Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47374 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47374 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MESSINA il 29/04/1983
avverso l’ordinanza del 07/08/2024 del TRIBUNALE di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata relativamente alla determinazione della pena, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Messina quale giudice dell’esecuzione.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 agosto 2024, il Tribunale di Messina, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME di riconoscimento della continuazione tra le seguenti sentenze: a) Tribunale di Messina del 10 febbraio 2022, in ordine al reato di cui agli artt. 99 cod. pen., 6, comma 2, legge n. 401 del 1989, commesso a Messina il 29 aprile 2018; b) Tribunale di Messina del 7 gennaio 2021, per il reato di cui all’art. 6, comma 2, legge n. 401 del 1989, commesso a Messina in data 25 e 29 marzo 2018, 4 e 8 aprile 2018.
Il giudice ha attribuito rilevanza decisiva alle modalità di commissione dei fatti, trattandosi di reati commessi in un contesto temporale ravvicinato e con le medesime modalità e, dunque, espressione di una unitaria spinta a delinquere.
E’ stata valorizzata anche la circostanza delle finalità perseguite dal reo che ha commesso gli illeciti nell’ambito della durata del medesimo provvedimento di daspo.
In ordine alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio, il Tribunale ha quantificato la pena nella misura di due anni e sette mesi di reclusione e 15.000 euro di multa.
NOME COGNOME con atto del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento dell’ordinanza sulla base di un unico motivo.
Ha eccepito la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 81, comma secondo, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., avendo, il giudice dell’esecuzione, disatteso i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio, con particolare riguardo alla necessità di motivare l’individuazione della misura della pena.
Il giudice non si sarebbe dovuto limitare alla mera individuazione del reato più grave, per poi procedere agli aumenti di pena, ma avrebbe dovuto, necessariamente, indicare le ragioni della quantificazione della pena per ciascun reato satellite.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio relativamente alla rideternninazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento.
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel quantificare la pena a seguito di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, il giudice – in quanto titolare di un potere discrezionale esercitabile secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen. – è tenuto a motivare, non solo in ordine all’individuazione della pena-base, ma anche all’entità dei singoli aumenti per i reati-satellite ex art. 81, comma secondo, cod. pen., in modo da rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena-base (Sez. 1, n. 800 del 07/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280216; Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, COGNOME, Rv. 279316; principi recepiti, da Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269).
Il ricorrente, nel censurare la motivazione dell’ordinanza impugnata, ha tenuto conto del nucleo centrale dei principi fin qui enunciati: la necessità di una corretta e puntuale motivazione in relazione alla determinazione della pena che deve attuarsi prendendo in considerazione il reato più grave e aggiungendo, motivando, la sanzione per i singoli reati unificati in continuazione.
Il giudice dell’esecuzione, essendosi limitato alla mera indicazione numerica della pena quantificata a titolo di aumento ex art. 81 cod. pen. nella misura di sette mesi di reclusione, ha totalmente pretermesso i principi sopra indicati omettendo ogni considerazione circa l’adeguatezza o meno di quella misura sanzionatoria, né ha avuto riguardo alle condizioni in cui i fatti sono stati commessi alla luce dell’art. 133 cod. pen.
L’ordinanza impugnata va, dunque, annullata con rinvio per nuovo giudizio al giudice dell’esecuzione che, in diversa persona fisica (sentenza Corte costituzionale n. 183 del 2013) colmerà le segnalate lacune motivazionali, tenuto conto dei principi sin qui esposti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente alla misura della pena complessiva con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Messina.
Così deciso il 12/12/2024