Motivazione della Pena: Quando Meno è Davvero Abbastanza secondo la Cassazione
L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giudiziari è un pilastro del nostro ordinamento, ma la sua estensione può variare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 3863/2024) chiarisce i confini di tale obbligo in un ambito cruciale: la quantificazione della pena. La decisione offre un’importante lezione pratica sulla motivazione della pena, spiegando quando un giudice può limitarsi a un richiamo sintetico ai criteri di legge senza incorrere in vizi censurabili.
Il Caso in Esame
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. La difesa lamentava, in primo luogo, un’insufficiente motivazione in merito alla quantità di pena inflitta, ritenuta sproporzionata. In secondo luogo, contestava il mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena.
L’imputato sosteneva che i giudici di merito non avessero adeguatamente spiegato le ragioni che li avevano portati a determinare una pena in quella specifica misura, limitandosi a un generico riferimento ai criteri legali.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici di legittimità hanno confermato la decisione della Corte d’Appello, ritenendo la motivazione fornita pienamente adeguata e priva di vizi logici, sulla base di principi giurisprudenziali ormai consolidati.
L’obbligo di motivazione della pena e i suoi limiti
Il cuore della decisione risiede nel primo motivo di ricorso. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’obbligo di una motivazione specifica e dettagliata sulla congruità della pena si attenua progressivamente man mano che la sanzione si avvicina al minimo edittale previsto dalla legge per quel reato.
Nel caso di specie, la pena inflitta era ‘ben al di sotto della media edittale’, ovvero molto più vicina al minimo che al massimo. In queste circostanze, secondo la Corte, il mero richiamo ai ‘criteri di cui all’art. 133 cod. pen.’ è sufficiente a costituire una motivazione adeguata. Non è necessario che il giudice analizzi partitamente ogni singolo elemento (la gravità del danno, l’intensità del dolo, la capacità a delinquere, etc.), poiché la scelta di una pena mite già implica una valutazione complessivamente favorevole all’imputato.
Il Diniego della Sospensione Condizionale
Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha osservato che la decisione di negare la sospensione condizionale era supportata da argomenti logici, basati sulla valutazione complessiva degli stessi elementi considerati per il trattamento sanzionatorio, come il diniego delle attenuanti generiche. Trattandosi di un apprezzamento discrezionale del giudice di merito, basato su una valutazione congiunta di tutti gli elementi, non è censurabile in sede di legittimità se non per vizi macroscopici di logica, qui non riscontrati.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento pratico. Conferma che non ogni sentenza con una motivazione della pena sintetica è automaticamente viziata. Il vero discrimine è la collocazione della pena inflitta all’interno della cornice edittale. Se un giudice decide di applicare una sanzione contenuta e vicina al minimo, si presume che abbia già considerato positivamente gli elementi dell’art. 133 c.p., rendendo superflua una loro analitica esposizione. Di contro, una pena che si discosta significativamente dal minimo, avvicinandosi alla media o al massimo, richiederà un onere motivazionale molto più stringente e dettagliato. Questa pronuncia, quindi, orienta la strategia difensiva: un’impugnazione sulla quantificazione della pena avrà maggiori possibilità di successo se la sanzione è severa e la motivazione scarna, mentre sarà quasi certamente destinata all’insuccesso nel caso opposto.
Quando è sufficiente una motivazione sintetica per la quantificazione della pena?
Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione sintetica, anche con il solo richiamo ai criteri dell’art. 133 c.p., è sufficiente quando la pena inflitta si colloca ben al di sotto della media edittale, ovvero è di gran lunga più vicina al minimo che al massimo previsto dalla legge.
Perché il richiamo all’art. 133 c.p. può bastare per una pena mite?
Perché, secondo un principio consolidato, la scelta di applicare una pena vicina al minimo legale implica di per sé una valutazione positiva degli elementi contenuti nell’art. 133 c.p. (come la gravità del fatto e la capacità a delinquere del reo), rendendo superflua una loro analisi dettagliata nella motivazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3863 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3863 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/04/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui la difesa censura la quantificazione della pen è manifestamente infondato in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità e che, comunque, ha portato la Corte a confermare il trattamento sanzionatorio stabilito dal prim giudice in termini che si collocano ben al di sotto della media edittale, essendo assolutamen consolidato il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena di gran lunga p vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai “criteri di cui all’art. 133 cod. realizza una motivazione sufficiente per dar conto dell’adeguatezza della pena all’entità del fat invero, l’obbligo della motivazione, in ordine alla congruità della pena inflitta, tanto più si quanto più la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (cfr., in tal senso, tante, Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, COGNOME, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464); nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittal non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficient il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui 133 cod. pen. (cfr., Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288, in cui la Corte ha peraltro precisato che la media edittale deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, m dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo);
ritenuto che il secondo motivo del ricorso attinge la decisione con cui la Corte ha escluso riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena sorreggendo, tuttavia, la sua decisione con argomenti che, avuto riguardo alla complessiva valutazione della congruità del trattamento sanzionatorio (cfr., ad esempio, pag. 3 in punto di diniego delle circostan attenuanti generiche), non sono censurabili in questa sede, tenuto conto della natura discrezionale dell’apprezzamento, affidato ad una congiunta e complessiva considerazione di tutti gli elementi evocati dall’art. 133 cod. pen..
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5/12/2023
Il Consigliere Estensore
COGNOME
Il Pres COGNOME nte