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Motivazione per relationem: Cassazione e Misure Cautelari

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare. Il ricorrente sosteneva la nullità del provvedimento per carenza di motivazione, poiché il giudice si era limitato a recepire la richiesta del PM. La Suprema Corte ha chiarito che la motivazione per relationem è legittima se il giudice dimostra di aver compiuto una valutazione autonoma e critica degli atti, senza una passiva adesione. In questo caso, il giudice aveva aggiunto proprie considerazioni, rendendo valido il provvedimento.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione per Relationem: Quando è Valida per le Misure Cautelari?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14643/2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: la validità della motivazione per relationem nelle ordinanze che dispongono misure cautelari. Questa tecnica, che consiste nel motivare un provvedimento rinviando alle argomentazioni di un altro atto processuale (tipicamente la richiesta del Pubblico Ministero), è spesso oggetto di contestazione da parte delle difese. La pronuncia in esame offre chiari parametri per distinguere un rinvio legittimo da una mera e inammissibile “copia-incolla”.

I Fatti del Caso: Il Ricorso contro l’Ordinanza di Custodia

Il caso trae origine dal ricorso di un indagato, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa lamentava la nullità dell’ordinanza applicativa della misura, sostenendo che il giudice per le indagini preliminari si fosse limitato a recepire integralmente la richiesta del Pubblico Ministero, senza svolgere alcuna autonoma valutazione critica. Secondo il ricorrente, la sovrapposizione testuale tra i due atti era tale da dimostrare una carenza assoluta di motivazione, in violazione dell’art. 292 del codice di procedura penale.

Il Tribunale del Riesame, pur riconoscendo l’utilizzo della tecnica redazionale “per incorporazione”, aveva rigettato l’appello, evidenziando come il giudice avesse comunque aggiunto considerazioni e valutazioni proprie, tali da escludere una totale sovrapposizione e da manifestare un percorso argomentativo autonomo.

La Decisione della Cassazione e la Validità della Motivazione per Relationem

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di motivazione per relationem. Gli Ermellini hanno ricordato che questa pratica è ammessa dalla giurisprudenza, ma solo a determinate e stringenti condizioni.

I Principi Guida per una Motivazione Valida

Affinché il rinvio ad un altro atto sia legittimo, è necessario che il giudice:
1. Faccia riferimento a un atto legittimo del procedimento, la cui motivazione sia congrua.
2. Dimostri di aver preso cognizione delle ragioni esposte nell’atto richiamato, di averle meditate e ritenute coerenti con la propria decisione.
3. Garantisca che l’atto di riferimento sia conosciuto o facilmente accessibile alla parte interessata, per consentirle di esercitare pienamente il diritto di difesa.

Il punto cruciale, sottolineato dalla Corte, è che il giudice non può limitarsi a una trascrizione acritica, totale o parziale, del testo richiamato. Deve, al contrario, selezionare i passaggi essenziali, esaminarli criticamente e farli propri all’esito di un’accurata analisi, evidenziandone la significatività probatoria.

L’Applicazione al Caso Concreto

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che il giudice di prima istanza avesse rispettato questi canoni. Sebbene avesse richiamato la richiesta del PM per l’enunciazione delle fonti di prova, aveva poi sviluppato considerazioni autonome sulla valenza degli indizi e sulle esigenze cautelari. In particolare, il giudice aveva introdotto riflessioni originali sulla condizione soggettiva dell’indagato (detenuto per altra causa), un elemento non presente nell’atto del PM, dimostrando così di aver condotto un’analisi personale e critica della situazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda sulla distinzione tra una parziale sovrapposizione testuale e una totale abdicazione alla funzione valutativa. La Corte ha stabilito che la mera riproduzione di alcune parti della richiesta del PM non inficia di per sé la validità dell’ordinanza, a condizione che emerga chiaramente un percorso logico-valutativo autonomo del giudice. Questo percorso si è manifestato attraverso l’aggiunta di elementi non presenti nell’atto di rinvio, come l’analisi specifica dello status di detenuto del ricorrente e la valutazione autonoma degli elementi probatori (intercettazioni e dichiarazioni degli acquirenti). Il giudice del riesame, a sua volta, aveva correttamente riconfermato questa impostazione, effettuando una propria valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e del pericolo di reiterazione del reato, basata sulla continuità dell’attività di spaccio e sui profili personali dell’indagato (assenza di fissa dimora e lavoro). Di conseguenza, la Corte d’Appello ha ritenuto che il giudice della cautela avesse dimostrato di aver criticamente esaminato e valutato i contenuti della richiesta del PM, in linea con l’orientamento delle Sezioni Unite.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la funzione del giudice non può mai essere passiva. Anche quando si avvale della tecnica della motivazione per relationem, deve emergere in modo inequivocabile il suo apporto critico e rielaborativo. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente dimostrare una semplice somiglianza testuale tra l’ordinanza e la richiesta del PM per ottenerne l’annullamento. È necessario provare che tale somiglianza sia sintomo di una totale assenza di valutazione autonoma da parte del magistrato. Per i giudici, invece, la pronuncia è un monito a esplicitare sempre, anche in modo sintetico, il proprio percorso argomentativo, arricchendo il rinvio con considerazioni originali che diano conto del vaglio critico effettuato.

Quando è legittima una motivazione per relationem in un’ordinanza cautelare?
È legittima quando il giudice, pur rinviando a un altro atto come la richiesta del PM, dimostra di averne preso cognizione, di averlo meditato e di averne fatto proprie le ragioni all’esito di una valutazione critica e autonoma, senza una mera trascrizione passiva.

Cosa si intende per valutazione ‘autonoma’ del giudice?
Significa che il giudice deve aggiungere un proprio contributo critico e argomentativo. Questo può consistere nell’evidenziare specifici passaggi, nel fornire una propria lettura degli elementi probatori o nell’introdurre considerazioni originali (come, nel caso di specie, la valutazione dello status di detenuto del ricorrente) che dimostrino una rielaborazione personale del materiale processuale.

Il fatto che un’ordinanza cautelare riprenda frasi dalla richiesta del PM la rende automaticamente nulla?
No. Secondo questa sentenza, una parziale sovrapponibilità testuale non è di per sé causa di nullità. L’ordinanza è valida se, nonostante le parti in comune, il provvedimento nel suo complesso rivela un percorso valutativo proprio del giudice, distinto e non meramente recettivo rispetto a quello del pubblico ministero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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