era intervenuta una condanna definitiva per singoli episodi di spaccio. Si riteneva, quindi, sproporzionata la misura della custodia in carcere.

La validità della Motivazione per Relationem

La Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo, definendolo generico e infondato. Ha chiarito che la cosiddetta motivazione per relationem è uno strumento legittimo, a condizione che il giudice dia conto del proprio esame critico degli elementi richiamati. Nel caso di specie, il Tribunale non si era limitato a un semplice rinvio all’atto di appello del PM, ma aveva proceduto a una “totale rielaborazione del contenuto”, analizzando in dettaglio le fonti di prova (intercettazioni, videoriprese, sequestri) e descrivendo minuziosamente la struttura gerarchica dell’associazione e il ruolo apicale ricoperto dal ricorrente. La Corte ha quindi concluso che il Tribunale aveva svolto quella “autonoma valutazione” richiesta dalla giurisprudenza, rendendo la sua motivazione congrua e logicamente coerente.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Riguardo al primo motivo, ha ribadito che il giudizio di legittimità non consente una nuova valutazione dei fatti, ma solo un controllo sulla logicità e correttezza giuridica della motivazione. Avendo il Tribunale ampiamente e criticamente motivato la sua decisione, la censura del ricorrente si traduceva in una richiesta inammissibile di riesame del merito.

Anche il secondo motivo, relativo alla mancanza di esigenze cautelari, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha sottolineato che, per reati di particolare gravità come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, opera una presunzione legale (ex art. 275, comma 3, c.p.p.) sulla sussistenza delle esigenze cautelari e sull’adeguatezza della custodia in carcere. Per superare tale presunzione, la difesa deve fornire “elementi specifici” che dimostrino il venir meno del pericolo, cosa che non è avvenuta. Il mero decorso del tempo, ha precisato la Corte, non è di per sé sufficiente. Infine, è stato chiarito che la condanna per i reati-fine (lo spaccio) è irrilevante, poiché il reato associativo costituisce un titolo autonomo che giustifica pienamente la misura custodiale.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida il principio secondo cui la motivazione per relationem non è una scorciatoia per il giudice, ma una tecnica redazionale che presuppone un rigoroso vaglio critico del materiale richiamato. In secondo luogo, riafferma la severità del sistema cautelare per i reati di criminalità organizzata, dove la pericolosità sociale dell’indagato è presunta dalla legge e può essere vinta solo da prove concrete che dimostrino un effettivo affievolimento delle esigenze di tutela della collettività.

Quando è legittima una motivazione per relationem in un’ordinanza cautelare?
È legittima a condizione che il giudice non si limiti a un rinvio formale, ma dimostri di aver preso cognizione del contenuto dell’atto richiamato, di averlo meditato, ritenuto coerente con la propria decisione e di aver svolto una propria autonoma valutazione critica.

Il solo trascorrere del tempo può far venir meno le esigenze cautelari?
No, secondo la sentenza, il tempo non può essere considerato un fattore neutro, ma al suo trascorrere devono affiancarsi ‘significativi elementi’ che dimostrino il venir meno o l’affievolimento delle esigenze cautelari, elementi che devono essere dedotti e provati dalla difesa.

Una condanna definitiva per i singoli reati di spaccio impedisce una misura cautelare per il reato associativo?
No, la circostanza è del tutto irrilevante. Il reato associativo costituisce un titolo autonomo rispetto ai reati-fine commessi nell’ambito dell’associazione e, come tale, può giustificare da solo la permanenza di una misura custodiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati