Motivazione della Pena: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Discrezionalità del Giudice
La motivazione della pena rappresenta un aspetto cruciale del processo penale, garantendo che la decisione del giudice sia trasparente e ancorata a criteri legali. Ma quanto deve essere dettagliata questa motivazione? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, la n. 9537/2024, offre un importante chiarimento, ribadendo i confini della discrezionalità del giudice e i casi in cui è sufficiente una motivazione sintetica. Analizziamo insieme questa decisione.
Il Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte di Appello, che aveva confermato la sua condanna. La difesa lamentava la carenza e l’insufficienza della motivazione addotta dai giudici di merito in relazione al trattamento sanzionatorio applicato, ovvero alla determinazione della pena concreta.
Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non aveva adeguatamente spiegato le ragioni che avevano portato alla quantificazione della pena, limitandosi a considerazioni generiche. Si poneva quindi la questione di quale sia lo standard minimo che la motivazione della pena deve rispettare per essere considerata valida.
L’Analisi della Corte e la corretta Motivazione della Pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo infondate le censure mosse dalla difesa. I giudici supremi hanno osservato che la Corte di Appello aveva, in realtà, fornito una motivazione congrua. La decisione impugnata evidenziava come la misura della pena, pur non essendo superiore alla media edittale, fosse giustificata da due elementi specifici: la personalità negativa dell’imputato e l’entità del fatto commesso.
Per rafforzare il proprio ragionamento, la Cassazione ha richiamato un suo consolidato orientamento giurisprudenziale (in particolare, la sentenza n. 36104/2017). Questo principio stabilisce che la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Per assolvere all’obbligo di motivazione, è sufficiente che il giudice dia conto dei criteri previsti dall’art. 133 del codice penale, anche utilizzando espressioni sintetiche come “pena congrua”, “pena equa” o facendo riferimento alla gravità del reato o alla capacità a delinquere dell’imputato.
Le Motivazioni della Decisione
La chiave di volta della decisione risiede nella distinzione basata sull’entità della pena irrogata rispetto ai limiti previsti dalla legge. La Corte ha specificato che una spiegazione particolarmente dettagliata e analitica è necessaria solo quando la pena si discosta in modo significativo dalla media edittale, avvicinandosi o raggiungendo il massimo previsto.
Al contrario, quando la pena si attesta su valori medi o inferiori alla media, una motivazione più concisa è pienamente legittima. Questo perché si presume che il giudice abbia tenuto conto di tutti gli elementi rilevanti per giungere a una sanzione equilibrata. Nel caso di specie, la pena non era sproporzionata, e la Corte di merito aveva correttamente ancorato la sua valutazione alla personalità dell’imputato e alla natura del reato, elementi sufficienti a giustificare la scelta compiuta.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un principio di fondamentale importanza pratica: non ogni motivazione della pena sintetica è di per sé illegittima. La validità della motivazione dipende strettamente dalla collocazione della pena all’interno della cornice edittale. Per gli avvocati e gli imputati, ciò significa che un ricorso basato sulla presunta carenza di motivazione ha scarse probabilità di successo se la sanzione applicata non è eccezionalmente severa. La decisione riafferma la fiducia nell’operato del giudice di merito e nella sua capacità di calibrare la pena in modo equo, richiedendo un onere motivazionale aggravato solo in situazioni eccezionali.
Un giudice deve sempre spiegare dettagliatamente perché ha scelto una certa pena?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una spiegazione dettagliata è necessaria solo quando la pena inflitta è di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato. In caso contrario, sono sufficienti anche espressioni sintetiche.
Cosa si intende per “pena congrua” in una sentenza?
È un’espressione utilizzata dal giudice per indicare che la pena è stata ritenuta giusta, adeguata e proporzionata alla gravità del fatto e alla personalità del colpevole, in base ai criteri dell’art. 133 del codice penale.
È possibile contestare la motivazione della pena se questa non supera la media prevista dalla legge?
Sì, ma è molto difficile che il ricorso venga accolto. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in questi casi, una motivazione sintetica che faccia riferimento alla gravità del reato o alla personalità dell’imputato è sufficiente a giustificare la decisione del giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9537 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9537 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ALTAMURA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 95 d.P.R. 115/2002.
Rilevato che la difesa si duole della motivazione addotta dalla Corte di merito in relazione al trattamento sanzionatorio, deducendone la carenza e la insufficienza.
Ritenuto che il profilo riguardante la determinazione della pena in concreto irrogata è sostenuto da congrua motivazione, avendo la Corte di merito’ evidenziato come la misura della pena, non superiore alla media edittale, sia giustificata in ragione della negativa personalità dell’imputato e della entità del fatto.
Considerato che la motivazione espressa soddisfa i criteri ermeneuti stabiliti in questa sede (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243:”La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 13 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, ” pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale”).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 febbraio 2024
Il Consigliere estensore