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Motivazione ordinanza cautelare: annullamento parziale

La Cassazione esamina la motivazione di un’ordinanza cautelare per reati associativi e spaccio. Rigetta il ricorso per l’associazione mafiosa, ritenendo sufficienti gli indizi, ma annulla con rinvio la parte relativa a singoli episodi di spaccio, giudicando la motivazione ordinanza cautelare apodittica e carente.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Ordinanza Cautelare: Quando il Giudice Deve Spiegare di Più

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: la motivazione ordinanza cautelare non può essere una mera affermazione, ma deve fondarsi su un’analisi concreta e logica degli elementi a disposizione. La Suprema Corte, pur confermando la sussistenza di gravi indizi per reati associativi di stampo mafioso, ha annullato parzialmente un provvedimento restrittivo per carenza di motivazione riguardo a specifici episodi di spaccio. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale della libertà che confermava la misura della custodia cautelare in carcere per un soggetto indagato per reati gravissimi, tra cui la partecipazione, con ruolo di vertice, a un’associazione di tipo mafioso (ex art. 416-bis c.p.) e a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (ex art. 74 D.P.R. 309/90), oltre a singoli episodi di spaccio, evasione e porto d’armi.

La difesa dell’indagato ha proposto ricorso in Cassazione, contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i reati associativi e per due specifici capi d’imputazione relativi alla detenzione di sostanze stupefacenti. Inoltre, veniva criticata la valutazione sulle esigenze cautelari e sull’adeguatezza della misura detentiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha adottato una decisione ‘a due velocità’. Da un lato, ha rigettato i motivi di ricorso relativi ai reati associativi. Il Tribunale, secondo gli Ermellini, aveva adeguatamente motivato la sussistenza di gravi indizi basandosi su un solido compendio probatorio: dichiarazioni di collaboratori di giustizia, intercettazioni telefoniche e ambientali, e precedenti condanne definitive dell’indagato. Questi elementi delineavano un quadro coerente del suo ruolo apicale all’interno del sodalizio criminale, capace di dirigere le attività illecite anche durante periodi di detenzione domiciliare.

Dall’altro lato, la Corte ha accolto il motivo di ricorso relativo ai singoli episodi di spaccio (capi 382 e 384). Su questo punto, la decisione del Tribunale è stata giudicata gravemente carente, aprendo la strada all’annullamento parziale con rinvio.

Le Motivazioni: Il Principio della Motivazione Ordinanza Cautelare

Il cuore della sentenza risiede nella netta distinzione operata dalla Corte riguardo al livello di approfondimento motivazionale. Per i reati associativi, la motivazione ordinanza cautelare è stata ritenuta valida perché il giudice di merito aveva analiticamente esposto le fonti di prova, le aveva messe in relazione tra loro e ne aveva tratto conclusioni logiche circa il ruolo e la partecipazione dell’indagato all’associazione.

Al contrario, per i due specifici episodi di spaccio, la motivazione è stata definita ‘del tutto apodittica’. Il Tribunale si era limitato ad affermare che la gravità indiziaria era ‘incontestata’ e ‘univocamente desumibile’ dal contenuto di alcune intercettazioni, senza però spiegare il percorso logico che conduceva a tale conclusione. Non aveva specificato quali passaggi delle conversazioni provassero l’acquisto e la finalizzazione alla vendita della sostanza, limitandosi a un’asserzione priva di argomentazione. Questa mancanza rende impossibile, sia per la difesa che per il giudice di legittimità, verificare la correttezza del ragionamento seguito.

Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione è un monito importante sull’obbligo di motivazione, specialmente quando si tratta di provvedimenti che limitano la libertà personale. Non è sufficiente che il giudice sia convinto della colpevolezza; è necessario che espliciti in modo chiaro, completo e logico le ragioni della sua convinzione, ancorando ogni affermazione agli elementi probatori raccolti. Una motivazione solo apparente o assertiva, come nel caso degli episodi di spaccio, viola il diritto di difesa e il principio del giusto processo, giustificando l’annullamento del provvedimento. La decisione finale, quindi, conferma la misura cautelare per le accuse più gravi, ma impone un nuovo esame, più rigoroso e argomentato, per quelle meno gravi ma altrettanto bisognose di prova.

Cosa si intende per motivazione ‘apodittica’ in un’ordinanza cautelare?
Significa che la motivazione è meramente assertiva, enuncia una conclusione senza spiegare il ragionamento logico-giuridico e senza analizzare le prove che la sostengono. La Corte di Cassazione, nel caso di specie, ha ritenuto tale la motivazione che si limitava a definire gli indizi ‘univocamente desumibili’ da intercettazioni senza spiegare come e perché.

Perché la Corte ha confermato la misura cautelare per il reato di associazione mafiosa ma l’ha annullata per gli episodi di spaccio?
La Corte ha ritenuto che per il reato associativo la motivazione del Tribunale fosse adeguata, in quanto basata su un’analisi approfondita di molteplici fonti di prova (dichiarazioni di collaboratori, intercettazioni, precedenti condanne). Per i singoli episodi di spaccio, invece, la motivazione è stata giudicata carente e apodittica, cioè non sufficientemente argomentata, rendendo necessario un nuovo giudizio su quel punto specifico.

Qual è l’importanza di una motivazione completa in un’ordinanza cautelare?
Una motivazione completa e logica è fondamentale per garantire il diritto di difesa dell’indagato e per permettere un controllo sulla legittimità della decisione da parte di un giudice superiore. Un provvedimento che limita la libertà personale senza una spiegazione adeguata delle sue ragioni è illegittimo e viola i principi del giusto processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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