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Motivazione della pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 14 gennaio 2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso contro la decisione della Corte d’Appello di Bologna. Il caso riguardava la contestazione sulla congruità di un aumento di pena. La Suprema Corte ha chiarito che la motivazione della pena non richiede una giustificazione specifica e dettagliata quando la sanzione finale è inferiore alla media edittale, confermando l’ampia discrezionalità del giudice di merito.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della Pena: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Ricorso

La motivazione della pena rappresenta un momento cruciale del processo penale, in cui il giudice spiega le ragioni che lo hanno portato a determinare una specifica sanzione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione sui limiti entro cui tale motivazione può essere contestata. Con la decisione del 14 gennaio 2025, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile un ricorso che criticava la congruità di un aumento di pena, stabilendo un principio chiaro sulla discrezionalità del giudice di merito.

Il Contesto: Un Ricorso contro la Determinazione della Pena

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna del 22 maggio 2024. Il ricorrente lamentava l’inadeguatezza della motivazione relativa a un “congruo aumento” della pena, ritenendola troppo generica. La difesa sosteneva che la Corte territoriale non avesse esplicitato a sufficienza le ragioni dell’aumento sanzionatorio, limitandosi a formule di stile.

La Decisione della Cassazione sulla Motivazione della Pena

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno sottolineato un principio fondamentale: l’obbligo di motivazione da parte del giudice di merito è attenuato in determinate circostanze. In particolare, quando la pena finale irrogata si colloca in una fascia inferiore alla media edittale, non è richiesta una giustificazione analitica e dettagliata per ogni singolo aspetto della commisurazione.

Esercizio Corretto della Discrezionalità Giudiziaria

Secondo la Cassazione, i giudici d’appello avevano esercitato correttamente la loro discrezionalità. Essi avevano ampiamente esplicitato le ragioni del loro convincimento all’interno della sentenza (in particolare, a pagina 3 della motivazione), rendendo così l’aumento di pena giustificato e comprensibile nel quadro generale della decisione. La Corte ha quindi ribadito che il compito di valutare la congruità della pena spetta primariamente al giudice di merito, e il suo giudizio può essere sindacato in sede di legittimità solo in caso di vizi logici evidenti o di violazioni di legge, non per una semplice divergenza di valutazione.

La Condanna alle Spese Processuali

Come conseguenza della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione accessoria è prevista per scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori.

Le Motivazioni

Le motivazioni alla base della decisione della Suprema Corte sono lineari e si fondano su un orientamento consolidato. Il punto centrale è che non è necessaria una motivazione della pena specifica e dettagliata quando la sanzione si attesta su livelli inferiori alla media prevista dalla legge per quel reato. In questi casi, si presume che il giudice abbia tenuto conto di tutti gli elementi previsti dalla legge, optando per una pena mite. L’uso di espressioni come “congruo aumento” è ritenuto sufficiente, poiché la discrezionalità del giudice di merito è ampia e il suo esercizio non richiede una minuziosa spiegazione per ogni frazione di pena inflitta. I giudici hanno ritenuto che il merito della decisione fosse stato adeguatamente ponderato e giustificato nelle pagine della sentenza impugnata, rendendo il ricorso privo di fondamento.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza il principio della discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena e definisce i confini del sindacato di legittimità. Per gli operatori del diritto, emerge chiaramente che un ricorso in Cassazione basato unicamente sulla generica contestazione della congruità della pena ha scarse probabilità di successo, specialmente se la sanzione è inferiore alla media edittale. È necessario, invece, individuare vizi logici manifesti o errori di diritto nella motivazione per poter sperare in un annullamento. Questa pronuncia serve da monito a evitare impugnazioni pretestuose, che non solo non trovano accoglimento, ma comportano anche significative conseguenze economiche per il ricorrente.

Quando un ricorso sulla motivazione della pena viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando contesta la congruità della pena senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge, specialmente se la sanzione applicata è inferiore alla media edittale.

È sempre necessaria una motivazione specifica e dettagliata per un aumento di pena?
No, non è sempre necessaria. La Corte di Cassazione ha specificato che una motivazione dettagliata non è richiesta quando la pena irrogata dal giudice di merito risulta inferiore alla media edittale prevista per il reato.

Cosa implica la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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