Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14643 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14643 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/11/2023 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso GLYPH ·
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano, con la quale è stato rigettata la richiesta di riesame dell’ordinanza applicativa misura cautelare inframuraria, disposta in relazione alla contestazione provvisoria del reato cui dell’ art. 73, commi 1 e 4, d.P.R.309/1990.
2.1. Il ricorrente deduce, con unico motivo di ricorso, violazione dell’art. 292 cod. proc. considerato che il giudice a quo ha confermato l’ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere, senza dichiararne la nullità, pur avendo il ricorrente evidenziato la carenz motivazione. In particolare, il ricorrente evidenzia che il giudice, nel disporre la misura caut ha integralmente recepito la richiesta del pubblico ministero, riproducendone interi pas pienamente coincidenti e sovrapponibili alla richiesta del pubblico ministero. Tale coinciden sia nelle parole che nella punteggiatura, trovava massima manifestazione nella parte dedicata all’identificazione dell’indagato e, parimenti, laddove si afferma la sussistenza di gravi in colpevolezza e delle esigenze cautelari. Il Tribunale del riesame, pur ammettendo che il giudi di Monza abbia fatto ricorso alla tecnica redazionale cosiddetta per “incorporazione”, con rin recettizio alla richiesta del PM, ha tuttavia escluso la totale sovrapposizione dai due evidenziando l’aggiunta di considerazioni e di valutazioni effettuate dal giudice che esplicita una autonoma valutazione. Al riguardo, il ricorrente rappresenta che la mera aggiunta di una breve relazione sull’attività investigativa, di frasi e di considerazioni – di cui il testo è privo – non è idonea ad esplicitare un’autonoma argomentazione da parte del giudice né sotto il profilo dei gravi indizi né sotto il profilo delle esigenze cautelari. Sostanz l’apparato esplicativo dell’ordinanza del giudice di Monza nulla ha aggiunto alla richiesta del dal punto di vista critico e argomentativo, in ordine alla attualità del pericolo e alla suss delle esigenze cautelari. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.11 Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1.Viene comunemente ammessa, in giurisprudenza, la cosiddetta motivazione per relationem, cioè quella tipologia di motivazione che si caratterizza per il richiamo all’appa argomentativo di altro atto o provvedimento giurisdizionale. In tal senso, Sez U, 21/06/200 Primavera, ha stabilito che la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da
considerare legittima allorchè: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un leg atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustifica propria del provvedimento ad quem; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coeren con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto provvedimento, sia conosciuto o comunque ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed eventualmente di gravame.
1.2.Nel caso in disamina, la sussistenza del primo requisito è incontroversa, poiché ricorrente non sostiene che la motivazione della richiesta cautelare sia carente o illogica ravvisabile anche il secondo requisito, in quanto l’atto di impulso cautelare è ostensibile ricorrente ha infatti dimostrato di ben conoscerlo.
Altrettanto, in ordine al terzo requisito, occorre osservare come esso richieda che il giud che emette il provvedimento richiamante, lungi dall’effettuare un’ acritica trascrizione, tot parziale, del testo della motivazione del provvedimento richiamato, ne selezioni i passi essenzia ai fini del proprio convincimento, e ne esamini e valuti criticamente i contenuti, sottoponen ad un penetrante vaglio, sottolineandone la significazione dimostrativa e facendoli prop all’esito di una accurata analisi. Viceversa, ricorre il vizio di mancanza di motivazione – e accettabile la motivazione per relationemallorché il giudice, nel fare riferimento ad altr provvedimenti, accolga acriticamente le valutazioni ivi contenute, senza alcun apporto rielaborativo. E correttamente, al riguardo, il giudice a quo ha sottolineato come la I. n. 47 del 2015 miri a garantire che dalla lettura del titolo cautelare emerga che la decisione del giud costituisce frutto di un aútonomo percorso valutativo del nnatériale .probatorio.
In questa prospettiva, si è affermato, in giurisprudenza, che è legittima l’ordina applicativa di misura cautelare personale ove il giudice per le indagini preliminari, con rigu alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, motivi per relationem, mediante rinvio alla richiesta del pubblico ministero, purché dimostri di aver preso cognizione del contenuto e del ragioni del provvedimento di riferimento (Sez.2, n.36409 del 18/09/2012; Sez. 2, n. 55199 del 29/05/2018, GLYPH Rv. 274252; GLYPH Sez. 3, GLYPH n. 19633 del 08/02/2022, Rv. 283171).
Nel caso in disamina, condivisibimente, il giudice a quo ha rilevato una solo parziale sovrapponibilità del provvedimento cautelare genetico con la richiesta del PM, tale da no inficiare il vaglio di legittimità del rinvio alla stregua dei parametri elaborati dalla giuris di legittimità. Ed infatti il giudice che ha applicato l’ordinanza ha richiamato la richi pubblico ministero limitatamente all’enunciazione delle fonti indiziarie e dei dati di fatto di cautelare, quali precedenti di polizia e i precedenti penali. A tale esposizione ha poi fatto se l’esplicitazione di autonome considerazioni in ordine alla valenza indiziaria delle fonti, fac anche richiamo alla specificità della condizione soggettiva del detenuto. In particolare, riferimento all’apprezzamento delle esigenze cautelari, il giudice ha introdotto autonom riflessioni con riferimento allo status del ricorrente di detenuto per altra causa.
Il giudice del riesame ha, inoltre, effettuato una propria ed autonoma valutazione indicando i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, richiamando gli esiti delle att intercettazione sull’utenza in uso all’indagato e le risultanze investigative emerse in occasi della escussione a sommarie informazioni degli acquirenti abituali del NOME, che lo hanno riconosciuto con certezza e che hanno indicato elementi di riscontro plurimi e convergenti. giudice ha anche riconfermato la valutazione di concretezza e attualità del pericolo di reiterazio del reato in ragione della dedizione manifestata dall’indagato all’attività di spaccio, in q continuativa e protratta nel tempo, come attestano i precedenti penali, accomunati tutti da perseguimento di un profitto illecito, confermando la sussistenza delle esigenze cautelari e giudizio di adeguatezza della misura custodiale in considerazione anche di profili personali relat all’assenza di una fissa dimora e di un’attività lavorativa, condizioni che non assicurano alc distacco dalle attività delittuose.
La Corte d’appello ha dunque ritenuto che il giudice della cautela abbia dimostrato di avere criticamente esaminato e valutato i contenuti della richiesta del PM, facendoli propri, all’esi una accurata analisi, conformemente all’orientamento espresso dalle Sezioni unite, nella sentenza appena citata.
2.11 ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile con condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Vanno infine espletati gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod proc. pen.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso all’udienza del 29 Febbraio 2024
il Consigliere estensore