Motivazione Implicita: Quando il Silenzio del Giudice Diventa una Risposta
Nel complesso dialogo tra difesa e organo giudicante, non tutte le risposte sono scritte nero su bianco. A volte, una decisione parla più di mille parole. È il principio della motivazione implicita, un concetto fondamentale nel diritto processuale penale, recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza in esame. Il caso riguarda un ricorso contro una condanna per furto aggravato, dove la difesa lamentava l’assenza di una spiegazione esplicita sul perché non fosse stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo come l’accoglimento di una richiesta subordinata possa assorbire e risolvere, implicitamente, la richiesta principale.
Il Contesto: Furto Aggravato e la Richiesta del 131 bis
I fatti alla base della vicenda giudiziaria vedono un’imputata condannata in primo grado dal Tribunale per il reato di furto, aggravato ai sensi dell’art. 625 n. 7 del codice penale (cose esposte per necessità o consuetudine alla pubblica fede). In sede di conclusioni, la difesa aveva articolato una strategia basata su richieste subordinate. In primo luogo, si chiedeva l’applicazione dell’art. 131 bis c.p., che prevede la non punibilità quando il fatto è di particolare tenuità. In subordine, qualora il giudice non avesse accolto la prima istanza, si richiedeva la concessione del minimo della pena e dei benefici di legge.
Il Tribunale, nella sua sentenza, aveva accolto la seconda richiesta, condannando l’imputata ma applicando una pena contenuta. Tuttavia, la sentenza non conteneva alcun passaggio specifico che motivasse il diniego dell’applicazione della causa di non punibilità. Proprio su questo presunto vizio di motivazione si è fondato l’unico motivo di ricorso in Cassazione.
La Decisione della Cassazione sulla Motivazione Implicita
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Il cuore della decisione risiede nel concetto di motivazione implicita. Secondo la Corte, nel momento in cui il giudice del merito ha accolto la richiesta subordinata della difesa – quella relativa al minimo della pena – ha implicitamente, ma inequivocabilmente, rigettato la richiesta principale di applicazione dell’art. 131 bis c.p.
Il ragionamento è logico e consequenziale: la richiesta di non punibilità e quella di applicazione del minimo della pena sono tra loro incompatibili. L’una esclude la condanna, l’altra la presuppone. Scegliendo di accogliere la seconda, il giudice ha necessariamente scartato la prima. Pertanto, la motivazione della sentenza impugnata, sebbene non esplicita sul punto, conteneva già in sé la risposta al quesito posto dalla difesa.
Le Motivazioni della Corte
La Corte Suprema ha sottolineato che la struttura delle richieste difensive, formulate in via subordinata, crea una gerarchia logica che il giudice è tenuto a seguire. Accogliendo una richiesta posta ‘più in basso’ nella scala delle priorità difensive, il giudice dimostra di aver esaminato e superato quelle poste ‘più in alto’. In questo quadro, non è necessario un’autonoma e verbosa argomentazione per ogni singola istanza rigettata, quando il rigetto è la conseguenza logica e necessaria di un’altra decisione presa nel medesimo provvedimento. La scelta di condannare, seppur al minimo della pena, esclude ontologicamente la possibilità che il fatto fosse considerato così tenue da non meritare alcuna sanzione.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante spunto di riflessione sulle strategie processuali e sul dovere di motivazione del giudice. Conferma che il principio di economia processuale consente al giudice di non dover esplicitare ogni passaggio logico, qualora questo sia facilmente desumibile dal complesso della decisione. Per gli avvocati, ciò significa che la formulazione di richieste subordinate deve essere attentamente ponderata, poiché l’accoglimento di una di esse può precludere la possibilità di contestare il mancato accoglimento delle altre in sede di impugnazione. La decisione della Cassazione, condannando la ricorrente anche al pagamento di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, funge inoltre da monito contro la presentazione di ricorsi basati su vizi formali quando la sostanza della decisione appare logicamente coerente.
Può un giudice rigettare una richiesta senza spiegarlo esplicitamente nella sentenza?
Sì, secondo questa ordinanza, un giudice può rigettare una richiesta in modo implicito. Se la difesa formula più richieste in subordine e il giudice ne accoglie una successiva (come la concessione della pena minima), si considera implicitamente rigettata la richiesta precedente (come l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto).
Cosa significa che un ricorso è ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere discusso nel merito dalla Corte di Cassazione perché manca dei requisiti fondamentali previsti dalla legge. In questo caso, il motivo è stato ritenuto ‘manifestamente infondato’.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata a pagare le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10572 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10572 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SASSARI il 05/04/2002
avverso la sentenza del 08/04/2024 del TRIBUNALE di SASSARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME NOME ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Sassari che ha ritenuto l’imputata responsabile del reato di cui agli artt. 624 e 625 n.7 cod. pen.
Considerato che il primo e unico motivo di ricorso, con il quale la ricorrente denunzia violazione di legge e omessa motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’ipotesi prevista dall’art. 131 bis cod. pen. è manifestamente infondato atteso che nelle conclusioni la difesa aveva formulato una serie di richieste subordinate tra cui l’applicabilità dell’art.131 bis cod. pen. e nel caso di mancato accoglimento, il minimo della pena e i benefici di legge; la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 2), nell’accogliere la seconda delle richieste ha implicitamente escluso la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dell’art.131 bis cod. pen.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 febbraio 2025
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Il Presidente