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Motivazione della pena: obblighi del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale di Messina che, pur riconoscendo il reato continuato, non aveva adeguatamente giustificato gli aumenti di pena per i reati satellite. La sentenza ribadisce il principio fondamentale secondo cui il giudice dell’esecuzione deve fornire una puntuale motivazione della pena, non limitandosi a una mera indicazione numerica, ma spiegando le ragioni della quantificazione di ogni aumento in base ai criteri di legge.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della pena: la Cassazione ribadisce l’obbligo di spiegare gli aumenti

La corretta motivazione della pena è un pilastro fondamentale del nostro sistema giudiziario, garanzia di trasparenza e di controllo sulla discrezionalità del giudice. Con la sentenza n. 47374 del 2024, la Corte di Cassazione torna a sottolineare un principio cruciale: quando si applica l’istituto del reato continuato, il giudice non può limitarsi a indicare un numero, ma deve spiegare analiticamente le ragioni che giustificano ogni singolo aumento di pena per i cosiddetti reati-satellite. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un soggetto si era rivolto al Tribunale di Messina, in qualità di giudice dell’esecuzione, per chiedere il riconoscimento della continuazione tra due sentenze di condanna. Entrambe le condanne riguardavano la violazione della legge sui provvedimenti contro la violenza negli stadi (L. 401/1989), commessa in più occasioni a breve distanza di tempo.

Il Tribunale accoglieva l’istanza, riconoscendo che i reati erano stati commessi in un contesto temporale ravvicinato e con modalità simili, frutto di una medesima ‘spinta a delinquere’. Di conseguenza, procedeva a rideterminare la pena complessiva, fissandola in due anni e sette mesi di reclusione e 15.000 euro di multa. Tuttavia, l’imputato, tramite il proprio difensore, proponeva ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione.

Il Ricorso in Cassazione e la questione sulla motivazione della pena

Il motivo del ricorso era netto e preciso: il giudice dell’esecuzione, pur avendo individuato correttamente il reato più grave e la relativa pena-base, aveva omesso di motivare l’entità degli aumenti applicati per i reati-satellite. In pratica, il Tribunale si era limitato a un calcolo aritmetico, aggiungendo una certa quantità di pena senza spiegare perché quella misura fosse congrua e adeguata alla luce dei criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo).

Secondo la difesa, questa omissione violava i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, che impongono una motivazione specifica non solo sulla pena-base ma anche su ciascun aumento di pena, al fine di rendere controllabile il percorso logico-giuridico seguito dal giudice.

La Decisione della Corte: Obbligo di Puntuale Motivazione della Pena

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso, affermando che la decisione del Tribunale di Messina era viziata da una grave lacuna motivazionale. Gli Ermellini hanno richiamato la propria consolidata giurisprudenza, comprese le Sezioni Unite (sentenza ‘Pizzone’ n. 47127/2021), per ribadire un concetto chiave.

Il potere discrezionale del giudice nel quantificare la pena non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i parametri fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale. Nel contesto del reato continuato, ciò significa che il giudice è tenuto a motivare:

1. L’individuazione della pena-base per il reato più grave.
2. L’entità dei singoli aumenti per ciascun reato-satellite.

Non è sufficiente rispettare il limite legale del triplo della pena-base. È necessario che la decisione renda trasparente il ragionamento seguito per ogni ‘pezzo’ della sanzione complessiva. Nel caso di specie, il giudice si era limitato a indicare un aumento di sette mesi di reclusione, ‘dimenticando’ completamente di spiegare le ragioni di tale quantificazione.

Le Motivazioni

La motivazione alla base della decisione della Cassazione risiede nella necessità di garantire un controllo effettivo sul potere sanzionatorio del giudice. Una motivazione solo apparente o, come in questo caso, del tutto assente, impedisce alle parti e alla stessa Corte di Cassazione di verificare se la pena sia stata determinata in modo equo, proporzionato e conforme alla legge. Il percorso logico deve essere tracciabile e comprensibile. Il giudice dell’esecuzione ha pretermesso totalmente i principi indicati, omettendo ogni considerazione sull’adeguatezza della misura sanzionatoria e non tenendo conto delle condizioni in cui i fatti erano stati commessi, come richiesto dall’art. 133 c.p.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per i giudici dell’esecuzione. La rideterminazione della pena in sede esecutiva non è un mero esercizio contabile, ma un’attività giurisdizionale che richiede il pieno rispetto degli obblighi motivazionali. L’imputato ha diritto di conoscere non solo ‘quanto’ dovrà scontare, ma anche ‘perché’ quella specifica misura è stata ritenuta giusta dal giudice. Per queste ragioni, la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina, che dovrà procedere a un nuovo giudizio colmando le lacune motivazionali evidenziate.

Quando si applica il reato continuato, è sufficiente che il giudice indichi solo la pena finale?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice è tenuto a motivare non solo la pena-base per il reato più grave, ma anche l’entità di ciascun singolo aumento di pena applicato per i reati-satellite.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Messina?
L’ordinanza è stata annullata perché il giudice dell’esecuzione si era limitato a indicare numericamente l’aumento di pena (sette mesi di reclusione) senza fornire alcuna motivazione sulla sua adeguatezza o sui criteri seguiti per determinarlo, in violazione dei principi stabiliti dall’art. 133 del codice penale.

Qual è il principio affermato dalla Corte di Cassazione in questa sentenza sulla motivazione della pena?
Il principio fondamentale è che il giudice, nel quantificare la pena per il reato continuato, deve rendere possibile un controllo effettivo del suo percorso logico e giuridico. Questo richiede una motivazione puntuale e corretta che prenda in considerazione il reato più grave e giustifichi, singolarmente, la sanzione aggiunta per ciascuno degli altri reati unificati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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