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Motivazione per relationem: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di bancarotta fraudolenta a carico di due amministratori di fatto di una società alberghiera. La sentenza chiarisce i rigorosi requisiti della motivazione per relationem in appello, soprattutto dopo un annullamento con rinvio. La Corte ha annullato la condanna per un’imputata, la cui posizione era stata trattata con motivazioni generiche, mentre ha confermato la condanna per l’altro imputato, per il quale la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione analitica e puntuale, conformandosi alle indicazioni della Cassazione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione per Relationem: La Cassazione e il Diverso Destino di Due Co-imputati

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre un importante spunto di riflessione sui doveri del giudice d’appello, in particolare riguardo alla motivazione per relationem. Questo principio, che consente di motivare una sentenza facendo riferimento a un’altra decisione, non è una scorciatoia, ma un istituto che richiede un uso attento e rigoroso. Il caso in esame, relativo a una vicenda di bancarotta fraudolenta, dimostra come una sua applicazione non corretta possa portare all’annullamento della sentenza, evidenziando al contempo come la valutazione delle posizioni dei singoli imputati debba essere sempre analitica e specifica.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria riguarda due imprenditori, un uomo e una donna, accusati di aver agito come amministratori di fatto di una società alberghiera, portandola al fallimento attraverso operazioni di depauperamento. Il Tribunale di primo grado li aveva condannati entrambi per bancarotta fraudolenta a pene detentive. La Corte d’Appello, in un primo momento, aveva confermato la sentenza di condanna. Tuttavia, questa prima decisione d’appello era stata annullata dalla Corte di Cassazione.

Il Primo Annullamento e il Rinvio

La prima pronuncia della Cassazione aveva censurato la Corte d’Appello per aver confermato la condanna senza un’adeguata valutazione delle specifiche censure difensive. In pratica, il giudice di secondo grado si era limitato a richiamare genericamente le conclusioni del Tribunale, senza instaurare un vero e proprio dialogo con i motivi di appello. Questa è un’applicazione errata della motivazione per relationem, poiché non dà conto delle ragioni per cui le argomentazioni della difesa sono state ritenute infondate. La Cassazione aveva quindi rinviato il processo ad un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

La Nuova Decisione d’Appello: Due Percorsi Distinti

Nel giudizio di rinvio, la Corte d’Appello ha seguito due strade differenti per i due imputati.

Per quanto riguarda l’imprenditore uomo, la Corte ha proceduto a una ri-valutazione analitica delle prove, in particolare delle testimonianze che ne delineavano il ruolo di dominus nelle operazioni societarie che avevano portato al dissesto. La motivazione, in questo caso, è stata ritenuta esaustiva e specifica, dimostrando di aver recepito le indicazioni della Cassazione.

Per l’imprenditrice donna, invece, la Corte d’Appello è ricaduta nello stesso errore. La sua condanna è stata confermata sulla base di affermazioni generiche e assertive, come la sua ‘vicinanza’ all’altro imputato, senza però collegare questa circostanza a concrete azioni di depauperamento o a un’analisi puntuale delle testimonianze in relazione alla sua specifica posizione. Di fatto, la motivazione è risultata ancora una volta carente.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Investita nuovamente della questione, la Corte di Cassazione ha preso atto di questa biforcazione. Per l’imprenditore uomo, ha ritenuto il ricorso infondato. La motivazione della Corte d’Appello in sede di rinvio era, questa volta, ineccepibile: si era confrontata con le prove, aveva valutato le testimonianze chiave e aveva costruito un percorso logico-giuridico solido per confermare il giudizio di colpevolezza. La Corte ha anche dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso, relativi a una circostanza aggravante e alla presunta irrevocabilità di una pena più mite, poiché sollevati per la prima volta in quella sede.

Per l’imprenditrice donna, invece, la conclusione è stata opposta. La Suprema Corte ha rilevato che la Corte d’Appello non si era conformata alle indicazioni ricevute. La motivazione era nuovamente generica, astratta e non rispondeva alle censure difensive. Non era sufficiente affermare la sua partecipazione al depauperamento senza indicare quali azioni concrete avesse compiuto e senza analizzare criticamente le prove testimoniali che la riguardavano. Mancava quel confronto stringente tra accusa e difesa che è il cuore del processo d’appello.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna nei confronti dell’imprenditrice, rinviando per un nuovo giudizio ad un’altra sezione della Corte d’Appello. Al contempo, ha rigettato il ricorso dell’imprenditore uomo, rendendo definitiva la sua condanna. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la motivazione di una sentenza, anche se per relationem, deve sempre dare conto di aver esaminato e confutato le specifiche argomentazioni difensive. Un giudice non può limitarsi a ‘sposare’ la decisione precedente, ma deve dimostrare di aver riesaminato criticamente i fatti e le prove alla luce dei motivi di gravame. La giustizia richiede un’analisi individuale e non un giudizio cumulativo, anche in presenza di co-imputati.

Quando è valida una motivazione per relationem in una sentenza d’appello?
È valida quando il giudice d’appello, oltre a richiamare la sentenza di primo grado, dimostra di aver preso cognizione delle censure difensive, le abbia meditate e le abbia ritenute infondate, fornendo una risposta specifica e non generica ai motivi di gravame.

Perché la Corte di Cassazione ha deciso in modo diverso per i due co-imputati?
La decisione è stata diversa perché la Corte d’Appello, nel giudizio di rinvio, ha fornito una motivazione analitica e puntuale per la posizione di un imputato, esaminando nel dettaglio le prove a suo carico, mentre per l’altra imputata ha utilizzato argomentazioni generiche e assertive, non conformandosi alle indicazioni della Cassazione.

È possibile presentare per la prima volta un motivo di ricorso in Cassazione dopo un annullamento con rinvio?
No, la sentenza chiarisce che non è possibile. La Corte ha dichiarato inammissibile un motivo di ricorso relativo al trattamento sanzionatorio perché non era stato sollevato nel precedente giudizio di legittimità, conclusosi con l’annullamento. I motivi di ricorso devono essere presentati nel procedimento originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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