Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22898 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22898 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nata a Civitanova Marche il 02/04/1981
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Atri il 25/04/1977
avverso la sentenza emessa il 12/09/2024 dalla Corte d’Appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata;
letta la memoria del difensore della COGNOME, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso e l’annullamento, totale o parziale, della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12/09/2024, la Corte d’Appello di Ancona – per quanto qui rileva – ha parzialmente riformato la sentenza di condanna alla pena di giustizia
pronunciata dal Tribunale di Ancona, in data 21/11/2022, nei confronti (tra gli altri) di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in relazione al reato associativo di cui al capo 1) nonché – come rispettivamente meglio specificato in rubrica – ai reati di cui agli artt. 8, 5 e 10 d.lgs. n. 74 del 2000.
In particolare, la Corte d’Appello – dopo aver rigettato la proposta di concordato formulata dal COGNOME anche con riferimento al capo 1) – ha assolto entrambi gli imputati dal reato associativo, e ha rideterminato il trattamento sanzionatorio accogliendo l’istanza subordinata di applicazione della continuazione con i reati per i quali gli imputati erano stati irrevocabilmente condannati con sentenza in data 12/04/2021 dalla Corte di Appello di Venezia (prodotta a tal fine, in giudizio, dagli odierni ricorrenti).
Ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Vizio di motivazione con riferimento alla conferma della condanna per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti e per omessa dichiarazione ai fini IVA. Si lamenta la sostanziale assenza di motivazione sui motivi di appello formulati in ordine all’attribuzione, al ricorrente, della qualifica di amministrato di fatto delle società indicate in ciascun capo di accusa: infatti, la Corte si er limitata a richiamare genericamente il contenuto della sentenza irrevocabile prodotta al fine di riconoscere la continuazione con i reati oggetto dell’odierno procedimento, senza alcun’altra specificazione. La difesa evidenzia inoltre l’anomalia relativa al fatto che mentre per il capo 2) il COGNOME era stato ritenuto responsabile in quanto amministratore di fatto della società emittente, per le omesse dichiarazioni era stato indicato quale concorrente con la moglie COGNOME nella commissione dei reati, senza che peraltro fossero stato in alcun modo precisate le modalità di tale ipotizzato contributo concorsuale.
2.2 Vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche, atteso il comportamento processuale del COGNOME, nonché alla mancata specificazione e argomentazione in ordine agli aumenti di pena operati in applicazione della richiesta continuazione.
Ricorre per cassazione la COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
3.1. Vizio di motivazione con riferimento all’attribuzione alla ricorrente del ruolo di amministratore di fatto delle varie società indicate nei capi di accusa. Si lamenta la mancata considerazione del motivo di appello che aveva evidenziato la possibilità di desumere, dalle risultanze acquisite, solo la posizione di responsabile commerciale della RAGIONE_SOCIALE: la qualifica di amministratore di fatto era stata invece attribuita in termini indifferenziati, senza alcuna attenzione per gli att gestori effettivamente e personalmente compiuti. In relazione a tali aspetti,
risultava del tutto insufficiente il richiamo alla sentenza irrevocabile, ch ovviamente riguardava un periodo diverso da quello in contestazione.
3.2. Vizio di motivazione con riferimento alla misura degli aumenti di pena in continuazione con la sentenza irrevocabile.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, evidenziando il mancato rispetto dei principi giurisprudenziali in tema di motivazione per relationem.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso concernenti la conferma dell’affermazione di penale responsabilità, che possono essere qui trattati congiuntamente, sono fondati ed assumono valenza assorbente delle altre censure rispettivamente formulate dagli odierni ricorrenti.
Come già accennato nell’esposizione che precede, la COGNOME ed il COGNOME hanno lamentato la mancata considerazione dei motivi di appello volti a confutare, con la varietà di accenti riportata anche negli odierni ricorsi, l’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto delle società coinvolte ne reati loro rispettivamente ascritti.
È opportuno precisare che tale attribuzione, e la conseguente affermazione di responsabilità di entrambi i ricorrenti, erano state illustrate in termi particolarmente analitici ed esaustivi dalla sentenza di primo grado, a lungo soffermatasi anche sui meccanismi fraudolenti emersi a seguito dell’attività investigativa.
La Corte d’Appello non ha peraltro ritenuto di fare alcun riferimento – come pure avrebbe ben potuto, rispettando i principi affermati da questa Suprema Corte in tema di motivazione per relationem alla sentenza del Tribunale di Macerata. I motivi di appello sono stati infatti disattesi con una motivazione che si risolve in un richiamo, del tutto generico, alla sentenza irrevocabile prodotta dai ricorrenti al ben diverso fine di vedersi riconoscere la continuazione con i reati per i quali avevano riportato una condanna ormai definitiva (cfr. pag. 22 segg. quanto alla COGNOME, pag. 25 seg. quanto al COGNOME).
Tale valutazione contra reum della produzione difensiva non può certo ritenersi illegittima: altrettanto pacifico è però il fatto che la risposta alle doglia difensive, formulate in relazione ai reati oggetto del presente giudizio e alle risultanze in quest’ultimo emerse, non poteva in alcun modo risolversi nel mero richiamo alle valutazioni espresse in altro procedimento, in relazione a condotte poste in essere in un periodo diverso da quello che rileva in questa sede.
Nella propria requisitoria, il Procuratore Generale ha sollecitato l’annullam
con rinvio della sentenza impugnata osservando, con riferimento alla senten
irrevocabile oggetto della
relatio,
che “i ricorrenti avevano piena conoscenza di
tale provvedimento, per averlo prodotto in giudizio, ma da nessun element
emerge che il Giudice
a quo
abbia effettivamente fatto proprio il contenuto
sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e che le ab
ponderatamente collegate alla propria decisione. Ciò anche perché
evidentemente, si trattava di condotte diverse e connesse allo svolgimento di r
ricoperti in seno ad altre società” (pag. 2).
Si tratta di considerazioni pienamente condivisibili, alle quali deve per
aggiungersi quanto già evidenziato in precedenza: la Corte d’Appello ha esclu
dalla propria attenzione qualsiasi riferimento alle condotte contestate nell’od
procedimento, disattendendo le doglianze difensive con il mero richiamo a fa
diversi, non solo temporalmente, da quelli oggetto del presente giudizio.
3. Le considerazioni fin qui svolte rendono ultroneo l’esame delle ulter
censure prospettate, ed impongono l’annullamento della sentenza impugnata, con
rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d Appello di Perugia.
Così deciso il 16 maggio 2025
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Corte di Cassazione – copia non ufficiale