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Motivazione pena: quando basta il richiamo all’equità

Un soggetto, condannato per reati concernenti armi e minaccia aggravata, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un difetto di motivazione circa l’entità della pena inflitta. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato: quando la pena si discosta in modo non eccessivo dai minimi edittali, il giudice adempie al suo obbligo di motivazione anche utilizzando espressioni generiche che facciano riferimento alla gravità dei fatti e alla congruità della sanzione. La decisione sottolinea che non è necessaria una disamina analitica in tali circostanze.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della Pena: La Cassazione Ribadisce i Limiti dell’Obbligo del Giudice

L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è un pilastro del nostro sistema legale. Tuttavia, la sua estensione e profondità possono variare a seconda del contesto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 584/2024) offre un importante chiarimento sui limiti di tale obbligo in relazione alla motivazione della pena, soprattutto quando la sanzione applicata si mantiene vicina ai minimi previsti dalla legge.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole per reati legati al porto e alla detenzione di armi, nonché per minaccia aggravata, commessa utilizzando un fucile contro la persona offesa. La pena inflitta, pur tenendo conto della riduzione per il rito abbreviato, era stata fissata in due anni di reclusione e 3.000 euro di multa.
L’imputato ha deciso di ricorrere in Cassazione, non per contestare la sua colpevolezza, ma unicamente per un presunto vizio nella motivazione della pena, ritenuta eccessiva e non adeguatamente giustificata dai giudici di merito.

La Questione sulla Motivazione della Pena

Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello non avesse spiegato in modo sufficientemente analitico le ragioni per cui la pena si era discostata dai minimi edittali. A suo dire, i giudici si erano limitati a considerazioni generiche sulla gravità dei fatti, senza un’argomentazione specifica che giustificasse l’entità della sanzione.
La questione giuridica posta alla Suprema Corte era, quindi, la seguente: fino a che punto un giudice è tenuto a dettagliare le ragioni della quantificazione della pena? È sufficiente un richiamo generico alla congruità e all’equità o è sempre necessaria una motivazione puntuale su ogni fattore considerato?

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, allineandosi a un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici hanno chiarito che l’obbligo di motivazione deve essere rapportato all’entità della pena inflitta rispetto ai limiti legali.

La Corte ha affermato che, nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti in modo eccessivo dai minimi edittali, il giudice soddisfa il suo obbligo motivazionale anche quando utilizza espressioni sintetiche. Frasi che fanno riferimento alla ‘congruità’, all”equità’ della pena o alla ‘gravità’ del fatto sono considerate sufficienti. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato la gravità e l’intensità del dolo, evidenziate dall’uso di un fucile per sparare contro la vittima. Questi elementi, secondo la Cassazione, giustificavano ampiamente il superamento dei minimi edittali e gli aumenti applicati per la continuazione tra i reati.

Il ricorso è stato inoltre giudicato generico, in quanto mirava a una rilettura del merito della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza il principio della discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena, purché esercitata entro i binari della logicità e dei limiti di legge. Per gli operatori del diritto, emerge una chiara indicazione: un’impugnazione basata esclusivamente sulla presunta carenza di motivazione della pena ha scarse probabilità di successo se la sanzione è contenuta e proporzionata alla gravità del reato, anche a fronte di una motivazione sintetica. La decisione conferma che solo scostamenti significativi dai minimi legali richiedono una giustificazione più analitica e dettagliata da parte del giudice.

È sempre necessario che il giudice spieghi in modo dettagliato perché ha scelto una determinata pena?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se la pena applicata non si discosta eccessivamente dai minimi previsti dalla legge, il giudice adempie al suo obbligo di motivazione anche utilizzando espressioni sintetiche che richiamano la gravità del fatto, l’equità o la congruità della sanzione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se non emergono elementi che escludano la colpa nella proposizione del ricorso, il ricorrente viene condannato anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

Per quale motivo la parte civile non ha ottenuto la liquidazione delle spese in questo grado di giudizio?
La parte civile non ha ottenuto alcuna liquidazione perché il ricorso dell’imputato verteva unicamente sul trattamento sanzionatorio penale, ovvero sull’entità della pena. Si tratta di una questione rispetto alla quale la parte civile, il cui interesse è legato al risarcimento del danno, non ha un interesse giuridico a partecipare alla discussione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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