Motivazione della Pena: La Cassazione e il Principio di Proporzionalità
L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è un cardine del nostro ordinamento. Tuttavia, la sua estensione può variare a seconda del contesto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. 7, Ord. n. 3871/2024) offre un’importante delucidazione sulla motivazione della pena, specificando quando un giudice può limitarsi a un richiamo sintetico ai criteri di legge senza incorrere in un vizio di legittimità. Il caso analizzato riguarda il ricorso di due imputati che lamentavano l’eccessività della sanzione inflitta loro dalla Corte d’Appello di Torino.
I Fatti Processuali
Due soggetti, condannati in secondo grado, presentavano ricorso per Cassazione. L’unico motivo di doglianza era l’eccessività del trattamento sanzionatorio, ritenuto sproporzionato. Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello non aveva adeguatamente giustificato la quantificazione della pena. La questione è giunta quindi al vaglio della Suprema Corte, chiamata a verificare se la motivazione fornita dal giudice di merito fosse sufficiente a giustificare la pena inflitta.
La Decisione della Suprema Corte e la Motivazione della Pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendo il motivo proposto manifestamente infondato e generico. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire un principio giurisprudenziale consolidato in materia di motivazione della pena. Il fulcro della decisione risiede nell’idea che l’obbligo di motivazione da parte del giudice è inversamente proporzionale alla vicinanza della pena al minimo edittale previsto dalla legge per quel reato.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che, quando un giudice irroga una pena molto più vicina al minimo che al massimo previsto dalla norma, il semplice richiamo ai “criteri di cui all’art. 133 del codice penale” è considerato una motivazione sufficiente. Questo perché una pena mite implicitamente dimostra che il giudice ha tenuto conto degli elementi favorevoli all’imputato. L’obbligo di una motivazione più dettagliata e specifica si accentua, invece, man mano che la pena si allontana dal minimo per avvicinarsi alla media o al massimo edittale.
Nel provvedimento, la Cassazione ha anche precisato un punto tecnico importante: come calcolare la “media edittale”. Non si tratta semplicemente di dimezzare la pena massima, ma di calcolare l’intervallo tra minimo e massimo, dividerlo per due e aggiungere il risultato al minimo. Questo calcolo fornisce un punto di riferimento più accurato per valutare la severità della pena.
Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato generico anche perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuove critiche specifiche contro la logicità della sentenza impugnata. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno alla cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento pragmatico della giurisprudenza di legittimità. Da un lato, si garantisce che le pene più severe siano supportate da una giustificazione robusta e analitica. Dall’altro, si evita di appesantire il lavoro dei giudici con l’obbligo di redigere motivazioni prolisse per sanzioni che, essendo vicine al minimo, sono già di per sé indicative di una valutazione mite della condotta. Per gli avvocati, ciò rappresenta un chiaro monito: un ricorso basato unicamente sulla presunta eccessività della pena ha scarse probabilità di successo se la sanzione è contenuta e il motivo di ricorso non evidenzia specifiche e manifeste illogicità nel ragionamento del giudice.
Quando un giudice può fornire una motivazione sintetica per la pena inflitta?
Secondo la Corte, una motivazione sintetica, anche con il solo richiamo all’art. 133 c.p., è sufficiente quando la pena irrogata è di gran lunga più vicina al minimo edittale che al massimo. L’obbligo di una motivazione dettagliata aumenta quanto più la pena si allontana da tale minimo.
Cosa succede se un ricorso contro la misura della pena è considerato generico?
Se il ricorso è generico, ad esempio perché si limita a riproporre le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice precedente, viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
Come si calcola la ‘media edittale’ di una pena secondo la Cassazione?
La media edittale non si ottiene dimezzando il massimo della pena. Si calcola individuando il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale, dividendo questo numero per due e aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo edittale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3871 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3871 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/03/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
letto il ricorso, unico, proposto nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME, ritenuto che il motivo di ricorso, che contesta l’eccessività del trattamento sanzionatorio è generico perché fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame; è d’altra parte assolutamente consolidato il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai “criteri di cui all’art. 133 cod. pen.” realizza una motiv sufficiente per dar conto dell’adeguatezza della pena all’entità del fatto; invero, l’obbligo motivazione, in ordine alla congruità della pena inflitta, tanto più si attenua quanto più la p in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 1, del 05/05/1995, Brachet, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464); nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al crit di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. ( Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288, in cui la Corte ha peraltro precisato che la media edittale deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo);
considerato pertanto che i ricorsi vanno dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Roma 5/12/2023
Il Consigliere est.
Il Pre idente