Motivazione Implicita e Limiti al Ricorso: la Cassazione fa Chiarezza
In materia di determinazione della pena, qual è il grado di dettaglio richiesto nella motivazione del giudice? Un’ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante delucidazione, confermando che in certi contesti è sufficiente una motivazione implicita. Questa decisione sottolinea i ristretti confini entro cui un condannato può contestare la quantificazione della propria sanzione, chiarendo quando un ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile.
Il Caso in Esame: Un Ricorso contro la Pena
Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la modalità con cui era stata determinata la sua pena. Nello specifico, le critiche si concentravano sulla valutazione degli elementi per la concessione delle attenuanti generiche, sul giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti e, più in generale, sulla dosimetria della sanzione applicata. Secondo il ricorrente, la decisione impugnata mancava di un’adeguata giustificazione su questi punti cruciali.
La Posizione della Suprema Corte sulla Motivazione Implicita
La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto, la decisione della Corte d’Appello era supportata da un apparato argomentativo sufficiente a soddisfare l’obbligo di motivazione.
La Suprema Corte ha richiamato la propria consolidata giurisprudenza, secondo cui:
1. Validità della Motivazione Implicita: Per quanto riguarda la valutazione delle attenuanti o il bilanciamento delle circostanze, la giurisprudenza ammette la cosiddetta motivazione implicita, ossia una motivazione che, sebbene non esplicitata punto per punto, si può logicamente desumere dal complesso della sentenza.
2. Accettabilità di Formule Sintetiche: Sono considerate legittime anche motivazioni espresse con formule brevi e concise, come ad esempio l’affermazione che la pena “si ritiene congrua”.
3. Limiti del Controllo di Legittimità: Il giudizio sulla comparazione tra circostanze, effettuato in base ai criteri dell’art. 133 del codice penale, può essere messo in discussione in sede di Cassazione solo se risulta frutto di “mero arbitrio o ragionamento illogico”. Non è sufficiente un semplice disaccordo con la valutazione del giudice di merito.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la decisione impugnata non presentasse alcun vizio di arbitrarietà o illogicità, avendo il giudice d’appello correttamente verificato il rispetto dei criteri legali da parte del primo giudice.
Le Conseguenze dell’Inammissibilità del Ricorso
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali. Inoltre, è stato condannato al versamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, non essendo emerse ragioni per un esonero da tale sanzione pecuniaria.
Le motivazioni della decisione
Il nucleo della decisione della Cassazione risiede nel principio di autosufficienza della motivazione del giudice di merito, quando essa non travalichi i confini della logica e dell’aderenza ai criteri normativi. La Corte ribadisce che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di grado inferiore, ma di controllare la corretta applicazione del diritto e la coerenza del percorso argomentativo. L’affermazione che la valutazione del giudice di primo grado rispettava i dettami degli artt. 132 e 133 cod. pen. è stata considerata una motivazione sufficiente e non censurabile, poiché non arbitraria.
Conclusioni
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale: la discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena è molto ampia. Per poter contestare con successo la quantificazione di una sanzione in Cassazione, non è sufficiente lamentare una motivazione scarna o sintetica. È necessario dimostrare che la decisione è palesemente illogica o arbitraria, un onere probatorio particolarmente gravoso per il ricorrente. La validità della motivazione implicita rappresenta uno strumento di efficienza processuale, ma al contempo delimita in modo netto il perimetro del sindacato di legittimità sulle scelte sanzionatorie.
È sempre necessaria una motivazione dettagliata per la determinazione della pena?
No, secondo la Cassazione non è sempre necessaria. La giurisprudenza ammette la cosiddetta “motivazione implicita” o l’uso di formule sintetiche (es. “si ritiene congrua”), purché la decisione non sia palesemente arbitraria o illogica.
Quando è possibile contestare in Cassazione il giudizio di comparazione tra aggravanti e attenuanti?
È possibile contestarlo solo quando la decisione del giudice di merito è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Non è sufficiente un semplice disaccordo con la valutazione effettuata.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza (in questo caso, 3.000 euro).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18545 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18545 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PIOVE DI SACCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 59)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di c all’imputazione, è inammissibile.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, per quanto concerne la determinazione del trattamento sanzionatorio. È appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, sent. del 22 settembre 2003 n. 36382, Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Sez. 4, sent. del 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censura cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. 3, sent. 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298); evenienza nel caso insussistente, visto che la Corte territoriale ha motivatamente riscontrato la pien osservanza, da parte del primo giudice, dei dettami degli artt. 132 e 133 cod. pen.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 aprile 2024
Il Consj.11re estensore
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