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Motivazione della pena: quando è sufficiente?

Un imputato, parzialmente assolto in appello, ricorre in Cassazione lamentando la mancata riduzione della pena base. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la motivazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Una spiegazione dettagliata è richiesta solo per pene significativamente superiori alla media, mentre per quelle prossime al minimo sono sufficienti richiami a criteri di congruità.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della Pena: La Discrezionalità del Giudice e i Limiti del Ricorso

L’obbligo di fornire una adeguata motivazione della pena è uno dei pilastri del nostro sistema giudiziario, ma quali sono i suoi reali confini? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 37044 del 2024, torna a fare chiarezza sul potere discrezionale del giudice di merito nella quantificazione della sanzione e sui requisiti di ammissibilità di un ricorso che ne contesti la congruità. La decisione sottolinea come una critica generica non sia sufficiente a scalfire la valutazione del giudice, specialmente quando la pena inflitta si attesta su valori prossimi al minimo edittale.

Il Caso in Esame: Appello Dopo un’Assoluzione Parziale

La vicenda processuale trae origine dal ricorso di un imputato condannato in primo grado per tre diverse annualità di un reato previsto dal Testo Unico sulle spese di giustizia. La Corte d’Appello, in parziale riforma della prima sentenza, lo assolveva per una delle tre annualità contestate (quella del 2018), ritenuta dal primo giudice la più grave ai fini del calcolo della pena base.

Nonostante l’assoluzione, la Corte territoriale si limitava a eliminare l’aumento di pena previsto per la continuazione, mantenendo però invariata la pena base di un anno di reclusione e 600 euro di multa. Secondo il ricorrente, questa decisione era viziata da una totale assenza di motivazione, poiché, venuto meno il reato più grave, la pena base avrebbe dovuto essere ricalcolata e ridotta.

Le Doglianze del Ricorrente e la Motivazione della Pena

Il nucleo del ricorso per Cassazione si concentrava proprio sulla presunta violazione dell’obbligo di motivazione della pena. L’imputato sosteneva che la Corte d’Appello non potesse mantenere la stessa pena base fissata dal GUP senza fornire una spiegazione adeguata, dato che il presupposto di quel calcolo (la gravità del reato del 2018) era stato eliminato dalla successiva assoluzione.

In sostanza, la difesa lamentava che i giudici di secondo grado avessero omesso di riconsiderare la gravità complessiva dei fatti residui, applicando un automatismo che non teneva conto del mutato quadro accusatorio.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno chiarito che l’appello era viziato da genericità e assertività, non riuscendo a confrontarsi adeguatamente con le ragioni, seppur sintetiche, esposte dalla Corte d’Appello.

La Logicità della Motivazione della Corte d’Appello

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di Cassazione ha rilevato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente. I giudici di merito, infatti, pur discostandosi dal minimo edittale, avevano giustificato la loro decisione valorizzando la “particolare intensità della consapevolezza dell’imputato in ordine alla mancanza dei requisiti” per ottenere un beneficio, basandosi sulla dichiarazione relativa all’anno 2017. Questa autonoma valutazione, incentrata sull’elemento soggettivo del reato residuo, rendeva la decisione immune da censure, a prescindere da quale reato fosse stato inizialmente considerato più grave dal GUP.

L’Onere Motivazionale secondo la Giurisprudenza Costante

La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato: la determinazione della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito. Tale potere è insindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e non contraddittoria. Inoltre, l’obbligo di una motivazione analitica e dettagliata scatta solo quando la pena si colloca su livelli di gran lunga superiori alla media edittale. Al contrario, per pene medie o vicine al minimo, è sufficiente che il giudice richiami criteri generici come “pena congrua” o “pena equa”, poiché in tali espressioni si considerano implicitamente contenuti i parametri dell’art. 133 del codice penale.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Cassazione si fondano su tre pilastri. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché assolutamente privo di specificità, limitandosi a un’affermazione generica senza un reale confronto critico con la sentenza impugnata. In secondo luogo, la Corte d’Appello aveva adempiuto al suo onere motivazionale, ancorando la quantificazione della pena a un elemento concreto e specifico: l’intensità della consapevolezza dell’imputato. Infine, la decisione riafferma la vasta discrezionalità del giudice di merito nella dosimetria della pena, un potere che può essere sindacato solo in presenza di vizi logici evidenti, assenti nel caso di specie.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: contestare la quantificazione della pena in Cassazione richiede un’argomentazione rigorosa e puntuale. Non basta lamentare una presunta “mancanza di motivazione” se il giudice di merito ha fornito, anche sinteticamente, una giustificazione logica per la sua scelta. La discrezionalità giudiziale è ampia, e solo una critica che ne sveli l’irragionevolezza o la palese contraddittorietà può avere speranza di successo. Per gli avvocati, ciò significa costruire ricorsi che non si limitino a criticare il risultato, ma che demoliscano il percorso argomentativo seguito dal giudice.

È sempre necessario che il giudice motivi in modo dettagliato la quantificazione della pena?
No. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale. Per pene prossime al minimo, è sufficiente un richiamo a criteri di adeguatezza, equità o congruità.

Se vengo assolto in appello dal reato considerato più grave, la pena base deve essere automaticamente ridotta?
Non necessariamente. La Corte d’Appello ha il potere di procedere a una nuova e autonoma valutazione della pena per i reati residui. Può quindi mantenere la stessa pena base originaria, a condizione che fornisca una motivazione logica basata sugli elementi dei reati per cui è rimasta la condanna, come l’intensità dell’elemento soggettivo.

Cosa rende un ricorso in Cassazione sulla pena ‘inammissibile’?
Un ricorso sulla quantificazione della pena è inammissibile quando è manifestamente infondato, ovvero del tutto assertivo e privo di specificità. Deve confrontarsi criticamente con le ragioni della sentenza impugnata, evidenziando un vizio logico o una violazione di legge, e non può limitarsi a contestare la valutazione discrezionale del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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