Motivazione della Pena: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Obbligo del Giudice
L’adeguata motivazione della pena è un pilastro del nostro sistema giudiziario, garantendo che ogni decisione sia ponderata e trasparente. Tuttavia, fino a che punto deve spingersi il giudice nel dettaglio? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, chiarendo i confini dell’obbligo di motivazione quando la sanzione si colloca al di sotto della media edittale. Analizziamo il caso e le importanti conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna per il reato di furto aggravato (artt. 624 e 625 c.p.). La Corte d’Appello di Venezia aveva confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Rovigo, condannando l’imputata alla pena di due anni e tre mesi di reclusione. Ritenendo la pena ingiusta e la sua quantificazione non sufficientemente giustificata, l’imputata ha deciso di proporre ricorso per cassazione.
Il Ricorso e la questione della motivazione della pena
Il fulcro del ricorso verteva su un unico, ma cruciale, motivo: la violazione di legge in relazione all’erronea applicazione dei criteri di commisurazione della pena, stabiliti dagli articoli 133 e 133-bis del codice penale. Secondo la difesa, i giudici di merito non avevano fornito una giustificazione specifica e dettagliata per la pena inflitta, limitandosi a formule generiche. Questo, a dire della ricorrente, rappresentava un vizio che avrebbe dovuto portare all’annullamento della sentenza.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, offrendo una chiara lezione sui limiti dell’obbligo di motivazione in materia di sanzioni penali.
L’obbligo di motivazione e la “Media Edittale”
Il punto centrale della decisione risiede nel rapporto tra l’entità della pena e il livello di dettaglio richiesto nella motivazione. La Corte ha ribadito un principio consolidato: non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione quando la pena irrogata si colloca al di sotto della “media edittale”, ovvero il valore intermedio tra il minimo e il massimo previsti dalla legge per quel reato.
L’obbligo di una giustificazione analitica scatta, invece, quando il giudice intende discostarsi in modo significativo dal minimo edittale. In tal caso, egli ha il dovere di esplicitare i criteri oggettivi e soggettivi (elencati nell’art. 133 c.p.) che lo hanno guidato nella sua scelta discrezionale.
Il Principio di Adeguatezza come Motivazione Implicita
Nel caso di specie, la pena era inferiore alla media edittale. In queste circostanze, secondo la Suprema Corte, è sufficiente che il giudice faccia riferimento al criterio di “adeguatezza della pena”. Questo concetto, infatti, contiene implicitamente la valutazione di tutti gli elementi previsti dall’art. 133 c.p., senza la necessità di una loro disamina puntuale. Inoltre, la Corte ha sottolineato che il parametro valutativo può essere desunto dall’intero impianto argomentativo della sentenza, non solo dalla sezione dedicata alla quantificazione della pena.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione richiamando una serie di precedenti giurisprudenziali conformi (tra cui Cass. n. 29968/2019 e Cass. n. 46412/2015). Ha evidenziato come nel caso specifico la pena base fosse stata fissata nel minimo e l’aumento per la recidiva fosse stato “assolutamente contenuto”. Questi due elementi, combinati con il fatto che la pena finale fosse inferiore alla media edittale, rendevano la motivazione fornita dalla Corte d’Appello del tutto adeguata e immune da censure. Il principio affermato è che l’onere motivazionale del giudice è direttamente proporzionale all’entità della pena inflitta rispetto ai limiti edittali: più ci si allontana dal minimo, maggiore è il dettaglio richiesto; viceversa, per pene vicine al minimo o sotto la media, una motivazione sintetica è pienamente legittima.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Per la difesa, significa che contestare la misura della pena diventa più complesso quando questa è contenuta entro la media edittale. Non basta lamentare una motivazione generica, ma occorre dimostrare l’irragionevolezza o la manifesta illogicità del giudizio di adeguatezza espresso dal giudice. Per i giudici, conferma la possibilità di redigere motivazioni più snelle in casi di minore gravità sanzionatoria, concentrando l’impegno argomentativo sulle decisioni che si discostano maggiormente dai minimi di legge, in un’ottica di economia processuale e di proporzionalità.
È sempre necessaria una motivazione dettagliata per la quantificazione della pena?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione specifica e dettagliata non è necessaria quando la pena irrogata è al di sotto della media edittale. Lo diventa quanto più il giudice si discosta dal minimo previsto dalla legge.
Cosa si intende per “pena al di sotto della media edittale”?
Significa che la pena concreta inflitta dal giudice è inferiore al punto medio tra il minimo e il massimo della pena che la legge stabilisce per quel reato. Ad esempio, se un reato è punito da 2 a 6 anni, la media è 4 anni; una pena di 3 anni è sotto la media edittale.
Perché in questo caso la Cassazione ha ritenuto adeguata la motivazione del giudice?
La Corte ha ritenuto la motivazione adeguata perché la pena base era stata fissata al minimo, l’aumento per la recidiva era molto contenuto e la pena finale era inferiore alla media edittale. In tali circostanze, il richiamo al criterio di adeguatezza è stato considerato sufficiente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21623 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21623 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nata in ROMANIA il 19/08/1993
avverso la sentenza del 09/05/2024 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME propone ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, che ha confermato quella del Tribunale di Rovigo per il reato di cui agli artt. 624, 625 comma 1 n.4 cod. pen., con condanna della ricorrente alla pena di anni 2 mesi 3 di reclusione;
Considerato che il primo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge in relazione per erronea applicazione dei criteri di cui agli artt. 133 e 133 bis. – è manifestamente infondat in quanto non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01). Infatti, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio .del proprio potere discrezionale indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 cod. p quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, COGNOME 241189); tuttavia, nel caso in cui venga irrogata, come nel caso in esame, una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283), ovvero se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argonnentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 267949); nel caso in esame la pena base è stata determinata nel minimo e l’aumento per la recidiva è assolutamente contenuto, cosicché la motivazione offerta dalla Corte territoriale è adeguata;
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Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 maggio 2025
Il Consig iere estensore
Il Presidente