Motivazione della Pena: Quando il Giudice Può Essere Sintetico?
La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice esercita un potere discrezionale guidato dai criteri dell’art. 133 del codice penale. Ma fino a che punto deve spingersi l’obbligo di motivazione della pena? Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo dovere, specialmente quando la sanzione si attesta su livelli minimi. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato per il reato di ricettazione e altri reati collegati, ha presentato ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di ricorso riguardava la presunta carenza di motivazione nella determinazione della pena inflitta. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente spiegato le ragioni che li avevano portati a quantificare la sanzione in quel modo specifico.
La Discrezionalità del Giudice e la Motivazione della Pena
Il cuore della questione ruota attorno all’interpretazione dell’obbligo di motivazione. L’imputato sosteneva che la Corte d’Appello avesse violato questo principio. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. La Suprema Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, facendo leva su un principio di economia processuale e logica giuridica.
Quando la Spiegazione Dettagliata non è Necessaria
La Cassazione ha chiarito che non è sempre necessaria una motivazione specifica e dettagliata sui criteri dell’art. 133 c.p. che hanno guidato la decisione del giudice. Un obbligo di spiegazione analitica sorge soltanto quando la pena inflitta è di gran lunga superiore alla misura media di quella prevista dalla legge per quel reato (la cosiddetta pena edittale).
Nel caso di specie, la situazione era opposta: la pena base per il reato più grave (ricettazione) era stata fissata in una misura molto vicina al minimo legale. Inoltre, gli aumenti per i reati satellite, uniti dal vincolo della continuazione, erano stati estremamente contenuti (pari a 1/30 della pena base per ciascuno).
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha affermato che, in presenza di una pena così mite, è implicitamente dimostrato che il giudice ha tenuto conto in modo positivo di tutti gli elementi favorevoli all’imputato. Pretendere una spiegazione dettagliata sul perché non sia stata applicata una pena ancora più bassa sarebbe irragionevole. In sostanza, quando la sanzione è prossima al minimo, si presume che il giudice abbia valutato le circostanze nel modo più favorevole possibile al reo. Di conseguenza, non si può configurare alcun abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 133 del codice penale. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rafforza un importante principio: l’obbligo di motivazione del giudice deve essere proporzionato all’entità della pena inflitta. Per sanzioni vicine al minimo edittale, una motivazione sintetica o implicita è sufficiente, poiché la scelta stessa della pena dimostra una valutazione positiva delle circostanze. Al contrario, una pena severa, che si discosta notevolmente dalla media, richiede un apparato argomentativo robusto e dettagliato. Questa distinzione garantisce un equilibrio tra il diritto di difesa dell’imputato a comprendere le ragioni della condanna e l’efficienza dell’amministrazione della giustizia.
Quando un giudice deve fornire una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
Secondo la Corte di Cassazione, una spiegazione specifica e dettagliata del ragionamento è necessaria soltanto quando la pena applicata è di gran lunga superiore alla misura media di quella prevista dalla legge per quel reato.
Se la pena è vicina al minimo legale, è richiesta una motivazione specifica?
No. Se la pena base è prossima al minimo edittale, non è necessaria una motivazione specifica, poiché si presume che il giudice abbia già considerato gli elementi nel modo più favorevole possibile all’imputato.
Un aumento di pena molto contenuto per reati in continuazione costituisce un abuso del potere del giudice?
No. La Corte ha stabilito che, in caso di aumenti di esigua entità (nel caso specifico, 1/30 della pena base), è escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale del giudice previsto dall’art. 133 del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5657 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 30/01/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5657 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CASSINO il 22/02/1979 avverso la sentenza del 11/06/2024 della Corte d’appello di Roma dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nell’unico motivo di ricorso sono manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, secondo cui non Ł necessaria una specifica e dettagliata motivazione di quali siano i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. che hanno ispirato la decisione, essendo necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 2, Sentenza n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243), e nel caso in esame la pena base inflitta per il reato piø grave di ricettazione Ł prossima al minimo edittale, e gli aumenti per la continuazione con i reati satellite sono contenuti, per ciascuno di essi, in 1/30 della pena base, ed in caso di aumenti di esigua entità Ł escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 133 cod. pen. (Sez. 6, Sentenza n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005); Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 30/01/2025
Il Consigliere estensore