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Motivazione implicita: la Cassazione fa il punto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 275/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso, chiarendo i limiti del sindacato sulla determinazione della pena. Il provvedimento conferma che una motivazione implicita è sufficiente se non risulta palesemente illogica o arbitraria, specialmente quando la decisione tiene conto di elementi come i precedenti penali e la pericolosità sociale dell’imputato.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Implicita: Quando il Giudice Non Deve Spiegare Tutto

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui confini del sindacato di legittimità in materia di determinazione della pena, ribadendo un principio fondamentale: l’accettabilità della cosiddetta motivazione implicita. Con l’ordinanza n. 275 del 2024, la Suprema Corte ha chiarito che, in assenza di palese arbitrarietà o illogicità, la valutazione del giudice di merito sul trattamento sanzionatorio è insindacabile, anche se espressa con formule sintetiche. Questa decisione offre spunti importanti sulla discrezionalità del giudice e sui limiti delle impugnazioni.

I Fatti del Caso

Un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Palermo proponeva ricorso per cassazione. La sua doglianza si concentrava esclusivamente sulla determinazione del trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo. In particolare, il ricorrente contestava le modalità con cui i giudici di merito avevano valutato gli elementi per la concessione delle attenuanti generiche e per la dosimetria complessiva della pena, sostenendo una carenza motivazionale.

La Decisione della Corte e l’uso della motivazione implicita

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione dell’apparato argomentativo della sentenza impugnata. Secondo gli Ermellini, la motivazione fornita dalla Corte d’Appello, sebbene forse non analitica, risultava comunque adeguata a soddisfare l’obbligo di legge.

La Corte ha richiamato la sua giurisprudenza consolidata, che ammette non solo la motivazione implicita, ma anche l’uso di formule sintetiche come “si ritiene congrua” per giustificare la pena inflitta. Il principio cardine è che le decisioni relative alla comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti, così come la quantificazione della pena secondo i criteri dell’art. 133 del codice penale, possono essere censurate in sede di legittimità solo in un caso specifico: quando sono frutto di “mero arbitrio o ragionamento illogico”.

Le Motivazioni della Corte

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha escluso categoricamente la presenza di arbitrarietà o illogicità. I giudici di merito avevano, infatti, plausibilmente tenuto conto di due elementi cruciali per definire il trattamento sanzionatorio: i precedenti penali del condannato e la sua “spiccata pericolosità sociale”. Questi fattori, secondo la Corte, giustificavano ampiamente la decisione sulla pena, rendendo la motivazione fornita del tutto coerente e logica. Di conseguenza, non essendoci i presupposti per un riesame, il ricorso è stato respinto.

A seguito della dichiarazione di inammissibilità, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame ribadisce un principio di economia processuale e di rispetto per la discrezionalità del giudice di merito. Per gli avvocati e gli imputati, essa costituisce un monito: contestare la quantificazione della pena in Cassazione è un’operazione complessa, che ha successo solo se si riesce a dimostrare un vizio palese e macroscopico nel ragionamento del giudice. Una semplice critica alla “congruità” della pena, senza evidenziare una chiara illogicità o un’arbitrarietà manifesta, è destinata a scontrarsi con una dichiarazione di inammissibilità. La valutazione di elementi come i precedenti penali e la pericolosità sociale rimane un caposaldo nella discrezionalità del giudice nel definire una sanzione adeguata.

Quando è considerata sufficiente una motivazione implicita nella determinazione della pena?
Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione implicita o espressa con formule sintetiche (es. “si ritiene congrua”) è sufficiente quando la decisione non è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Si presume che il giudice abbia considerato tutti gli elementi rilevanti, come i precedenti penali.

In quali casi la valutazione del giudice sulla pena può essere contestata in Cassazione?
La valutazione del giudice sulla dosimetria della pena e sulla comparazione delle circostanze può essere contestata in Cassazione solo se si dimostra che essa è il risultato di un ragionamento manifestamente illogico o di una decisione arbitraria, non basata sui criteri di legge (art. 133 c.p.).

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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