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Motivazione della pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro la determinazione della pena, ribadendo che la discrezionalità del giudice di merito sulla quantificazione della sanzione è ampiamente tutelata. L’ordinanza sottolinea come una motivazione della pena sintetica, ad esempio con l’uso di espressioni come ‘pena congrua’, sia sufficiente quando la sanzione irrogata è inferiore alla media edittale, non essendo ravvisabile alcun vizio di legittimità.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della Pena: La Cassazione Fissa i Paletti

La motivazione della pena rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice traduce in una sanzione concreta la valutazione della gravità del reato e della personalità del reo. Ma fino a che punto questa valutazione può essere contestata in sede di legittimità? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 22897/2024) offre chiarimenti cruciali, dichiarando inammissibile un ricorso che contestava proprio il trattamento sanzionatorio deciso nei gradi di merito.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorrente lamentava una carente giustificazione in merito alla quantificazione della pena base, agli aumenti per i reati satellite commessi in continuazione e al bilanciamento delle circostanze. In sostanza, si contestava al giudice di non aver spiegato in modo sufficientemente dettagliato le ragioni delle sue scelte sanzionatorie.

I Limiti alla Revisione della Motivazione della Pena

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, giudicandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la determinazione della pena è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere non può essere messo in discussione in Cassazione, a meno che la motivazione non sia del tutto assente, palesemente illogica o frutto di un mero arbitrio.

La Corte ha chiarito che non è necessaria una motivazione analitica per ogni singolo aspetto del calcolo. L’obbligo di motivazione può considerarsi adempiuto anche attraverso l’uso di espressioni sintetiche che diano conto del percorso logico seguito dal giudice.

Le Motivazioni: Quando la “Pena Congrua” è Sufficiente

L’ordinanza ha ribadito alcuni punti chiave sulla sufficienza della motivazione della pena.

In primo luogo, quando la pena inflitta è inferiore alla media edittale (ovvero la media tra il minimo e il massimo previsto dalla legge per quel reato), l’uso di formule come “pena congrua” o “pena equa” è considerato sufficiente. Questo perché tali espressioni implicano un richiamo ai criteri guida dell’art. 133 del codice penale (gravità del danno, intensità del dolo, ecc.), e si presume che il giudice li abbia valutati correttamente.

In secondo luogo, anche per gli aumenti di pena relativi ai cosiddetti “reati satellite” nel contesto della continuazione, non è richiesta una motivazione specifica e dettagliata per ogni singolo aumento, specialmente se di lieve entità. Si ritiene che il giudice abbia implicitamente considerato tutti gli elementi del caso nel suo complesso.

Infine, anche la decisione di considerare equivalenti le circostanze attenuanti e quelle aggravanti (il cosiddetto giudizio di bilanciamento) può essere motivata in modo sintetico, facendo riferimento anche a uno solo dei parametri dell’art. 133 c.p., ritenuto prevalente.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione della Suprema Corte conferma la difficoltà di ottenere una riforma della pena in sede di Cassazione. Il ricorso non può trasformarsi in una terza istanza di merito dove ridiscutere l’adeguatezza della sanzione. Per avere successo, la difesa deve dimostrare un vizio macroscopico nella motivazione della pena, come un’evidente contraddizione, un’illogicità manifesta o una totale assenza di giustificazione, e non semplicemente sostenere che una pena più mite sarebbe stata più giusta. L’ordinanza serve quindi da monito: la discrezionalità del giudice di merito, se esercitata entro i binari della logica e della legge, è e rimane insindacabile in sede di legittimità.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, la graduazione della pena è una decisione discrezionale del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo se la motivazione è totalmente assente, manifestamente illogica o frutto di un errore di diritto, non per un mero disaccordo sulla misura della pena.

Un giudice deve sempre motivare dettagliatamente perché ha scelto una certa pena?
Non sempre. Secondo l’ordinanza, se la pena è inferiore alla media prevista dalla legge, il giudice può usare espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’, poiché si ritiene che abbia implicitamente considerato i criteri dell’art. 133 del codice penale.

Cosa significa che un ricorso è dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito perché i motivi proposti non rientrano tra quelli consentiti dalla legge per un ricorso in Cassazione. La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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