Motivazione della pena: i limiti del sindacato della Cassazione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sui confini del controllo di legittimità in materia di trattamento sanzionatorio. La decisione chiarisce quando la motivazione della pena fornita dal giudice di merito è da considerarsi adeguata, anche se sintetica, e quando, di conseguenza, un ricorso sul punto risulta inammissibile. Si tratta di un principio cruciale che definisce i margini di discrezionalità del giudice e i limiti delle doglianze ammissibili in sede di legittimità.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma, ha proposto ricorso per Cassazione. Le sue censure si concentravano esclusivamente sul trattamento sanzionatorio. In particolare, il ricorrente contestava le modalità con cui il giudice aveva valutato gli elementi per la concessione delle attenuanti generiche, il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti e, più in generale, la dosimetria della pena applicata.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ritenuto le censure infondate, in quanto non tenevano conto dei consolidati orientamenti giurisprudenziali sui limiti del sindacato di legittimità in materia. La Corte ha ribadito che la valutazione degli elementi per la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e può essere censurata in Cassazione solo in casi specifici di palese illogicità o arbitrarietà.
L’Adeguatezza della Motivazione della Pena
Il punto centrale della pronuncia riguarda la sufficienza della motivazione della pena. La Cassazione ha ricordato che la giurisprudenza ammette pacificamente la cosiddetta “motivazione implicita” o l’uso di formule sintetiche, come “si ritiene congrua”. Non è sempre necessario un’analisi dettagliata di ogni singolo elemento considerato, specialmente quando la pena finale si colloca in una fascia bassa rispetto ai limiti previsti dalla legge.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha fondato la sua decisione su principi giurisprudenziali consolidati. Innanzitutto, ha sottolineato che il giudizio di comparazione tra circostanze, effettuato secondo i criteri dell’art. 133 del codice penale, è sindacabile in sede di legittimità solo se frutto di “mero arbitrio o ragionamento illogico”.
Nel caso specifico, tale vizio non sussisteva. Anzi, un elemento decisivo a favore della correttezza della decisione impugnata era che la pena era stata determinata “al di sotto della media edittale”. Secondo la Corte, quando il giudice si mantiene al di sotto di questa soglia, non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata per giustificare la sua scelta. La congruità della pena è, in un certo senso, presunta dalla sua mitezza rispetto al massimo applicabile.
Di conseguenza, non emergendo ragioni di arbitrarietà, il ricorso è stato giudicato inammissibile. A questa declaratoria, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento fondamentale: non ogni doglianza sulla misura della pena è ammissibile in Cassazione. Per avere successo, il ricorso non può limitarsi a proporre una diversa valutazione degli elementi discrezionali, ma deve dimostrare un vizio logico grave e manifesto nel ragionamento del giudice. La decisione rafforza la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della sanzione e chiarisce che, in assenza di una pena particolarmente aspra, l’onere motivazionale si attenua notevolmente. Per gli operatori del diritto, ciò significa che i motivi di ricorso relativi alla pena devono essere formulati con estrema precisione, evidenziando profili di irragionevolezza palese e non mere divergenze di valutazione.
Quando un ricorso in Cassazione sulla misura della pena è considerato inammissibile?
Quando le censure si limitano a contestare la valutazione discrezionale del giudice di merito (ad esempio sulla concessione di attenuanti o sulla quantità della pena) senza dimostrare che la sua decisione sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
Il giudice è sempre obbligato a motivare dettagliatamente la pena inflitta?
No. Secondo la Suprema Corte, non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata, soprattutto quando la pena è determinata al di sotto della media edittale. In questi casi, sono considerate sufficienti anche una motivazione implicita o formule sintetiche.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27359 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27359 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato ascritto inammissibile.
Le dedotte censure, in punto di trattamento sanzioNOMErio, non considerano che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punt giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, sent. del 22 settembre 2003 n. 36382, Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Sez. 4, sent. del 4 agosto 1998 n. 9120 Rv 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri d all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. 3, sent. 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298); tale evenienza non sussiste nel caso di specie, tanto più che la pena è stata determinata al di sotto della media edittale, con la conseguenza che non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice sul punto (cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Rv. 276288 – 01).
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 giugno 2024
Il Consi ere estensore
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