Motivazione della pena: basta il minimo se la pena è lieve?
La motivazione della pena è uno dei pilastri del nostro sistema giudiziario, garantendo che ogni decisione del giudice sia trasparente e comprensibile. Tuttavia, fino a che punto deve spingersi il dettaglio di questa motivazione? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fornisce un chiarimento cruciale, soprattutto nei casi in cui la sanzione inflitta si avvicina al minimo previsto dalla legge. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
Il caso in esame: un ricorso generico
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. La difesa lamentava un ‘vizio di motivazione’ riguardo al trattamento sanzionatorio, ritenendo che i giudici non avessero adeguatamente spiegato le ragioni della pena inflitta, inclusi gli aumenti per la continuazione tra i reati.
L’imputato, attraverso i suoi legali, contestava la congruità della pena, ma senza fornire elementi specifici su cui basare la critica. Il ricorso, in altre parole, si limitava a una censura generica, senza individuare con precisione quali aspetti della motivazione della sentenza di secondo grado fossero errati o carenti.
La decisione della Cassazione e la motivazione della pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su due argomenti principali.
In primo luogo, il ricorso è stato giudicato ‘generico per indeterminatezza’. Secondo la Corte, per essere valido, un atto di impugnazione deve indicare chiaramente gli elementi specifici che si contestano, permettendo al giudice di comprendere i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato. In assenza di tale specificità, come richiesto dall’art. 581 del codice di procedura penale, il ricorso non può essere accolto.
In secondo luogo, ed è questo il punto di maggiore interesse, la Corte ha sottolineato che la pena base era stata calcolata ‘in prossimità del minimo edittale’. Questo aspetto è decisivo per valutare la sufficienza della motivazione della pena.
Le motivazioni della decisione
La Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: l’obbligo di motivazione sulla congruità della pena si attenua man mano che la sanzione concreta si avvicina al minimo previsto dalla legge. In questi casi, il mero richiamo ai ‘criteri di cui all’art. 133 cod. pen.’ (che riguardano la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole) è considerato sufficiente a giustificare la decisione del giudice.
Non è quindi necessario che il giudice si dilunghi in una spiegazione analitica quando sceglie di irrogare una pena di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale. La scelta stessa di rimanere nell’area più mite del ‘range’ sanzionatorio costituisce, in un certo senso, una motivazione implicita della sua adeguatezza al fatto commesso. La Corte ha citato numerosi precedenti conformi, rafforzando la stabilità di questo orientamento.
Conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti lezioni. Per gli avvocati, sottolinea la necessità di redigere ricorsi specifici e dettagliati, evitando censure generiche che rischiano di essere dichiarate immediatamente inammissibili. Per tutti i cittadini, chiarisce che il livello di dettaglio richiesto per la motivazione di una sentenza penale non è assoluto, ma varia in base alla severità della pena inflitta. Se la pena è vicina al minimo, le garanzie di trasparenza sono comunque rispettate anche con una motivazione più sintetica, poiché il giudice ha già optato per la risposta sanzionatoria meno afflittiva possibile.
Quando un ricorso contro la quantificazione della pena è considerato generico?
Un ricorso è considerato generico quando non indica gli elementi specifici che sono alla base della censura, non consentendo così al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio controllo, come previsto dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.
È sempre necessaria una motivazione molto dettagliata per la pena inflitta da un giudice?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di motivazione si attenua tanto più la pena irrogata si avvicina al minimo edittale. In questi casi, un semplice richiamo ai criteri generali dell’art. 133 del codice penale è considerato una motivazione sufficiente.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43555 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43555 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SAN MARCO IN LAMIS il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
letto il ricorso di NOME, considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui la difesa deduce vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio inflitto all’odierno ricorrente, è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che ha dato conto non soltanto della entità della pena base ma anche degli aumenti per la continuazione su cui ha reso una specifica motivazione (cfr., pag. 4 della sentenza), non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione d individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato; va anche rilevato che la pena base è stata calcolata in prossimità del minimo edittale; ed è appena i caso di ribadire il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una penai di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo a “criteri di cui all’art. 133 cod. pen.” realizza una motivazione sufficiente per dar conto dell’adeguatezza della pena all’entità del fatto; invero, l’obbligo della motivazione, in ordine alla congruità della pena inflitta, tanto più si attenua quanto più la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, COGNOME, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288, in cui la Corte ha peraltro precisato che la media edittale deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo); rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2024
Il Consigliere COGNOME
DEPOSITATA
Il Pre idente