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Motivazione della pena: quando il ricorso è inammissibile

Un imputato ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza di condanna, lamentando la valutazione sulla misura della pena e sul bilanciamento delle circostanze. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: la motivazione della pena non deve essere eccessivamente dettagliata, soprattutto se la sanzione è inferiore alla media edittale. Una motivazione implicita o sintetica è sufficiente, a meno che la decisione del giudice non sia palesemente arbitraria o illogica. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della pena: i limiti del sindacato della Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sui confini del controllo di legittimità in materia di trattamento sanzionatorio. La decisione chiarisce quando la motivazione della pena fornita dal giudice di merito è da considerarsi adeguata, anche se sintetica, e quando, di conseguenza, un ricorso sul punto risulta inammissibile. Si tratta di un principio cruciale che definisce i margini di discrezionalità del giudice e i limiti delle doglianze ammissibili in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una condanna confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma, ha proposto ricorso per Cassazione. Le sue censure si concentravano esclusivamente sul trattamento sanzionatorio. In particolare, il ricorrente contestava le modalità con cui il giudice aveva valutato gli elementi per la concessione delle attenuanti generiche, il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti e, più in generale, la dosimetria della pena applicata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ritenuto le censure infondate, in quanto non tenevano conto dei consolidati orientamenti giurisprudenziali sui limiti del sindacato di legittimità in materia. La Corte ha ribadito che la valutazione degli elementi per la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e può essere censurata in Cassazione solo in casi specifici di palese illogicità o arbitrarietà.

L’Adeguatezza della Motivazione della Pena

Il punto centrale della pronuncia riguarda la sufficienza della motivazione della pena. La Cassazione ha ricordato che la giurisprudenza ammette pacificamente la cosiddetta “motivazione implicita” o l’uso di formule sintetiche, come “si ritiene congrua”. Non è sempre necessario un’analisi dettagliata di ogni singolo elemento considerato, specialmente quando la pena finale si colloca in una fascia bassa rispetto ai limiti previsti dalla legge.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha fondato la sua decisione su principi giurisprudenziali consolidati. Innanzitutto, ha sottolineato che il giudizio di comparazione tra circostanze, effettuato secondo i criteri dell’art. 133 del codice penale, è sindacabile in sede di legittimità solo se frutto di “mero arbitrio o ragionamento illogico”.

Nel caso specifico, tale vizio non sussisteva. Anzi, un elemento decisivo a favore della correttezza della decisione impugnata era che la pena era stata determinata “al di sotto della media edittale”. Secondo la Corte, quando il giudice si mantiene al di sotto di questa soglia, non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata per giustificare la sua scelta. La congruità della pena è, in un certo senso, presunta dalla sua mitezza rispetto al massimo applicabile.

Di conseguenza, non emergendo ragioni di arbitrarietà, il ricorso è stato giudicato inammissibile. A questa declaratoria, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento fondamentale: non ogni doglianza sulla misura della pena è ammissibile in Cassazione. Per avere successo, il ricorso non può limitarsi a proporre una diversa valutazione degli elementi discrezionali, ma deve dimostrare un vizio logico grave e manifesto nel ragionamento del giudice. La decisione rafforza la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della sanzione e chiarisce che, in assenza di una pena particolarmente aspra, l’onere motivazionale si attenua notevolmente. Per gli operatori del diritto, ciò significa che i motivi di ricorso relativi alla pena devono essere formulati con estrema precisione, evidenziando profili di irragionevolezza palese e non mere divergenze di valutazione.

Quando un ricorso in Cassazione sulla misura della pena è considerato inammissibile?
Quando le censure si limitano a contestare la valutazione discrezionale del giudice di merito (ad esempio sulla concessione di attenuanti o sulla quantità della pena) senza dimostrare che la sua decisione sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.

Il giudice è sempre obbligato a motivare dettagliatamente la pena inflitta?
No. Secondo la Suprema Corte, non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata, soprattutto quando la pena è determinata al di sotto della media edittale. In questi casi, sono considerate sufficienti anche una motivazione implicita o formule sintetiche.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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