Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19064 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19064 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/02/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 27/02/2025
R.G.N. 166/2025
EVA TOSCANI
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CATANIA il 29/01/1993 avverso l’ordinanza del 15/12/2024 della Corte di appello di Catania udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente all’aumento di pena correlato al reato associativo accertato con la sentenza della Corte di appello di Catania del 4 aprile 2023, irrevocabile il 9 gennaio 2024.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, resa il 15 dicembre 2024, la Corte di appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto per quanto di ragione l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME e ha applicato la continuazione fra i reati oggetto: 1) della sentenza emessa dalla Corte di assise di appello di Roma del 20.02.2018, irrevocabile il 12.03.2019, con cui COGNOME era stato condannato alla pena di anni sette, mesi dieci di reclusione per i reati di sequestro di persona a scopo di estorsione e lesioni personali aggravate; 2) della sentenza resa, in sede di rinvio, dalla Corte di appello di Catania del 4.04.2023, irrevocabile il 9.01.2024, con cui COGNOME era stato condannato alla pena di anni dieci, mesi quattro di reclusione ed euro 1.220,00 di multa per i reati di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e nove episodi di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
La Corte di appello – ritenuto che sussistessero tutte le condizioni per l’applicazione della continuazione – ha constatato, al fine di quantificare la conseguente pena complessiva, che il reato piø grave, ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., tenuto conto del rito abbreviato che aveva esitato entrambe le condanne, era quello di sequestro a scopo di estorsione di cui al primo capo della sentenza sub 1) e, muovendo dalla pena irrogata con tale decisione, Ł pervenuta alla determinazione della pena finale di anni quattordici di reclusione.
Avverso questa ordinanza ha proposto ricorso il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento e adducendo un unico motivo con cui ha denunciato la mancanza di motivazione alla base della determinazione assunta dal giudice dell’esecuzione nel quantificare l’unico aumento operato ex novo.
Ferma restando la correttezza sia dell’avvenuto riconoscimento della continuazione fra i reati oggetto delle due sentenze indicate che dell’individuazione della pena per il reato piø grave, la difesa prospettata un evidente difetto di motivazione nella quantificazione dell’aumento per il reato associativo oggetto della sentenza sub 2), aumento fissato in anni quattro, mesi nove di reclusione senza rendere alcuna giustificazione in merito alla sua entità.
NØ – aggiunge il ricorrente – può affermarsi che la pena irrogata in aumento sia così prossima ai minimi edittali da non abbisognare di alcuna estrinsecazione dell’iter logico seguito per determinarla, proprio perchØ il concreto aumento applicato si profila ben lontano da quello minimo e collide sul piano logico con l’entità degli altri aumenti, tutti orientati verso il minimo edittale.
In conclusione, secondo la difesa, non Ł dato comprendere il percorso logico seguito dal giudice dell’esecuzione per addivenire alla censurata quantificazione, dal momento che tale percorso Ł del tutto assente, emergendo, anzi, che, nel fissare l’aumento, Ł stata resa una determinazione illogica se comparata con i criteri che hanno presieduto all’individuazione degli altri aumenti di pena.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato relativamente all’aumento per il reato associativo accertato con la sentenza della Corte di appello di Catania del 4.04.2023, irrevocabile il 9.01.2024, in quanto per esso il giudice dell’esecuzione non si Ł attenuto all’insegnamento secondo cui, nel determinare la pena complessiva del reato continuato, oltre all’individuazione del reato piø grave, con la conseguente fissazione della pena base, occorre
calcolare e motivare l’aumento di pena per ciascuno dei reati satellite, principio non osservato per l’aumento relativo al reato suddetto, stabilito in misura non minimale senza dare alcuna motivazione, neppure di stile, per giustificare tale scelta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł – nei limiti devoluti dall’impugnazione (la quale, naturalmente, non ha contestato il riconoscimento della continuazione, che resta integro) – fondato e va accolto nei sensi seguenti.
Deve osservarsi che il giudice dell’esecuzione, dopo aver acclarato la sussistenza dei presupposti per ritenere che i reati accertati e sanzionati dalle due sentenze siano stati frutto di una programmazione unitaria, così da porli fra loro in continuazione, ha individuato, quanto alla rideterminazione della pena unitaria, nella pena irrogata per il sequestro a scopo di estorsione di cui al primo capo della sentenza sub 1) quella piø grave, pena che, non computata la diminuente per il rito, era di anni undici, mesi sei di reclusione (mentre per il reato associativo ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, di cui al primo capo della sentenza sub 2 era stata inflitta la pena, non computata la diminuente per il rito, di anni undici di reclusione).
Posto ciò, la Corte di appello ha tenuto ferma la pena finale netta inerente ai reati oggetto della sentenza sub 1) di anni sette, mesi dieci di reclusione, mantenendo inalterato l’aumento per la continuazione interna, e, quanto agli aumenti corrispondenti ai reati oggetto della sentenza sub 2), per il reato associativo ha computato la pena, prima di applicare la diminuente per il rito, di anni quattro, mesi nove di reclusione e ha confermato gli aumenti per i nove reati già satellite, pari, sempre prima dell’applicazione della diminuente per il rito, a mesi sei di reclusione per ciascuno dei nove episodi, per globali anni quattro, mesi sei di reclusione; sul coacervo degli aumenti lordi per i reati accertati con la sentenza sub 2), così fatto ascendere così ad anni nove, mesi tre di reclusione, Ł stata applicata la riduzione per il rito abbreviato, con ridefinizione conclusiva della corrispondente entità sanzionatoria in quella di anni sei, mesi due di reclusione.
Pertanto, aggiunta tale entità a quella determinata per i reati oggetto della sentenza sub 1), il giudice dell’esecuzione Ł pervenuto alla determinazione della pena complessiva di anni quattordici di reclusione.
Verificando la motivazione che ha assistito la determinazione degli aumenti di pena nella struttura sanzionatoria esitata dall’accertata continuazione, deve rilevarsi che – al di là della mera riproposizione dell’entità degli aumenti inerenti ai reati già satellite nel precedente assetto sanzionatorio – la quantificazione dell’aumento per il reato associativo accertato con la sentenza sub 2) pari, prima della riduzione per il rito, ad anni quattro, mesi nove di reclusione, Ł stata enunciata senza apparato giustificativo, ossia senza che questa opzione commisurativa sia stata sorretta da alcuna considerazione.
E’ vero che lo stesso reato, quando era stato sanzionato con la sentenza che lo ha accertato, aveva comportato l’irrogazione a carico di COGNOME di una pena, sempre prima della diminuzione per il rito, di anni undici di reclusione.
Tuttavia, la pur sensibile diminuzione della pena che il giudice dell’esecuzione ha così determinato non costituisce di per sØ un adeguato surrogato della motivazione mancante, non potendo ragionevolmente ritenersi, nelle condizioni indicate, che la segnalata riduzione di pena rispetto all’entità della sanzione inflitta in cognizione sia autodimostrativa dell’effettiva e congrua valutazione degli indici normativamente posti a presidio della corretta dosimetria sanzionatoria, anche in relazione alla ponderazione comparata del complesso degli incrementi di pena.
3.1. Sull’argomento, l’elaborazione di legittimità suole sottolineare – con varietà di inflessioni ma in direzione univoca – la necessità che il giudice dell’esecuzione dia ragione dei criteri utilizzati nella rideterminazione della pena derivante dall’applicazione della continuazione, in modo da rendere noti all’esterno – non solo gli elementi che sono stati oggetto del suo ragionamento, ma anche – i canoni adottati, certo anche adottando, quando ciò basti, le espressioni concise caratteristiche dei provvedimenti esecutivi.
Con particolare riguardo alla determinazione degli aumenti, si Ł da tempo affermato che il procedimento logico-giuridico corretto esige che il giudice dell’esecuzione – quando deve procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali inerisce a piø violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen. – deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riuniti in continuazione, individuare quello piø grave e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, deve operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già avvinti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo, dando conto con adeguata motivazione dei singoli aumenti, qualora essi risultino significativi rispetto a quelli riconosciuti in sede di cognizione per i reati satellite (Sez. 1, n. 17948 del 31/01/2024, S., Rv. 286261 – 01; Sez. 1 n. 52531 del 19/09/2018, COGNOME, Rv. 274548 – 01).
In tale prospettiva, si Ł posto, in modo autorevole, l’accento sull’esigenza che il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre a individuare il reato piø grave e stabilire la pena base, proceda anche a calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, con la precisazione che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena deve ritenersi correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01; fra le successive, Sez. 2, n. 25273 del 11/04/2024, COGNOME, Rv. 286681 – 01).
3.2. Il provvedimento impugnato – se quanto all’operazione di scorporo e alla quantificazione degli aumenti inerenti alle pene per i reati già satellite nel precedente assetto sanzionatorio, confermandone l’entità, ha mostrato di aver operato, sia pure per implicito ma in modo univoco, un riferimento adesivo alla giustificazione che a tali aumenti era stata data nelle sentenze che avevano accertato i rispettivi reati – non ha, tuttavia, speso alcuna argomentazione giustificativa in merito alla quantificazione della pena inerente al suindicato reato associativo, divenuto satellite nell’assetto determinato dall’applicazione della continuazione da parte dell’ordinanza in verifica.
Pertanto, certo non obliterandosi la notevole gravità del reato sanzionato, occorre prendere atto che quest’ultimo aumento apportato in continuazione, non essendo di minima entità, avrebbe dovuto essere giustificato, come ha puntualmente rilevato l’Autorità requirente, con una – pur sintetica, ma – percepibile motivazione, alla stregua delle richiamate, e qui condivise, coordinate ermeneutiche.
In questa situazione, non potrebbe – attesa la mancanza di ogni riferimento a tale snodo logico nel provvedimento in esame – reputarsi estraibile dall’ordinanza una motivazione implicita alla base dell’aumento in questione, giacchØ la carenza di ogni aggancio nel tessuto argomentativo del provvedimento stesso farebbe sì che l’eventuale individuazione di elementi giustificativi non connessi in modo percepibile al suddetto passaggio commisurativo apparirebbe l’espressione di una valutazione di merito: valutazione, però, preclusa al giudice di legittimità e riservata al giudice dell’esecuzione.
I rilievi svolti impongono di annullare l’ordinanza impugnata per la parte relativa alla determinazione del trattamento sanzionatorio scaturente dall’applicazione del succitato aumento seguito all’applicazione della continuazione, con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione (Corte cost., sent. n. 183 del 09/07/2013), per il corrispondente nuovo giudizio sul suddetto punto, da svolgersi nel rispetto dei principi di diritto testØ indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione della pena complessiva con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Catania.
Così Ł deciso, 27/02/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME