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Motivazione della pena: quando basta il minimo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3894/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava una carenza nella motivazione della pena. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: quando la pena inflitta è notevolmente più vicina al minimo edittale che al massimo, il semplice richiamo ai criteri dell’art. 133 c.p. costituisce una motivazione sufficiente. L’obbligo di una motivazione dettagliata si attenua man mano che la sanzione si avvicina al minimo previsto dalla legge.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della Pena: La Cassazione Conferma la Sufficienza del Riferimento all’Art. 133 c.p.

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 3894 del 2024, ci offre l’occasione per approfondire un tema cruciale del diritto penale: la motivazione della pena. Spesso, la difesa contesta la congruità della sanzione inflitta, ma quando questa critica può avere successo? La Suprema Corte ha chiarito, ancora una volta, che l’obbligo di motivazione del giudice è inversamente proporzionale alla vicinanza della pena al minimo edittale. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.

Il Fatto Processuale

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Catania. Il motivo del ricorso si concentrava esclusivamente su un punto: il trattamento sanzionatorio. Secondo la difesa, i giudici di merito non avevano adeguatamente giustificato la misura della pena inflitta, violando così gli obblighi di motivazione imposti dalla legge.

La Decisione della Suprema Corte

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo ‘manifestamente infondato’. La decisione si basa su un principio giurisprudenziale ormai consolidato. I giudici hanno stabilito che il ricorso non meritava accoglimento, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Il Principio della Motivazione della Pena Vicina al Minimo

Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità. La Corte ha ribadito che l’obbligo di motivazione del giudice in ordine alla congruità della pena è modulato in base alla sua entità rispetto ai limiti edittali.

In altre parole:

1. Pena Vicina al Minimo: Se il giudice irroga una pena di gran lunga più vicina al minimo che al massimo previsto dalla norma, non è tenuto a fornire una spiegazione analitica e dettagliata. In questi casi, il mero richiamo ai ‘criteri di cui all’art. 133 del codice penale’ è considerato una motivazione sufficiente. Questo perché una pena mite è implicitamente giustificata dalla valutazione complessiva del fatto e della personalità dell’imputato.

2. Pena Sotto la Media Edittale: Anche quando la pena si colloca al di sotto del punto medio tra il minimo e il massimo edittale, non è necessaria una motivazione specifica. È sufficiente il generico riferimento all’adeguatezza della pena, nel quale si intendono implicitamente considerati tutti gli elementi dell’art. 133 c.p. (gravità del reato e capacità a delinquere del colpevole).

La Corte ha inoltre precisato, citando precedenti specifici, come si calcola la ‘media edittale’: non si tratta semplicemente di dimezzare il massimo, ma di dividere per due l’intervallo tra minimo e massimo e aggiungere il risultato al minimo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento che ha importanti riflessi pratici. Per gli avvocati, significa che un motivo di ricorso basato sulla sola carenza di motivazione della pena ha scarse possibilità di successo quando la sanzione inflitta è contenuta e lontana dal massimo edittale. È necessario, in tali casi, articolare censure più specifiche e concrete, dimostrando un’evidente illogicità o un travisamento dei fatti da parte del giudice di merito.

Per l’imputato, la decisione riafferma l’ampia discrezionalità del giudice nella quantificazione della pena, soprattutto quando si orienta verso la clemenza. La scelta di una pena bassa è, di per sé, un indicatore di una valutazione favorevole degli elementi di cui all’art. 133 c.p., rendendo superflua una motivazione prolissa.

Quando un giudice deve fornire una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
L’obbligo di fornire una motivazione specifica e dettagliata si accentua quanto più la pena si avvicina al massimo edittale previsto dalla legge. Al contrario, si attenua notevolmente se la pena è vicina al minimo.

Il semplice richiamo all’art. 133 c.p. è sufficiente per motivare una pena?
Sì, secondo la giurisprudenza consolidata della Cassazione, quando la pena inflitta è molto più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai criteri generali dell’art. 133 del codice penale costituisce una motivazione sufficiente.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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