Motivazione Implicita e Potere del Giudice: La Cassazione Traccia i Limiti
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel processo penale: i confini del sindacato di legittimità sulla determinazione della pena da parte del giudice di merito. In particolare, il provvedimento si sofferma sulla validità della cosiddetta motivazione implicita, un concetto fondamentale per comprendere quando una sentenza, pur con un apparato argomentativo sintetico, possa essere considerata immune da censure. Questo principio è centrale per definire l’equilibrio tra il potere discrezionale del giudice e il diritto dell’imputato a una decisione giustificata.
Il Caso: Ricorso contro la Determinazione della Pena
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato dalla Corte di Appello di Milano. L’imputato non contestava l’affermazione di responsabilità per il reato ascrittogli, bensì le modalità con cui era stato determinato il trattamento sanzionatorio. Nello specifico, le doglianze riguardavano la valutazione degli elementi per la concessione delle attenuanti generiche, il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti e, più in generale, la dosimetria della pena applicata.
Secondo il ricorrente, la Corte di Appello non aveva adeguatamente motivato le ragioni per cui era giunta a una determinata quantificazione della pena, ritenuta eccessivamente afflittiva.
La Questione Giuridica: I Limiti della Motivazione Implicita
Il cuore della questione giuridica sottoposta alla Suprema Corte risiede nel perimetro del controllo di legittimità sulla discrezionalità del giudice di merito in materia sanzionatoria. Può la Corte di Cassazione sindacare una decisione sulla pena la cui motivazione è espressa con formule sintetiche o addirittura desumibile implicitamente dal contesto della sentenza?
La giurisprudenza di legittimità ha da tempo elaborato un orientamento consolidato, che l’ordinanza in commento ribadisce con chiarezza. Il principio è che il giudizio sulla pena è censurabile in Cassazione solo qualora sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Al di fuori di questi vizi macroscopici, la valutazione del giudice di merito è insindacabile.
La Validità della Motivazione Sintetica
La Corte richiama precedenti pronunce secondo cui è ammissibile non solo la motivazione implicita, ma anche quella espressa con formule sintetiche, come il classico “si ritiene congrua”. Questo non significa che il giudice possa esimersi dal motivare, ma che la motivazione può essere considerata assolta quando, dal complesso della decisione, emergono in modo non equivoco i criteri seguiti, come quelli indicati dall’art. 133 del codice penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, la decisione della Corte di Appello di Milano, sebbene forse sintetica, era sorretta da un “conferente apparato argomentativo” che soddisfaceva pienamente l’obbligo di motivazione.
I giudici di legittimità hanno osservato che, nel caso di specie, non sussisteva alcuna arbitrarietà o illogicità. Al contrario, la Corte territoriale aveva plausibilmente tenuto conto di elementi concreti e pertinenti per determinare la sanzione: i precedenti penali del ricorrente e la sua personalità, valutata negativamente. Questi fattori costituiscono una base logica e sufficiente per giustificare la pena inflitta e per negare un trattamento sanzionatorio più mite.
Di conseguenza, non riscontrando vizi di legittimità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. per i ricorsi inammissibili.
le motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un principio cardine del sistema processuale: la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel quale rivalutare i fatti o l’adeguatezza della pena. Il suo compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Pertanto, la discrezionalità del giudice di merito nella quantificazione della pena, esercitata nei binari dell’articolo 133 c.p., è sovrana, a meno che non trascenda nell’arbitrio. Nel caso concreto, il riferimento ai precedenti penali e alla personalità dell’imputato non rappresenta un’argomentazione illogica, ma un corretto esercizio di tale discrezionalità. La decisione impugnata, quindi, non era viziata, e la motivazione implicita era sufficiente a dar conto del percorso logico-giuridico seguito.
le conclusioni
L’ordinanza rafforza un importante monito per la prassi forense: un ricorso per cassazione contro la misura della pena ha scarse possibilità di successo se si limita a lamentare un’eccessiva severità del trattamento sanzionatorio. Per superare il vaglio di ammissibilità, è necessario individuare e dimostrare un vizio specifico e grave nel ragionamento del giudice, quale una palese illogicità o una totale mancanza di motivazione. Questa pronuncia conferma che il sistema processuale pone un argine ai ricorsi meramente dilatori o pretestuosi, sanzionando con il pagamento delle spese e di una somma in denaro chi adisce la Suprema Corte senza un fondato motivo di diritto.
Quando un ricorso in Cassazione sulla determinazione della pena è considerato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando la decisione del giudice di merito non è frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico, anche se la motivazione è sintetica. La semplice contestazione della congruità della pena non è sufficiente.
La motivazione di una sentenza sulla pena può essere breve?
Sì, la Corte di Cassazione ammette la cosiddetta “motivazione implicita” o l’uso di formule sintetiche (come “si ritiene congrua”), purché dal contesto della decisione si possano desumere i criteri logici seguiti dal giudice, come la valutazione dei precedenti penali.
Quali elementi ha considerato il giudice per determinare la pena in questo caso?
Il giudice ha plausibilmente tenuto conto di due elementi specifici: i precedenti penali del condannato e la sua personalità, giudicata negativamente. Questi fattori sono stati ritenuti sufficienti a giustificare la sanzione applicata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 279 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 279 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 09/09/1985
avverso la sentenza del 19/01/2023 della CORTE APPELLO di MILAN()
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui all’imputazione, inammissibile.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato argonnentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, per quanto concerne la determinazione del trattamento sanzionatorio. È appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di qu Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, sent. del 22 settembre 2003 n. 36382, Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Sez. 4, sent. del 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frut di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. 3, sent. 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298), evenienza nel caso insussistente, avendo i giudici territoriali plausibilmente tenuto conto dei riscontrati precedenti penali e della relativa negativa personalità del prevenuto, a fini della determinazione del trattamento sanzionatorio.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 novembre 2023
Il Cons i re estensore
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