Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1660 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1660 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Montalbano Jonico (MT) il 06/09/1970
avverso l’ordinanza del 16/05/2024 del Tribunale di Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, riportandosi alla propria memoria scritta; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME è indagato per i delitti di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e per alcuni “reati-scopo” (capi 31, 46, 47 65 dell’incolpazione provvisoria).
In parziale accoglimento della sua richiesta di riesame, il Tribunale di Potenza, con l’ordinanza in epigrafe indicata, ha riqualificato i fatti nelle fattispecie di
agli artt. 74, commi 4 e 6, e 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, sostituendo la custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari con controllo elettronico.
Egli ricorre avverso tale decisione, per il tramite del proprio difensore, lamentando vizi di motivazione:
in punto di gravità indiziaria, in quanto: il Tribunale si sarebbe limitato a riprodurre testualmente l’informativa finale della polizia giudiziaria; l’ordinanza parla di un «forte legame» tra lui ed uno dei vertici del ritenuto sodalizio, quando invece vi sono tra loro solo quattro contatti in un arco di tempo limitatissimo; non vi è stato alcun sequestro di sostanze stupefacenti; mancano un rapporto stabile tra i soggetti, un’organizzazione ed un programma criminoso comune;
II) in tema di esigenze cautelari, poiché: l’ordinanza non motiva sull’attualità del pericolo di reiterazione, alla luce del considerevole tempo trascorso dai fatti senza alcun episodio di rilevanza penale a lui rimproverabile; il Tribunale parla di «particolare inclinazione a delinquere», desumendola dai suoi precedenti penali, invece risalenti ad oltre vent’anni or sono e per reati di specie diversa da quelli oggetto di giudizio; il suo «forte legame» con i vertici del sodalizio sarebbe, in realtà, fragile; manca qualsiasi motivazione sulla doglianza, avanzata in sede di riesame, riguardante l’insussistenza del pericolo di compromissione dell’attività investigativa; il Tribunale, infine, non motiva neppure con riferimento alla proporzionalità ed adeguatezza della misura prescelta ed all’insussistenza della presunzione di adeguatezza e proporzionalità della misura custodiale.
Il Procuratore generale ha depositato memoria scritta, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, in tema di gravità indiziaria, è infondato, al limite dell’inammissibilità.
Esso si risolve essenzialmente in una manifestazione di dissenso dalla valutazione compiuta dal Tribunale delle risultanze investigative, tuttavia molteplici, eterogenee e dai contenuti piuttosto nitidi (dialoghi intercettati informazioni testimoniali di acquirenti delle sostanze, dichiarazioni di collaboratori di giustizia: pagg. 7, 12-19, 34 s., 39 s., 55-59), con le quali il ricorrente elude u confronto puntuale e specifico.
Non così il secondo motivo, in punto di esigenze cautelari, con le seguenti precisazioni.
Eccentriche sono le doglianze riguardanti le dedotte omissioni di motivazione: sia quella sul pericolo d’inquinamento probatorio, giacché il Tribunale non ha ravvisato tale esigenza di cautela; come pure quella sulla presunzione di adeguatezza delle misure custodiali, essendo quest’ultima prevista dalla legge solo per la custodia in carcere, non anche per gli arresti domiciliari, invece applicati con l’ordinanza impugnata. Su entrambi tali profili, dunque, quei giudici non erano tenuti a motivare.
La motivazione dell’ordinanza impugnata, invece, si presenta essenzialmente di maniera nella parte in cui giustifica la scelta di applicare gli arresti domicilia «in quanto unico presidio capace di recidere i legami sociali intessuti e di impedire la reiterazione delle condotte delittuose inerenti allo spaccio della sostanze droganti» (pag. 65), senza altro aggiungere e, quindi, senza spiegare – come invece sarebbe stato necessario, in ossequio al principio della minore afflittività necessaria delle misure cautelari personali – perché detto pericolo non sia eventualmente arginabile adeguatamente con misure non custodiali.
Sul punto si rende, dunque, necessaria una motivazione supplementare, dovendosi perciò annullare in parte qua l’ordinanza impugnata e rinviare il procedimento al Tribunale del riesame perché vi provveda.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza, competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p.; rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2024.