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Motivazione della pena: quando è sufficiente?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in materia di stupefacenti, cogliendo l’occasione per ribadire un principio fondamentale sulla motivazione della pena. Secondo la Corte, per una valida giustificazione della sanzione, è sufficiente che il giudice indichi l’elemento ritenuto prevalente ai sensi dell’art. 133 c.p., senza dover analizzare ogni singolo aspetto favorevole o sfavorevole. Il ricorso è stato considerato un tentativo di riesaminare il merito dei fatti, compito non spettante alla Cassazione.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della Pena: Il Principio di Prevalenza secondo la Cassazione

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha offerto un’importante occasione per fare chiarezza su un aspetto cruciale del processo penale: la motivazione della pena. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno ribadito un principio consolidato, secondo cui non è necessaria un’analisi minuziosa di tutti gli elementi favorevoli e sfavorevoli all’imputato per giustificare la sanzione inflitta. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Corte.

Il Caso in Esame: Ricorso per Spaccio di Stupefacenti

Il procedimento nasce dal ricorso di un individuo condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello lamentando due aspetti principali:
1. La mancata riqualificazione del reato in un’ipotesi di lieve entità (prevista dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90).
2. Un trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo e non adeguatamente motivato.

L’imputato sosteneva che i fatti dovessero essere considerati meno gravi, ma la sua tesi si è scontrata con la valutazione della Suprema Corte.

La Decisione della Corte e la Motivazione della Pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure della difesa infondate. L’analisi dei giudici si è concentrata su due punti chiave, confermando la correttezza della decisione dei giudici di merito.

La Riqualificazione del Reato: Una Semplice Rivalutazione dei Fatti

In merito alla richiesta di derubricare il reato a fatto di lieve entità, la Corte ha osservato che le argomentazioni della difesa costituivano una mera rivalutazione dei dati già esaminati. I giudici di merito avevano correttamente valorizzato elementi negativi come la quantità di droga, la disponibilità di una somma di denaro consistente e di strumenti per la pesatura. Tali elementi, uniti alla reiterazione delle condotte criminali in un breve lasso di tempo, delineavano un quadro di attività di spaccio consolidata e non occasionale, incompatibile con l’ipotesi lieve.

I Criteri per una Corretta Motivazione della Pena

Il punto centrale della decisione riguarda la censura sul trattamento sanzionatorio. La Corte ha richiamato un insegnamento storico e mai superato delle Sezioni Unite (sentenza n. 5519 del 1979), secondo cui l’obbligo di motivazione sulla misura della pena è adempiuto quando il giudice indica l’elemento, tra quelli previsti dall’art. 133 del codice penale, ritenuto prevalente e di dominante rilievo.

In altre parole, non è necessario che il giudice proceda a una valutazione analitica di ogni singolo elemento, favorevole o sfavorevole. È sufficiente che, in una visione globale del caso, indichi quali fattori sono stati ritenuti decisivi per determinare la sanzione. Nel caso specifico, la pena base era stata fissata al minimo edittale e l’aumento per il reato satellite era stato giustificato dalla ripetizione ravvicinata dei fatti con modalità simili.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha ritenuto che il ricorso proposto fosse un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito, funzione che non le compete. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata logica, coerente e giuridicamente corretta. Richiamando consolidata giurisprudenza, la Cassazione ha sottolineato che il giudice non è tenuto a un’analitica disamina di tutti gli elementi, ma può limitarsi a indicare quelli ritenuti rilevanti e decisivi per la commisurazione della pena, assolvendo così al proprio obbligo di motivazione.

Conclusioni: L’Insegnamento della Suprema Corte

L’ordinanza conferma un principio di economia processuale e di chiarezza. Per una valida motivazione della pena, è sufficiente che il giudice espliciti il percorso logico seguito, evidenziando gli elementi preponderanti che hanno guidato la sua decisione. Questo approccio garantisce che la sentenza sia comprensibile e controllabile, senza appesantirla con una disamina superflua di ogni dettaglio. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Cosa deve fare un giudice per motivare correttamente la misura di una pena?
Secondo la Corte di Cassazione, è sufficiente che il giudice indichi l’elemento, tra quelli previsti dall’art. 133 del codice penale, ritenuto prevalente e di dominante rilievo. Non è necessaria una valutazione analitica di tutti gli elementi favorevoli e sfavorevoli.

Perché è stata respinta la richiesta di qualificare il reato di spaccio come di lieve entità?
La richiesta è stata respinta perché considerata una mera rivalutazione dei fatti. I giudici di merito avevano già correttamente considerato elementi come la quantità di droga, il possesso di denaro e di strumenti di pesatura come indici di un’attività di spaccio consolidata e non di lieve entità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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