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Motivazione della pena: quando il giudice non deve spiegare

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso sulla motivazione della pena per detenzione di stupefacenti. Viene ribadito il principio secondo cui, per pene inferiori alla media edittale, non è richiesta una motivazione analitica, essendo sufficiente il richiamo alla congruità della sanzione applicata.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della Pena: Obbligo Rafforzato o Sintetico? La Cassazione Chiarisce

L’obbligo di motivazione della pena è un pilastro del nostro sistema giudiziario, garantendo che la decisione del giudice sia trasparente e controllabile. Tuttavia, la profondità di tale motivazione non è sempre la stessa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 18704/2024) ci offre un’importante occasione per fare chiarezza su quando un giudice può limitarsi a una motivazione sintetica e quando, invece, è tenuto a un’analisi più dettagliata.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti (hashish), emessa dal Tribunale di Torino. La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte d’Appello, che ribadiva la colpevolezza dell’imputato e la congruità del trattamento sanzionatorio.

Non soddisfatto della decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge proprio con riferimento alla determinazione della pena. A suo avviso, i giudici di merito non avevano adeguatamente spiegato le ragioni che li avevano portati a quantificare la sanzione in quel modo.

La Questione della Motivazione della Pena nel Ricorso

Il ricorrente contestava il trattamento sanzionatorio, ritenendo che i giudici d’appello avessero confermato la pena di primo grado senza fornire un’adeguata spiegazione. La difesa sosteneva, in sostanza, che la Corte territoriale si fosse limitata a una conferma acritica, violando così l’obbligo di motivare in modo specifico e puntuale la quantificazione della pena.

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto il ricorso inammissibile, qualificando la doglianza come ‘reiterativa e manifestamente infondata’. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione.

L’Analisi della Suprema Corte

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio giurisprudenziale consolidato, fondamentale per comprendere i limiti dell’obbligo di motivazione del giudice in materia di pena.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione risiede in un importante precedente (Cass. n. 46412/2015), richiamato dagli Ermellini. Secondo tale orientamento, quando un giudice irroga una pena inferiore alla ‘media edittale’ (cioè al punto medio tra il minimo e il massimo previsti dalla legge per quel reato), non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata.

In questi casi, è sufficiente che il giudice faccia riferimento al criterio generale di ‘adeguatezza della pena’. Questo richiamo, anche se sintetico, si considera comprensivo di una valutazione di tutti gli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.).

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha osservato che, nonostante la pena fosse stata fissata poco sopra il minimo legale e quindi ben al di sotto della media edittale, i giudici d’appello avevano comunque fornito una motivazione tutt’altro che sintetica. Avevano infatti valorizzato elementi concreti come:

1. Il quantitativo di sostanza stupefacente detenuta.
2. La personalità negativa del ricorrente, desunta anche da un precedente specifico.

Questo percorso argomentativo è stato giudicato ‘del tutto incensurabile’ in sede di legittimità, rendendo il ricorso palesemente infondato. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che l’obbligo di motivazione della pena è modulato in base alla sua entità. Per pene contenute entro la media edittale, il giudice può adempiere al suo obbligo con una motivazione sintetica, basata sul principio di adeguatezza. L’obbligo di una motivazione più analitica e puntuale scatta, invece, quando la pena si discosta significativamente dal minimo legale o si avvicina al massimo. Questa decisione comporta l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, in questo caso quantificata in tremila euro.

Quando un giudice non è tenuto a fornire una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
Secondo la Cassazione, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione quando la pena irrogata si colloca al di sotto della media edittale (il valore intermedio tra il minimo e il massimo previsti dalla legge). In tali casi, è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena.

Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per confermare la pena in questo caso specifico?
Nonostante lo scostamento dal minimo edittale fosse modesto, la Corte d’Appello ha motivato la sua decisione valorizzando sia il quantitativo di droga detenuta dall’imputato, sia la sua personalità negativa, tenendo conto anche di un precedente specifico.

Qual è stata la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
L’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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