Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21547 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21547 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/11/2023 del TRIB. LIBERTA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso
E’ presente come sostituto processuale con delega depositata in aula dell’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA in difesa di:
COGNOME NOME l’AVV_NOTAIO FORO ROMA
Il difensore presente chiede l’accoglimento del ricorso e rigetto della ordinanza del Tribunale di Milano
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7.11.2023 il Tribunale di Milano ha rigettato l’istanza di riesame proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza emessa dal Gip del locale Tribunale il 10.10.2023 con cui lo stesso era stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, ritenuta la gravità indiziaria dei reati di cui capi 1) (art. 74 d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, esclusa l’aggravante del reato transnazionale e della associazione armata), 4), 26), 35), 40), 45), 59), 64), 70), 79), 87), 107A), 111) (tutte ipotesi di art. 73 d.p.r. n. 309 del 1990 co esclusione per talune contestazioni dell’aggravante dell’ingente quantitativo) nonché la sussistenza di tutte e tre le esigenze cautelari di cui all’art. 27 cod.proc.pen. e valorizzando, quanto alla scelta della misura, la presunzione di adeguatezza della sola misura della custodia cautelare in carcere in relazione al reato di cui al capo 1).
2. Ripercorrendo in sintesi le fasi della vicenda cautelare, l’ordinanza genetica si basava su una vasta attività investigativa, prosecuzione di un’indagine che già aveva già portato all’emissione di un titolo custodiale in data 19.10.2022, fondata su intercettazioni telefoniche ed ambientali, riprese e video servizi nonché sull’acquisizione delle chat sky ECC, costituenti parte rilevante del compendio probatorio. Gli elementi acquisiti consentivano di rilevare l’operatività di un’associazione operante in Italia, in Spagna, nonché in altre parti del territorio estero, diretta da COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME, finalizzata alla commissione di più delitti di importazione, vendita, cessione, distribuzione, commercio, acquisto, trasporto, consegna e detenzione illecita di ingenti quantità di sostanze stupefacenti del tipo hashish e/o marijuana.
Specificamente, i soggetti che si trovavano in Italia erano incaricati dello stoccaggio e della successiva distribuzione del prodotto nonché della retrocessione di ingenti somme di denaro in Spagna per poter finanziare nuove importazioni; mentre i soggetti che si trovavano in Spagna erano incaricati di reperire la merce sul mercato illegale e di organizzare il trasporto.
Oltre ai fatti concernenti gli stupefacenti emergevano altresì fatti di riciclaggi del denaro provento dei traffici illeciti attraverso la tecnica di trasferimento c. “hawala”.
Quanto ai reati fine, si trattava di fatti commessi dall’1.7.2020 (capo 4) al 17.5.2021 (capo 111), relativi all’acquisto ed allo spaccio di rilevanti quantitativ di sostanza stupefacente del tipo hashish e mariujana nell’ordine di 10-30 kg per volta ordinati da COGNOME NOME e COGNOME NOME e recapitati nell’abitazione del primo o in quella del padre di questi COGNOME NOME
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o consegnati presso il supermercato RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO o direttamente presso i clienti di RAGIONE_SOCIALE dai “galoppini” incaricati da NOME COGNOME dietro espressa richiesta dello stesso COGNOME.
I singoli fatti venivano ricostruiti sulla base dei messaggi scambiati sui telefonini che impiegano il sistema sky Ecc, uno dei quali in uso anche al ricorrente. Solo il capo 111) é ricostruito sulla base di intercettazioni ambientali effettuate a bordo della vettura di COGNOME e del furgone impiegato da tale COGNOME nelle consegne le quali registravano le fasi delle consegne.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto infondate le censure difensive sia quanto alla sussistenza del quadro di gravità indiziaria che con riguardo alle ritenute esigenze cautelari.
Avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame, l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Con il primo deduce ex art. 606 comma 1, lett. b), c) ed e) cod.proc.pen. la violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 292, comma 2 n. 2 lett. c) e c bis cod.proc.pen. nonché dell’art. 274, 309, comma 9 cod.proc.pen. in relazione all’art. 125 comma 3 cod.proc.pen. e degli artt. 13, 24, 111 Cost. ed all’art. 6 Cedu.
Si censura l’ordinanza impugnata laddove in violazione dei canoni codicistici e del diritto vivente ha illogicamente ed illegittimamente integrato l’assenza grafica della motivazione del Gip in punto di esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere la quale invece si palesa radicalmente mancante e non passibile di sanatoria mediante la c.d. visione cumulativa della posizione dell’odierno ricorrente con altri coindagati.
La difesa ha espressamente censurato l’assenza della motivazione nei motivi di riesame avverso l’ordinanza genetica in punto di esigenze cautelari e di adeguatezza dell’estrema misura (allegando stralcio dell’ordinanza genetica in cui l’indagato non viene neanche menzionato) pur consapevole delle c.d. visione cumulativa delle esigenze de quibus che richiede tuttavia 1) il coinvolgimento in pari grado di tutti i correi; 2) la comunanza delle singole posizioni degli indagati.
La motivazione adottata sul punto dal Tribunale del riesame é illogica perché altri indagati incensurati sono stati indicati e proprio perché il COGNOME é incensurato la motivazione doveva essere rafforzata.
Si ritiene che la motivazione adottata dal Tribunale del riesame secondo cui la gravità dei fatti sarebbe stata valutata dal AVV_NOTAIO anche ai fini delle esigenze cautelari non può superare l’assenza grafica della motivazione sul punto.
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A contrastare la ricostruzione offerta dal Tribunale del riesame si pongono in luce una serie di elementi individualizzanti caratterizzanti la posizione del RAGIONE_SOCIALE e distintivi rispetto ad altre posizioni.
Peraltro il nominativo del COGNOME non é neanche indicato nel paragrafo titolato il reato associativo né il Tribunale motiva a tal fine sul sequestro di stupefacente rinvenuto all’indagato e di denaro al di lui padre.
Con il secondo motivo deduce l’erronea applicazione della legge nonché il vizio di motivazione ex art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 74, comma 2, d.p.r. 309 del 1990 nonché agli artt. 125 comma 3, 192 e 273 cod.proc.pen.
Si censura l’ordinanza impugnata in punto di partecipazione di NOME COGNOME al sodalizio criminoso in quanto la motivazione é meramente apparente poiché incongrua e difettosa e quindi incompleta e non adeguata anche alla luce di principi elaborati in materia dal diritto vivente incentrandosi la ritenut partecipazione sulla rilevanza degli approvvigionamenti e la stabilità del rapporto con il COGNOME; sul fatto che il COGNOME si avvaleva dell’apparato organizzativo del sodalizio ed aveva ricevuto un telefono criptato per poter comunicare sulla piattaforma sky ECC., sulla ricezione di dodici forniture di stupefacente.
Lo stesso utilizzo da parte del COGNOME del plurale non é sintomo di un suo inserimento nel sodalizio criminoso né in tal senso depone il suo interesse economico al buon andamento degli affari intessuti dal COGNOME.
Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione ex art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 275 cod.proc.pen. ed all’art. 3 Cost.
Si censura l’ordinanza impugnata laddove, rispondendo ad una censura difensiva svolta in sede di riesame, ha ritenuto che la posizione del RAGIONE_SOCIALE non sia equiparabile a quella del Savoca cui é stata invece applicata la misura degli arresti domiciliari.
Con il quarto motivo deduce il vizio ex art. 606 lett. c) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 266 e 266 bis cod.proc.pen.
Si eccepisce il vizio di violazione di norma processuale laddove il Tribunale ha ritenuto che la messaggistica su “chat” di gruppo su sistema sky ECC, acquisita mediante ordine europeo di indagine da autorità giudiziaria straniera che ne ha eseguito la decriptazione, sia utilizzabile ai sensi dell’art. 234 bis cod.proc.pen. quale dato informativo documentale conservato all’estero anziché costituire flusso comunicativo secondo la disciplina delle intercettazioni di cui agli artt. 266 e 266 bis cod.proc.pen.
Si censura l’ordinanza impugnata laddove ha ritenuto applicarsi la disciplina di cui all’art. 234 bis cod.proc.pen.
La Procura generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso é manifestamente infondato.
Va premesso che anche a seguito delle modifiche apportate agli artt. 292 e 309 cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, l’ordinanza che decide sulla richiesta di riesame può integrare l’eventuale carenza o insufficienza della motivazione di quella adottata dal primo giudice, salve le ipotesi di motivazione mancante o apparente, ovvero priva dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa, in quanto, ricorren tali ipotesi, il tribunale del riesame è tenuto ad annullare il provvedimento impositivo della misura (Sez. 5, n. 6230 del 15/10/2015 – dep. 2016, Vecchio, Rv. 26615001; Sez. 3, n. 49175 del 27/10/2015, COGNOME, Rv. 26536501).
In altri termini il potere-dovere del Tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato non opera nelle ipotesi di motivazione mancante o apparente, quale quella in cui il primo giudice si sia limitato ad una sterile rassegna delle fonti di prova a carico dell’indagato, in assenza di qualsiasi riferimento contenutistico e di enucleazione degli specifici elementi reputati indizianti (Sez. 2, n. 46136 del 28/10/2015, Campanella, Rv. 26521201) e che il tribunale del riesame ha un potere-dovere di integrazione della motivazione del provvedimento impugnato, ma non può mai completare quella ordinanza cautelare, la cui motivazione non abbia un contenuto dimostrativo dell’effettivo esercizio di una autonoma valutazione da parte del giudicante (Sez. 6, n. 44605 del 01/10/2015, COGNOME, Rv. 26534901).
Ebbene, nell’effettuare tale valutazione che corre sul filo della presenza o meno della motivazione nel provvedimento del giudice di primo grado, l’ordinanza impugnata ha diffusamente dato conto delle ragioni per cui, nonostante la mancata indicazione grafica del nome del COGNOME in punto di esigenze cautelari, tuttavia l’onere motivazionale sia pure in forma ellittica sia stat assolto dal giudice di primo grado, non potendosi riscontrare in effetti un’omissione nella valutazione sulla posizione individualizzata dell’indagato rispetto ai parametri di cui all’art. 274 c.p.p., pur enunciati cumulativamente, con conseguente intervento integrativo legittimo da parte del giudice del riesame.
Dall’esame dell’ordinanza genetica, consentito per la natura del vizio denunciato, si evince che dopo una corposa esposizione relativa al quadro indiziario viene ritenuta la sussistenza di tutte e tre le esigenze cautelari disciplinate dall’art. 27
cod.proc.pen., quindi gli indagati vengono distinti per categorie; ed il RAGIONE_SOCIALE, pur non espressamente menzionato, viene comunque ricondotto sulla base delle considerazioni svolte in linea generale alla categoria di coloro che sono indagati per il reato associativo, in particolare con il ruolo di acquirenti, dandosi conto de pericolo di recidiva legato alle disponibilità economiche delle quali gli stessi dispongono da cui emerge un collaudato intreccio di rapporti tra soggetti operanti in Italia e soggetti (alcuni dei quali italiani) operanti in Spagna. Inolt viene ricondotto alla categoria di coloro che non svolgono attività lavorativa e traggono quindi il loro sostentamento da attività illecite nonché a coloro per i quali in ragione della contestazione del reato associativo viene ritenuto il pericolo di fuga.
Quanto alla scelta della misura, il COGNOME rientra nella categoria degli indagati gravati dalla contestazione associativa per cui trova applicazione la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod.proc.pen. che il giudice di primo grado non ha ritenuto superata da alcun elemento di segno contrario, se non per le posizioni minori tra le quali non viene considerata quella del COGNOME.
A riguardo giova altresì puntualizzare che «In tema di misure cautelari personali, la motivazione del provvedimento in relazione alle esigenze indicate nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., qualora queste siano tratte, esclusivamente, dalla particolare modalità di commissione del reato, caratterizzata dal coinvolgimento in pari grado di tutti i correi, può accomunare, in una visione cumulativa, le singole posizioni degli indagati, non essendo necessario ripetere per ciascuno di essi, in modo puramente formalistico, le ragioni fondanti il pericolo di reiterazione della condotta criminosa» (Sez. 2, n. 9483 del 04/11/2015, dep. 2016, Magnifico e altro, Rv. 266355; in termini, Sez. 2, n. 14316 del 18/02/2022, NOME COGNOME, Rv. 282978-02).
2. Manifestamente infondato é anche il secondo motivo.
Giova ribadire che in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudi di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governan l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976).
Nel caso in esame, l’ordinanza esaminata risulta avere adeguatamente analizzato tutti gli elementi indiziari, averli ricondotti ad unità attesa la loro concordanza con motivazione assolutamente logica, avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente in ordine alla sua partecipazione al reato associativo desumibili dalla frequenza e ripetitività degli approvvigionamenti di sostanza stupefacente peraltro per rilevanti quantitativi dal vertice del sodalizio ovvero COGNOME, dal coinvolgimento del COGNOME nelle tempistiche e modalità degli approvvigionamenti, dalla messa a disposizione di un telefono criptato per lo scambio della messaggistica sulla piattaforma sky Ecc, nonché dalla ricezione di ben dodici partite di stupefacente, elementi tutti che sia pure nei confini della gravità indiziaria tratteggiano le caratteristiche della partecipazione e non semplicemente una relazione per quanto assidua e coinvolgente interessi economici con il COGNOME.
Il terzo motivo di ricorso é inammissibile in quanto aspecifico.
Ed invero nel dolersi della disparità di trattamento tra il RAGIONE_SOCIALE ed il Savoca ricorrente non allega né tantomeno dimostra quali siano gli elementi caratterizzanti le posizioni dei due indagati che giustificherebbero la equivalenza delle loro posizioni.
Parimenti inammissibile é il quarto motivo in quanto aspecifico.
Ed invero, dopo aver richiamato il tema della utilizzabilità delle comunicazioni intercorse tramite il sistema criptato Sky ECC ed acquisite al fascicolo mediante un ordine europeo di indagine (0.E.I.) (prima che la questione fosse decisa dalle S.U. di questa Corte- vedi informazione provvisoria del 29.2.2024) non ha però formulato alcuna specifica censura all’iter argomentativo sviluppato nell’ordinanza impugnata.
In conclusione il ricorso manifestamente infondato va dichiarato inammissibile. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma iter, disp. att. cod.proc.pen.
Così deciso il 28.3.2024