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Motivazione della pena: quando è sufficiente?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21623/2025, ha respinto il ricorso di un’imputata condannata per furto aggravato. La ricorrente lamentava una carenza nella motivazione della pena. La Corte ha stabilito che, qualora la pena inflitta sia inferiore alla media edittale, non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata, essendo sufficiente un richiamo al criterio di adeguatezza, che implicitamente considera gli elementi dell’art. 133 c.p.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della Pena: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Obbligo del Giudice

L’adeguata motivazione della pena è un pilastro del nostro sistema giudiziario, garantendo che ogni decisione sia ponderata e trasparente. Tuttavia, fino a che punto deve spingersi il giudice nel dettaglio? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, chiarendo i confini dell’obbligo di motivazione quando la sanzione si colloca al di sotto della media edittale. Analizziamo il caso e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per il reato di furto aggravato (artt. 624 e 625 c.p.). La Corte d’Appello di Venezia aveva confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Rovigo, condannando l’imputata alla pena di due anni e tre mesi di reclusione. Ritenendo la pena ingiusta e la sua quantificazione non sufficientemente giustificata, l’imputata ha deciso di proporre ricorso per cassazione.

Il Ricorso e la questione della motivazione della pena

Il fulcro del ricorso verteva su un unico, ma cruciale, motivo: la violazione di legge in relazione all’erronea applicazione dei criteri di commisurazione della pena, stabiliti dagli articoli 133 e 133-bis del codice penale. Secondo la difesa, i giudici di merito non avevano fornito una giustificazione specifica e dettagliata per la pena inflitta, limitandosi a formule generiche. Questo, a dire della ricorrente, rappresentava un vizio che avrebbe dovuto portare all’annullamento della sentenza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, offrendo una chiara lezione sui limiti dell’obbligo di motivazione in materia di sanzioni penali.

L’obbligo di motivazione e la “Media Edittale”

Il punto centrale della decisione risiede nel rapporto tra l’entità della pena e il livello di dettaglio richiesto nella motivazione. La Corte ha ribadito un principio consolidato: non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione quando la pena irrogata si colloca al di sotto della “media edittale”, ovvero il valore intermedio tra il minimo e il massimo previsti dalla legge per quel reato.

L’obbligo di una giustificazione analitica scatta, invece, quando il giudice intende discostarsi in modo significativo dal minimo edittale. In tal caso, egli ha il dovere di esplicitare i criteri oggettivi e soggettivi (elencati nell’art. 133 c.p.) che lo hanno guidato nella sua scelta discrezionale.

Il Principio di Adeguatezza come Motivazione Implicita

Nel caso di specie, la pena era inferiore alla media edittale. In queste circostanze, secondo la Suprema Corte, è sufficiente che il giudice faccia riferimento al criterio di “adeguatezza della pena”. Questo concetto, infatti, contiene implicitamente la valutazione di tutti gli elementi previsti dall’art. 133 c.p., senza la necessità di una loro disamina puntuale. Inoltre, la Corte ha sottolineato che il parametro valutativo può essere desunto dall’intero impianto argomentativo della sentenza, non solo dalla sezione dedicata alla quantificazione della pena.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione richiamando una serie di precedenti giurisprudenziali conformi (tra cui Cass. n. 29968/2019 e Cass. n. 46412/2015). Ha evidenziato come nel caso specifico la pena base fosse stata fissata nel minimo e l’aumento per la recidiva fosse stato “assolutamente contenuto”. Questi due elementi, combinati con il fatto che la pena finale fosse inferiore alla media edittale, rendevano la motivazione fornita dalla Corte d’Appello del tutto adeguata e immune da censure. Il principio affermato è che l’onere motivazionale del giudice è direttamente proporzionale all’entità della pena inflitta rispetto ai limiti edittali: più ci si allontana dal minimo, maggiore è il dettaglio richiesto; viceversa, per pene vicine al minimo o sotto la media, una motivazione sintetica è pienamente legittima.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Per la difesa, significa che contestare la misura della pena diventa più complesso quando questa è contenuta entro la media edittale. Non basta lamentare una motivazione generica, ma occorre dimostrare l’irragionevolezza o la manifesta illogicità del giudizio di adeguatezza espresso dal giudice. Per i giudici, conferma la possibilità di redigere motivazioni più snelle in casi di minore gravità sanzionatoria, concentrando l’impegno argomentativo sulle decisioni che si discostano maggiormente dai minimi di legge, in un’ottica di economia processuale e di proporzionalità.

È sempre necessaria una motivazione dettagliata per la quantificazione della pena?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione specifica e dettagliata non è necessaria quando la pena irrogata è al di sotto della media edittale. Lo diventa quanto più il giudice si discosta dal minimo previsto dalla legge.

Cosa si intende per “pena al di sotto della media edittale”?
Significa che la pena concreta inflitta dal giudice è inferiore al punto medio tra il minimo e il massimo della pena che la legge stabilisce per quel reato. Ad esempio, se un reato è punito da 2 a 6 anni, la media è 4 anni; una pena di 3 anni è sotto la media edittale.

Perché in questo caso la Cassazione ha ritenuto adeguata la motivazione del giudice?
La Corte ha ritenuto la motivazione adeguata perché la pena base era stata fissata al minimo, l’aumento per la recidiva era molto contenuto e la pena finale era inferiore alla media edittale. In tali circostanze, il richiamo al criterio di adeguatezza è stato considerato sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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