Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11912 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11912 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ATRI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Teramo del 25 maggio 2022, con cui COGNOME NOME era stato condanNOME alla pena di mesi due di arresto ed euro tremila di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 116 C.d.S..
COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per vizio di motivazione con riferimento all’omessa sostituzione della pena detentiva ex art. 53 I. n. 689 del 1981 nonostante l’esplicita richiesta formulata con apposito motivo di appello.
2.1. Con memoria del 14 febbraio 2024, l’a difesa dello COGNOME insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso, evidenziando che, nel caso in esame, non ricorreva un’ipotesi di motivazione implicita, in quanto le argomentazioni prospettate per respingere le richieste di concessione delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale non erano utilizzabili in relazione alla specifica istanza di conversione della pena nella corrispondente pecuniaria. Né la sentenza impugnata conteneva riferimenti alla funzione rieducativa della pena.
In ordine all’unico motivo di ricorso, va premesso che la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 25085 del 18/06/2010, Amato, Rv. 247853).
Va osservato altresì che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando ne risulti il rigetto dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata ‘Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Currò, Rv. 275500, relativa a fattispecie in cui il giudice di appello, pur non avendo esplicitamente motivato sulla mancata applicazione dell’attenuante della provocazione – espressamente richiesta coi motivi di appello – aveva fatto esplicito riferimento, in motivazione, alla reciprocità di perduranti condotte ille cite e di risalenti contrasti tra le parti, rigettando così implicitamente l’invocata att nuante; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, Caniello, Rv. 256340, inerente ad un caso in cui la Corte ha escluso il vizio di motivazione perché il giudice di appello, pur non avendo espressamente motivato in ordine alla mancata applicazione dell’attenuante dell’art. 114 cod. pen., esplicitamente richiesta con i motivi di appello – aveva in
motivazione dimostrato la partecipazione attiva dell’imputato al delitto). Tale principio di carattere generale ha trovato applicato in relazione a molteplici istituti “di f vore” per l’imputato: in particolare, si è affermato che la richiesta di 3 concessione delle circostanze attenuanti generiche deve ritenersi disattesa con motivazione implicita, allorché sia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzioNOMErio, fondata su analogo ordine di motivi (Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, COGNOME, Rv. 275057, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l’impugnata sentenza d’appello che, nel confermare la determinazione della pena effettuata dal primo giudice, aveva evidenziato la pregnanza delle circostanze aggravanti, dando implicitamente conto dell’impossibilità di addivenire ad una mitigazione della pena inflitta). In epoca successiva, si è affermata la valenza di tale assunto con specifico riferimento alla richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., la quale deve essere ritenuta implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284096; Sez. 3, n. 43604 del 08/09/2021, Cincolà’ Rv. 282097). Sulla scia di tale indirizzo, la giurisprudenza ha riconosciuto l’adeguatezza dell’apparato motivazionale in tema di “particolare tenuità del fatto” qualora la struttura argomentativa della sentenza di appello giunga ad una ideterminazione migliorativa del trattamento sanzioNOMErio per effetto dell’esclusione di una circostanza aggravante o della concessione delle circostanze attenuanti generiche, la carenza di analisi dei presupposti di applicazione dell’istituto di cui all’art. 131 bis cod. pen. comporta un vizio motivazionale censurabile in sede di legittimità (Sez. 5, n. 42214 del 14/10/2022, non massimata, COGNOME). Quando la considerazione di fattori negativi significativi o rilevanti, però, costituisce un indice del disvalore significativo della vicend criminosa, può ritenersi che essa implicitamente concerna anche l’inesistenza di elementi utili a giustificare l’applicazione dell’ipotesi di particolare tenuità del fatto, in mancanza di un espresso riferimento a tale causa di non punibilità (Sez. 2, n. 41544 del 15/07/2022, COGNOME, non massimata, riguardante fattispecie in cui la Corte di appello ha negato la concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. e del beneficio della sospensione condizionale della pena; Sez. 4, n. 37172 del 23/06/2022, COGNOME, non massimata). Tale principio è stato ribadito da questa Corte anche in tema di violazioni alla disciplina sugli stupefacenti, laddove si è riconosciuta la possibilità di escludere implicitamente la causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., mediante riferimenti alla rilevanza del fatto contenuti nel corpo della motivazione (Sez. 6, n. 40039 del 21/09/2022, Maggio, non massimata, inerente ad ipotesi in cui la Corte di appello ha evidenziato il carattere continuativo dell’attività di cessione di stupefacenti; Sez. 3, n. 32833 del 25/05/2022, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Greco, non massinnata, con riferimento a fattispecie in cui la Corte di appello ha rimarcato l’apprezzabile quantitativo di 180 4 dosi medie singole di marijuana e 10 di cocaina sequestrate e la concreta offensività del fatto).
3.1. Ciò posto sui principi operanti in materia, nella fattispecie in esame, pur senza esplicitamente rispondere al motivo di appello riguardante la richiesta di conversione della pena pecuniaria ex art. 53 I. n. 689 del 1981, in linea coi parametri motivazionali previsti per tale istituto, la Corte territoriale ha evidenziato i seguen elementi di disvalore complessivo del fatto: a) i tre precedenti penali (dei quali uno per guida in stato di ebbrezza); b) le pregresse condotte di guida senza patente sanzionate amministrativamente; c) la pregre.ssa applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena nella misura massima consentita.
Pertanto, in presenza di un giudizio della Corte di merito volto ad escludere in radice una valutazione positiva dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., eventuali considerazioni difensive, a prescindere dalla loro fondatezza o meno, non potevano comunque trovare accoglimento. Gli aspetti valutati dalla Corte territoriale in ordine alla personalità dell’imputato, alla reiterazione della condotta illecita e al pre cedente per reato della medesima indole attengono proprio ai criteri indicativi della possibilità di riconoscere il beneficio in questione.
A ciò va aggiunto che l’unica doglianza difensiva formulata nel ricorso attiene al silenzio della Corte distrettuale sul tema dell’applicabilità dell’istituto della conve sione della pena detentiva; la difesa non evidenzia le ragioni della dedotta erroneità della complessiva sfavorevole valutazione dei parametri oggettivi e soggettivi del fatto e non indica elementi positivi di per sé idonei a confutare la valenza dell’apparato argomentativo.
Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende (art. 616 cod. proc. pen.).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.