Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9686 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9686 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
1.COGNOME NOME, nato a Biancavilla il DATA_NASCITA
2.NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Catania l’ DATA_NASCITA
4.COGNOME NOME, nata a Catania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/12/2022 della Corte di appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Catania, a seguito di annullamento con rinvio, disposto dalla Corte di cassazione con sentenza numero 282 del 22 settembre 2021 limitatamente al trattamento sanzionatorio e con declaratoria di irrevocabilità circa la responsabilità dei reati a ciascuno ascritti, ha rideterminato le pene nei confronti dei ricorrenti nel modo che segue: a NOME COGNOME, previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, ha applicato la pena di anni tre di reclusione ed euro 14.000 di multa; a NOME COGNOME, ritenuta la continuazione tra i reati ascrittigli e quelli per i quali ha riportato condanna con 5 sentenze irrevocabili rese dalla Corte di appello di Catania, ha applicato la pena di anni diciotto, mesi tre e giorni dieci di reclusione; ad NOME COGNOME, previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti e ritenuta la continuazione tra i reati ascrittigli e il reato giudicato dal Tribunale di Catan con sentenza irrevocabile, ha applicato la pena di anni sette , mesi sei e giorni venti di reclusione; a NOME COGNOME, applicate le circostanze attenuanti generiche, ha irrogato la pena di anni tre di reclusione ed euro 14.000 di multa.
Avverso la sentenza della Corte distrettuale hanno proposto ricorso gli imputati elencati in epigrafe.
2. Ricorso di NOME COGNOME.
Violazione di legge in relazione agli artt. 132 e 133 cod. pen. per l’eccessivo trattamento sanzionatorio irrogatogli rispetto a quello più favorevole applicato ai coimputati nonostante gravati da precedenti specifici.
3. Ricorso di NOME COGNOME.
Violazione di legge e vizio di motivazione per l’eccessivo trattamento sanzionatorio irrogatogli sotto diversi profili.
Innanzitutto, per violazione del divieto di reformatio in peius in relazione alla determinazione della pena finale applicata a seguito degli aumenti a titolo di continuazione interna (con il capo 5) ed esterna (con le quattro sentenze definitive indicate alle pagg. 20-21, a cui si era aggiunta quella della Corte di appello di Catania irrevocabile il 16 ottobre 2022 nelle more del giudizio di appello) in quanto la sentenza impugnata ha rideterminato la pena-base tra il minimo e il medio edittale vigente all’epoca del fatto in anni dieci e mesi tre di reclusione con l’effett che anche l’aumento per la continuazione doveva essere comrnisurato entro 1/3 della pena base, mentre lo aveva superato.
Inoltre, l’aumento di due anni di reclusione per la continuazione con la sentenza della Corte di appello di Catania, divenuta irrevocabile il 16 ottobre 2022
nelle more del secondo giudizio di appello, risulta illegittimo non solo per le ragioni sopra indicate, ma anche perché è privo di motivazione e non proporzionato ai singoli aumenti di pena applicati per le altre sentenze anche alla luce della condotta contestata di partecipe con un ruolo non qualificato e per pochi mesi.
Infine, la sentenza impugnata, pur avendo rimodulato la pena complessiva applicata al ricorrente, non ha quantificato ed argomentato l’aumento di pena in modo distinto per ciascun reato-satellite, come richiesto dalla sentenza delle Sezioni unite COGNOME, necessario ai fini della corretta esecuzione delle pene.
In particolare: la pena complessiva delle prime due sentenze poste in continuazione (sentenze emesse dalla Corte di appello di Catania il 22 dicembre 1999 e il 29 gennaio 2004) è stata integralmente scontata dal 7 dicembre 1998 al 29 giugno 2005, per complessivi anni sei mesi sei e giorni ventitrè, cui si aggiunge la liberazione anticipata concessa. Ne consegue che la ritenuta ulteriore continuazione, tra le menzionate sentenze e i fatti di cui al capo 1) del presente procedimento, implica una carcerazione senza titolo fungibile rispetto alla condanna ad anni tre e mesi tre di reclusione di altra sentenza definitiva della Corte di appello di Catania del 18 febbraio 2014, posta in esecuzione con il cumulo emesso dalla Procura generale della Repubblica di Catania il 4 ottobre 2019.
Inoltre, la sentenza della Corte di appello di Catania del 10 novembre 2016 riguarda una condotta associativa accertata fino al 1 aprile 2010, dunque precedente al periodo contestato nel presente procedimento, per la quale il ricorrente è stato detenuto dal 16 aprile 2013.
4. Ricorso di NOME COGNOME.
Omessa motivazione circa l’aumento di pena applicato in continuazione per i reati-satellite contenuti nel capo 21 e nella sentenza del Tribunale di Catania, irrevocabile il 12 giugno 2015, come richiesto dalla sentenza delle Sezioni unite COGNOME per consentire la conoscibilità dei criteri utilizzati dal giudice in sede d commisurazione della sanzione.
5. Ricorso di NOME COGNOME.
Vizio di motivazione della sentenza impugnata in quanto, nonostante abbia rideterminato la pena inflitta alla ricorrente, l’entità della pena base stabilita per reato di cui al capo a) e l’aumento disposto a titolo di continuazione sono eccessivi e sproporzionati sia rispetto alla condotta tenuta che alla personalità dell’imputata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME sono fondati, mentre quelli di NOME COGNOME e NOME COGNOME sono inammissibili.
E’ opportuno premettere che la pronuncia impugnata è stata emessa a seguito di annullamento con rinvio, disposto dalla Corte di cassazione con sentenza numero 282 del 22 settembre 2021, limitatamente al trattamento sanzionatorio, in applicazione della disciplina più favorevole determinatasi per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019 con riferimento al minimo edittale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 fissato in sei anni di reclusione.
I ricorsi presentati da NOME NOME COGNOME e da NOME COGNOME possono essere trattati congiuntamente perché propongono un identico motivo da ritenersi generico ed aspecifico.
La sentenza impugnata ha correttamente rideterminato il trattamento sanzionatorio dei ricorrenti alla luce della disciplina più favorevole conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019 quantificando la pena-base nel minimo edittale, unico oggetto della pronuncia di annullamento della sentenza rescindente, applicando le attenuanti generiche nella massima estensione e riconoscendo un aumento per la continuazione contenuto in mesi sei di reclusione ed C 3000 di multa, così da rendere apodittica e destituita di fondamento la censurata sproporzione sanzionatoria, anche rispetto ai coimputati, oltre che estranea alla pronuncia di annullamento con rinvio.
Il ricorso presentato da NOME COGNOME è fondato.
4.1. La sentenza di annullamento con rinvio della Corte di cassazione ha riguardato esclusivamente la violazione del divieto di reformatio in peius operato dalla Corte distrettuale con riguardo all’aumento per la continuazione perché superiore a quello quantificato dal giudice di primo grado in assenza di impugnazione sul punto del Procuratore generale.
Nella pronuncia rescindente è stato enunciato, pur implicitamente, il principio del rispetto della proporzione in ordine all’intero trattamento sanzionatorio (pagg. 29 e 30), principio che si riverbera, inevitabilmente, anche sugli aumenti operati con la ritenuta continuazione che la sentenza impugnata non ha osservato, essendosi limitata a ripristinare l’originario aumento disposto dal giudice di primo grado.
4.2. La sentenza impugnata ha applicato a NOME COGNOME la pena finale di anni diciotto, mesi tre e giorni dieci di reclusione ritenendo il reato più grave quell di cui al capo 1 (partecipazione all’associazione mafiosa di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, nella forma aggravata) con pena base di anni dieci e mesi tre di reclusione, aumentata per la recidiva qualificata ad anni diciassette e mesi uno di reclusione ed ulteriormente «aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo 5» e con le quattro sentenzt di condanna irrevocabili emesse dalla Corte di appello di Catania (del 22 dicembre 1999, del 29 gennaio 2004, del 25 novembre 2016, del 10 novembre 2016), cui si era aggiunta la sentenza della Corte di appello di Catania del 3 febbraio 2022, divenuta irrevocabile nelle more tra il giudizio di legittimità e quello di rinvio, senza che ne vengano menzionati reati o gli eventuali aumenti interni per la continuazione.
La giurisprudenza di legittimità, con la sentenza delle Sezioni Unite COGNOME, ha indicato le linee guida per rispondere all’obbligo di motivazione in tema di computo della pena nel reato continuato stabilendo che il Giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269). Ovviamente l’impegno nella motivazione è correlato all’entità degli aumenti di pena e deve essere tale da consentire di verificare: a) che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertat b) che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen.; ci) che non sia operato surrettiziamente un cumulo materiale.
Il paragrafo 12 della sentenza COGNOME stabilisce che il giudice della cognizione è tenuto ad indicare esplicitamente sia la pena irrogata per i fatti già decisi con sentenza irrevocabile, sia quella da irrogare per i reati sottoposti al proprio vaglio, al fine di «assicurare il controllo sull’osservanza della regola adottata, sul rispetto della definitività delle pene inflitte con la decisione passata in giudicato, sull corretta applicazione delle prescrizioni dell’art. 81 cod. pen…., sulla ragionevolezza della valutazione del valore ponderale dei reati-satellite.»
Nel caso di specie, invece, la lettura della sentenza impugnata permette solo di comprendere quale sia stato ritenuto il reato più grave e il complessivo aumento per la continuazione applicato, tanto da non soddisfare l’onere di motivazione che riguarda sia la determinazione degli aumenti disposti per il reato sub capo 5), sia quelli per ciascuna delle sentenze di condanna definitive, poste in continuazione esterna, eventualmente inglobanti altri reati in continuazione interna.
Questo percorso motivazionale non consente, come censurato dal ricorso, un controllo effettivo della valutazione logico-giuridica seguita nella determinazione della pena da parte della Corte di appello, tanto più insuperabile in ragione
dell’entità degli aumenti di pena disposti che, in ragione delle imputazioni contestate, non sono certo collocabili, nella loro dimensione complessiva, nell’alveo dell’ esiguità.
Da ciò consegue che la Corte di appello è tenuta ad esplicitare l’entità dell’incremento sanzionatorio apportato per ciascuno dei reati posti in continuazione (capo 5) nonché quello applicato per ciascuna delle sentenze irrevocabili, tenendo conto anche degli eventuali reati-satellite in continuazione interna in esse inclusi.
5. Il motivo di ricorso presentato da NOME COGNOME.
La sentenza impugnata ha applicato ad NOME COGNOME la pena di anni sette, mesi sei e giorni venti di reclusione, previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, operando un aumento cumulativo per la continuazione tra il capo 21 e quello giudicato dal Tribunale di Catania, con sentenza irrevocabile, senza motivare, come dovuto, circa lo specifico aumento sia per il reato di cui al capo 21, oltre che per i sincioli reati-satellite esso compresi stante la contestazione della continuazione interna; sia per quello giudicato dal Tribunale di Catania.
Ne consegue che anche in relazione a detto ricorrente valgono gli argomenti di cui al paragrafo 4.2. che precede.
6. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catania, mentre i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME vanno dichiarati inammissibili con condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della C:orte di appello di Catania.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 gennaio 2024
La Consigliera estensora