Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29183 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29183 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 27/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 27/8/1954
avverso la sentenza emessa 1’11/12/2024 dalla Corte di appello di Roma
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata il 19 giugno 2025 dal difensore del ricorrente, che ha reiterato le deduzioni formulate nel ricorso, insistendone per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’11 dicembre 2024 la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia emessa il primo ottobre 2019 dal Tribunale della stessa città, con cui NOME COGNOME è stato condaneatto alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 385 cod. pen.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, che ha dedotto inosservanza di legge, per non avere la Corte territoriale dato risposta alla richiesta, formulata con memoria del 5 dicembre 2024, di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., di cui ricorrerebbero tutti i presupposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va rigettato.
La deduzione difensiva, relativa alla mancanza di motivazione sulla richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., non trova conforto nella sentenza impugnata.
Al riguardo va premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente su uno specifico motivo di gravame, quando ne risulti il rigetto dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284096 – 01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500 – 01).
Tale principio di carattere generale ha trovato applicazione in relazione a molteplici istituti “di favore” per l’imputato.
Si è affermato, ad es., che la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche deve ritenersi disattesa implicitamente, allorché sia adeguatamente motivato il rigetto della domanda di attenuazione del trattamento sanzionatorio, fondato su analogo ordine di motivi (Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, COGNOME, Rv. 275057 – 01, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l’impugnata sentenza di appello che, nel confermare la determinazione della pena effettuata dal giudice di primo grado, aveva evidenziato la pregnanza delle circostanze aggravanti, dando implicitamente conto dell’impossibilità di addivenire ad una mitigazione della pena inflitta).
In un altro caso si è escluso il vizio di motivazione perché il giudice di appello, pur non avendo espressamente motivato in ordine alla mancata applicazione dell’attenuante dell’art. 114 cod. pen., esplicitamente richiesta con i motivi di appello, aveva evidenziato la partecipazione attiva dell’imputato al delitto (Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, COGNOME, Rv. 256340 – 01).
La valenza dell’assunto sopra ricordato è stata affermata anche con specifico riferimento alla richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., la quale deve essere ritenuta implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche
rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (Sez. 3, n. 43604 del 08/09/2021, COGNOME, Rv.
282097 – 01).
3. Nel caso in esame, pur senza esplicitamente rispondere alla richiesta dell’appellante, riguardante l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod
pen., la Corte territoriale ha evidenziato elementi di disvalore complessivo del fatto. Ha sottolineato, infatti, che, contrariamente a quanto dedotto dal
difensore, l’allontanamento dell’imputato dall’abitazione, in era sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, non era stato determinato da una necessità
impellente, essendo rimasta priva di riscontro l’emergenza determinata dalla fuga dei cani ed essendo stato, anzi, l’imputato sorpreso nell’atto di fare ritorno
con tutta tranquillità presso il luogo di detenzione.
La Corte territoriale ha poi confermato il trattamento sanzionatorio e, quindi, l’applicazione della recidiva reiterata contestata nonché il diniego dei doppi
benefici di legge, in ragione dei gravi precedenti penali dell’imputato.
Siffatti elementi consentono di escludere in radice la minima offensività del fatto, tenuto conto che questa Corte è ferma nel ritenere che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131bis cod. pen., è applicabile al reato di evasione, a condizione che la fattispecie concreta, all’esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza, risulti caratterizzata da un’offensività minima (Sez. 6, n. 35195 del 03/05/2022, COGNOME, Rv. 283731 – 01).
Il rigetto del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 27 giugno 2025.