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Motivazione per relationem: Cassazione annulla condanna

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per reati fiscali a causa di un grave vizio di motivazione. La Corte d’Appello aveva confermato la responsabilità degli imputati basando la propria decisione su una precedente sentenza irrevocabile, relativa però a fatti e periodi diversi. Secondo la Suprema Corte, questo uso improprio della motivazione per relationem, che ha trasformato un documento prodotto dalla difesa in un elemento a sfavore degli imputati, è illegittimo. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione per relationem: quando il richiamo a un’altra sentenza è illegittimo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22898 del 2025, ha offerto un importante chiarimento sui limiti della motivazione per relationem nel processo penale. Con questa pronuncia, la Suprema Corte ha annullato una condanna per reati fiscali, evidenziando come un giudice non possa fondare la propria decisione sul richiamo generico a una sentenza precedente che riguarda fatti e periodi temporali diversi. Un principio fondamentale per garantire il diritto di difesa e la correttezza del ragionamento giudiziario.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di due persone in primo grado per reati fiscali, tra cui l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e l’omessa dichiarazione IVA. A entrambi veniva attribuita la qualifica di amministratori di fatto di diverse società coinvolte in un meccanismo fraudolento.

In sede di appello, la difesa aveva contestato specificamente tale qualifica, sostenendo che le prove raccolte non fossero sufficienti a dimostrare un ruolo gestorio effettivo. Per ottenere un trattamento sanzionatorio più mite, gli imputati avevano inoltre prodotto una precedente sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, chiedendo l’applicazione della continuazione tra i reati.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha rigettato i motivi relativi alla responsabilità penale utilizzando un metodo inusuale: invece di analizzare le prove del processo in corso o di fare riferimento alla dettagliata sentenza di primo grado, ha motivato la conferma della condanna richiamando proprio la sentenza irrevocabile prodotta dalla difesa. In pratica, ha usato un documento fornito dagli imputati per un altro scopo (la continuazione) come prova della loro colpevolezza nei nuovi fatti contestati.

I Limiti della Motivazione per Relationem secondo la Cassazione

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella censura a questo modo di operare. La motivazione per relationem è una tecnica ammessa, che consente al giudice di richiamare le argomentazioni di un altro provvedimento per snellire la stesura della propria decisione. Tuttavia, il suo utilizzo è subordinato a regole precise:

1. Pertinenza: L’atto richiamato deve essere pertinente e rilevante per il caso specifico.
2. Conoscibilità: Le parti devono essere a conoscenza o in grado di conoscere facilmente il contenuto dell’atto a cui si fa rinvio.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha violato palesemente il primo requisito. Ha utilizzato una sentenza relativa a un diverso procedimento, con condotte poste in essere in un periodo temporale differente, per giustificare l’affermazione di responsabilità nel giudizio attuale. Questo approccio ha di fatto svuotato di contenuto la motivazione, ometendo di rispondere alle specifiche critiche mosse dalla difesa con i motivi di appello.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi, definendo il ragionamento della Corte d’Appello come un richiamo “del tutto generico” e illegittimo. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la risposta alle doglianze difensive non poteva risolversi nel mero richiamo a valutazioni espresse in un altro procedimento. La Corte d’Appello avrebbe potuto, legittimamente, fare riferimento alla sentenza di primo grado, che aveva analiticamente ricostruito i fatti, ma ha scelto di non farlo.

Ancora più grave, secondo la Cassazione, è stata la valutazione contra reum (contro l’imputato) di un documento prodotto dalla difesa. La sentenza irrevocabile era stata depositata per ottenere il beneficio della continuazione, non per fornire una prova di colpevolezza. Utilizzarla per confermare la condanna ha rappresentato una distorsione della sua funzione processuale, ledendo il diritto di difesa. Il giudice non può trasformare uno strumento a favore dell’imputato in un’arma contro di lui.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio cardine dello Stato di diritto: ogni decisione giurisdizionale deve essere sorretta da una motivazione specifica, logica e congruente con le prove acquisite nel processo. La motivazione per relationem è uno strumento di economia processuale, non una scorciatoia per eludere l’obbligo di fornire una risposta puntuale alle argomentazioni delle parti. La Cassazione, annullando la sentenza con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello, ha ribadito che il giudice del merito dovrà procedere a un nuovo e autonomo esame dei fatti, basandosi esclusivamente sulle risultanze del presente giudizio e fornendo una motivazione completa che non si sottragga al confronto con le tesi difensive.

Un giudice può motivare una sentenza facendo riferimento a un’altra decisione giudiziaria?
Sì, può farlo attraverso la tecnica della “motivazione per relationem”, ma solo a condizione che l’atto richiamato sia pertinente ai fatti del processo in corso e che il suo contenuto sia noto o facilmente accessibile alle parti. Non è possibile riferirsi a sentenze riguardanti fatti e periodi temporali diversi per giustificare una condanna.

Cosa ha sbagliato la Corte d’Appello in questo caso specifico?
La Corte d’Appello ha errato nel basare la conferma della condanna su una precedente sentenza irrevocabile che gli stessi imputati avevano prodotto per un fine diverso (ottenere la continuazione della pena). Tale sentenza riguardava altri reati commessi in un periodo differente e non poteva essere usata per rispondere ai specifici motivi di appello sulla responsabilità per i fatti del nuovo processo.

Cosa significa che una prova prodotta dalla difesa è stata usata “contra reum”?
Significa che un elemento introdotto nel processo dalla difesa a proprio favore è stato invece utilizzato dal giudice contro l’imputato per fondare la sua colpevolezza. In questo caso, la sentenza prodotta per ottenere uno sconto di pena è stata usata per confermare la responsabilità penale, in modo ritenuto illegittimo dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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