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Motivazione della pena: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. L’ordinanza chiarisce i criteri per la motivazione della pena quando questa è vicina al minimo edittale e ribadisce i principi sul diniego delle attenuanti generiche, basato sulla capacità criminale e la mancanza di resipiscenza.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della Pena: Quando è Sufficiente il Riferimento all’Adeguatezza?

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 22182 del 2024, offre importanti chiarimenti sui doveri del giudice riguardo alla motivazione della pena e al diniego delle attenuanti generiche. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso di un imputato, ribadisce principi consolidati ma di fondamentale importanza pratica, delineando i confini della discrezionalità del giudice di merito e gli oneri di specificità dei motivi di ricorso.

I Fatti del Processo

Un soggetto, condannato in secondo grado dalla Corte di Appello di Roma per il reato di ricettazione, presentava ricorso per Cassazione affidandosi a due principali motivi. Con il primo, lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo alla sua responsabilità penale. Con il secondo, contestava la carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione del trattamento sanzionatorio.

La Corte di Appello aveva negato le attenuanti valorizzando l'”intensa capacità criminale” dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali e dalla totale assenza di resipiscenza. Per quanto riguarda la pena, i giudici di secondo grado avevano ridotto quella inflitta in primo grado, comminando una pena detentiva pari al minimo edittale previsto per la ricettazione (due anni di reclusione) e una pena pecuniaria di poco superiore al minimo (2.000 euro).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il primo motivo è stato giudicato aspecifico, in quanto la Corte di Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente con le risultanze processuali per affermare la responsabilità dell’imputato, basata su apprezzamenti di fatto non sindacabili in sede di legittimità. Anche il secondo motivo è stato ritenuto non consentito, poiché le censure relative alla determinazione della pena e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche non possono tradursi in una richiesta di nuova valutazione del merito.

Le Motivazioni della Pena e gli Obblighi del Giudice

Il punto centrale della pronuncia riguarda la motivazione della pena. La Cassazione ha confermato la correttezza dell’operato dei giudici di appello. In primo luogo, per negare le attenuanti generiche, non è necessario che il giudice analizzi ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole dedotto dalle parti. È sufficiente, come nel caso di specie, che la motivazione si concentri sugli elementi ritenuti decisivi, come la capacità a delinquere e l’assenza di pentimento, superando implicitamente tutti gli altri.

In secondo luogo, e con particolare rilevanza, la Corte ha ribadito un principio fondamentale sul trattamento sanzionatorio. L’obbligo di una motivazione “rafforzata” scatta solo quando la pena si discosta in modo significativo dal minimo edittale. Al contrario, quando la pena inflitta è pari o di poco superiore al minimo (come in questo caso), o comunque al di sotto della media edittale, è sufficiente che il giudice faccia riferimento al criterio di “adeguatezza” della pena. Tale richiamo, secondo la Corte, contiene implicitamente la valutazione di tutti gli elementi previsti dall’art. 133 del codice penale, senza necessità di una loro analitica esposizione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi per la prassi giudiziaria. Da un lato, conferma che il diniego delle attenuanti generiche può essere validamente motivato sulla base di elementi preponderanti, come la personalità dell’imputato e la sua condotta post-reato. Dall’altro, chiarisce che l’onere motivazionale del giudice è graduato in base all’entità della pena irrogata: più ci si avvicina al minimo previsto dalla legge, più la motivazione può essere sintetica, richiamando il generico criterio di adeguatezza. Per gli avvocati, ciò significa che i motivi di ricorso sulla quantificazione della pena devono essere particolarmente solidi e mirati a dimostrare una manifesta illogicità o una violazione di legge, soprattutto quando la sanzione è contenuta entro i limiti minimi.

Quando un giudice può negare le circostanze attenuanti generiche?
Il giudice può negare le attenuanti generiche fornendo una motivazione che faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi, come l’intensità della capacità criminale desumibile dai precedenti penali e la mancanza di resipiscenza (pentimento), senza dover analizzare tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli emersi nel processo.

È sempre necessaria una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione rafforzata è richiesta solo quando la pena si discosta significativamente dal minimo previsto dalla legge. Se la pena è vicina al minimo edittale o al di sotto della media, è sufficiente un richiamo al criterio di adeguatezza, che si considera comprensivo della valutazione degli elementi dell’art. 133 cod. pen.

Cosa rende un motivo di ricorso in Cassazione inammissibile in materia di pena?
Un motivo di ricorso sulla determinazione della pena è inammissibile quando si limita a lamentare la valutazione del giudice di merito senza evidenziare una manifesta illogicità o una violazione di legge. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare le valutazioni di fatto, come la ponderazione delle circostanze o la commisurazione della pena, se queste sono sorrette da una motivazione congrua.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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