Motivazione della Pena: Quando il Giudice Non Deve Giustificare in Modo ‘Rafforzato’
La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale. Ma fino a che punto il giudice deve spiegare nel dettaglio le ragioni della sua scelta? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 31381/2024) offre un chiarimento cruciale sulla motivazione della pena, distinguendo i casi in cui è richiesta una giustificazione analitica da quelli in cui è sufficiente un richiamo a principi generali. Approfondiamo questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche.
Il Caso in Esame: Un Ricorso per Eccessività della Pena
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di lesione personale pluriaggravato, con l’aggravante della recidiva infraquinquennale. La Corte di Appello di Milano aveva confermato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Pavia.
L’imputato ha deciso di ricorrere alla Corte di Cassazione, basando la sua impugnazione su un unico motivo: un presunto vizio di motivazione riguardo all’eccessività del trattamento sanzionatorio. In altre parole, l’imputato riteneva che la pena inflitta fosse troppo severa e che i giudici di merito non avessero adeguatamente giustificato la loro decisione.
La Decisione della Corte Suprema: Il Principio sulla Motivazione della Pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo ‘manifestamente infondato’. La decisione si basa su un principio consolidato in giurisprudenza riguardo all’obbligo di motivazione che grava sul giudice nel determinare la pena.
Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva correttamente tenuto conto delle ‘connotazioni fattuali e personali della vicenda’ per definire la sanzione. Il punto centrale dell’ordinanza, però, risiede nella distinzione tra diversi livelli di obbligo motivazionale.
Le Motivazioni
La Corte chiarisce che un obbligo di motivazione della pena ‘rafforzata’ sorge soltanto quando il giudice si discosta in modo significativo dal minimo edittale previsto dalla legge per quel reato. In questi casi, è necessario che il giudice fornisca una spiegazione dettagliata e analitica delle ragioni che lo hanno portato a infliggere una pena più severa.
Al contrario, quando la pena irrogata si colloca al di sotto della media tra il minimo e il massimo edittale, non è richiesta una giustificazione così approfondita. In tale circostanza, è considerato sufficiente il semplice richiamo al criterio di adeguatezza della pena. Questo criterio, secondo la Corte, include implicitamente la valutazione di tutti gli elementi indicati dall’articolo 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole, etc.).
Nel caso specifico, la pena inflitta non era tale da richiedere una motivazione rafforzata. Di conseguenza, il richiamo dei giudici di merito alla congruità della sanzione è stato ritenuto pienamente legittimo e sufficiente, rendendo il motivo di ricorso palesemente infondato.
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio di economia processuale e di razionalità nella stesura delle sentenze. Non ogni scelta sanzionatoria del giudice deve essere sviscerata nei minimi dettagli. La vera sfida per la difesa, quando si contesta la quantificazione della pena, è dimostrare non solo che la pena è severa, ma che lo è a tal punto da superare significativamente il minimo legale, attivando così l’onere per il giudice di fornire una giustificazione più solida e argomentata. Per i cittadini, questa decisione conferma che il sistema prevede meccanismi di bilanciamento per garantire che la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena sia esercitata entro confini ragionevoli e controllabili.
Quando un giudice è tenuto a fornire una ‘motivazione rafforzata’ per la pena inflitta?
Un giudice deve fornire una motivazione rafforzata e dettagliata solo quando la pena decisa si discosta in modo significativo dal minimo previsto dalla legge per quel reato.
Cosa è sufficiente per giustificare una pena che si colloca al di sotto della media edittale?
Per una pena inferiore alla media tra il minimo e il massimo legale, è sufficiente che il giudice faccia riferimento al criterio di ‘adeguatezza della pena’, poiché tale richiamo include implicitamente la valutazione degli elementi dell’art. 133 del codice penale.
Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile perché ‘manifestamente infondato’?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31381 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31381 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG NUMERO_DOCUMENTO/24
Rilevato che l’imputato NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che ha confermato la sentenza del Tribunale di Pavia di condanna per il reato di lesione personale pluriaggravato, con recidiva infraquinquennale;
Rilevato che l’unico motivo del ricorso – con cui il ricorrente lamenta vizio di motivazio quanto all’eccessività del trattamento sanzioNOMErio – è manifestamente infondato, giacché la Corte di appello ha dato conto delle connotazioni fattuali e personali della vicenda ch sorreggono la scelta sanzioNOMEria. D’altronde l’obbligo di una motivazione rafforzata sussiste solo allorché la pena si discosti significativamente dal minimo edittale, mentre, nel caso in c venga irrogata una pena al di sotto della media, è sufficiente il richiamo al criter adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (S 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME e altri, Rv. 256464; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, COGNOME, Rv. 245596).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 10 Aprile 2024.