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Motivazione della pena: quando non è necessaria

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la quantificazione della pena. La Corte ha ribadito un principio fondamentale sulla motivazione della pena: se il giudice infligge una sanzione corrispondente al minimo legale o di poco superiore, non è necessaria una motivazione dettagliata, essendo sufficiente il richiamo ai criteri generali dell’art. 133 del codice penale. Il ricorso è stato considerato un tentativo di ottenere una nuova valutazione nel merito, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della Pena: La Cassazione Stabilisce Quando Può Essere Sintetica

La motivazione della pena è un elemento cruciale di ogni sentenza penale, poiché spiega le ragioni che hanno guidato il giudice nella determinazione della sanzione. Tuttavia, l’obbligo di motivazione non è sempre assoluto nella sua estensione. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, chiarendo i confini entro cui il giudice può limitarsi a una motivazione sintetica senza che la sua decisione sia considerata illegittima.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Palermo. Il ricorrente lamentava, tra le altre cose, la congruità della pena inflittagli, ritenendola eccessiva o comunque non adeguatamente giustificata dai giudici di merito. La questione centrale portata all’attenzione della Suprema Corte riguardava quindi l’ampiezza dell’obbligo di motivazione del giudice nel quantificare la sanzione penale.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla motivazione della pena

La settima sezione penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato, che bilancia l’esigenza di trasparenza delle decisioni giudiziarie con i principi di economia processuale. Secondo la Corte, il ricorso mirava a una nuova valutazione della congruità della pena, un’attività che esula dalle competenze del giudice di legittimità, il quale può sindacare la decisione solo se viziata da palese illogicità o arbitrarietà.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi dell’obbligo di motivazione della pena. La Corte ha richiamato due principi fondamentali:

1. Pena Vicina al Minimo Edittale: Quando il giudice decide di infliggere una pena corrispondente al minimo previsto dalla legge, o che se ne discosti in misura non rilevante, non è tenuto a fornire una motivazione analitica e specifica. In questi casi, ritenuti dalla Corte come rientranti in una “fascia medio-bassa”, è sufficiente un semplice richiamo ai parametri generali di valutazione indicati dall’articolo 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole, etc.). La scelta di non applicare una sanzione severa è, di per sé, indicativa di una valutazione che non richiede ulteriori giustificazioni.

2. Limiti del Giudizio di Cassazione: Il secondo principio, strettamente connesso al primo, riguarda i poteri della Corte di Cassazione. Il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Pertanto, è inammissibile una censura che si limiti a contestare l’adeguatezza della pena, chiedendo alla Corte una nuova e diversa valutazione. Il controllo della Cassazione è limitato alla verifica che la determinazione della pena da parte del giudice di merito non sia il risultato di un ragionamento palesemente illogico o di un mero arbitrio.

La Corte ha ritenuto che nel caso di specie la decisione della Corte d’Appello non presentasse tali vizi, rendendo il ricorso infondato.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un importante principio per la difesa e per gli imputati. Non è sufficiente contestare genericamente l’entità della pena per ottenere una riforma della sentenza in Cassazione. È necessario dimostrare che la decisione del giudice di merito sia affetta da un vizio logico grave e manifesto. Quando la sanzione si attesta su livelli vicini al minimo legale, le possibilità di successo di un ricorso basato sulla sola quantificazione della pena si riducono drasticamente. La difesa deve quindi concentrarsi, in sede di appello, sull’evidenziare tutti gli elementi utili a orientare la valutazione del giudice secondo i criteri dell’art. 133 c.p., piuttosto che sperare in una revisione della motivazione della pena in sede di legittimità.

Quando un giudice non è tenuto a fornire una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione dettagliata non è necessaria quando la pena inflitta corrisponde al minimo edittale (il minimo previsto dalla legge) o se ne discosta in misura non rilevante, collocandosi in una fascia ‘medio-bassa’. In tali casi, è sufficiente il richiamo ai parametri generali dell’art. 133 del codice penale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare la congruità della pena?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità (cioè l’adeguatezza) della pena. Il suo compito non è quello di giudicare nuovamente nel merito, ma solo di verificare che la decisione del giudice precedente non sia frutto di un ragionamento palesemente illogico o di mero arbitrio.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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