Motivazione della pena: Quando è Davvero Necessaria? La Cassazione Fa Chiarezza
La motivazione della pena rappresenta un pilastro fondamentale del nostro sistema giudiziario, garantendo che la decisione del giudice sia trasparente e controllabile. Tuttavia, l’obbligo di motivazione non è assoluto e la sua estensione dipende dalla misura della sanzione applicata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 3638/2024) offre un importante chiarimento su questo tema, stabilendo i confini entro cui il giudice è tenuto a fornire una giustificazione dettagliata della sua scelta sanzionatoria.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello, ha presentato ricorso per cassazione lamentando un vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio. Secondo il ricorrente, la corte territoriale non avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni per cui non era stata applicata la pena nel suo minimo assoluto. La condanna inflitta era di tre mesi di reclusione, per un reato la cui cornice edittale spaziava da un minimo di sei mesi a un massimo di due anni.
La questione giuridica: l’obbligo di motivazione della pena
Il nucleo della questione giuridica verte sull’interpretazione dell’obbligo di motivazione imposto al giudice nella determinazione della pena, in relazione ai criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale. Il ricorrente sosteneva che la pena, sebbene bassa, avrebbe dovuto essere giustificata in modo puntuale, soprattutto per il mancato raggiungimento del minimo edittale. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a valutare se, in un caso del genere, la motivazione fornita fosse sufficiente o se il ricorso fosse, come sostenuto dall’accusa, manifestamente infondato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno osservato che la pena di tre mesi di reclusione, tenuto conto della concessione delle attenuanti generiche e della riduzione prevista per il rito abbreviato, si collocava in una posizione molto prossima al minimo edittale di sei mesi. Questo elemento è stato considerato decisivo per valutare la congruità della motivazione.
Il Principio di Diritto sulla Motivazione della Pena
La Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: l’obbligo di una motivazione specifica e dettagliata sulla quantificazione della pena sorge soltanto quando il giudice si discosta notevolmente dalla misura media della pena prevista dalla legge. Al contrario, quando la pena inflitta è vicina al minimo edittale, non è necessaria una disamina analitica di tutti i criteri di cui all’art. 133 c.p. che hanno guidato la decisione. In questi casi, si ritiene che una motivazione sintetica o implicita sia sufficiente a giustificare la scelta del giudice.
Le Motivazioni
Il ragionamento della Corte si fonda sulla logica della proporzionalità. L’onere motivazionale del giudice deve essere proporzionato alla severità della sanzione applicata. Infliggere una pena significativamente superiore alla media edittale richiede una giustificazione robusta, che dia conto di tutti gli elementi negativi a carico dell’imputato. Viceversa, una pena contenuta, che si avvicina al trattamento più favorevole previsto dalla norma, non necessita di una spiegazione altrettanto approfondita, poiché implicitamente dimostra una valutazione benevola degli stessi criteri. Nel caso di specie, la pena finale era addirittura inferiore al minimo edittale grazie agli sconti di pena, rendendo la doglianza del ricorrente palesemente priva di fondamento.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma che non ogni lamentela sulla quantificazione della pena può trovare accoglimento in Cassazione. L’obbligo di motivazione della pena è un principio cardine, ma va letto con ragionevolezza. Per le sanzioni contenute e prossime al minimo di legge, la giurisprudenza riconosce al giudice di merito un margine di discrezionalità che non richiede una giustificazione analitica. La decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché delinea chiaramente quando un motivo di ricorso basato sulla presunta carenza di motivazione può avere concrete possibilità di successo, limitandolo ai casi di pene palesemente sproporzionate e non adeguatamente giustificate.
 
Quando il giudice è obbligato a fornire una motivazione dettagliata sulla pena inflitta?
Secondo la Corte, una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento è necessaria soltanto quando la pena inflitta è di gran lunga superiore alla misura media di quella prevista dalla legge (edittale).
Una pena di 3 mesi di reclusione può essere considerata vicina al minimo edittale per il reato previsto dall’art. 76, comma 4, d.lgs. 159/2011?
Sì. Poiché la cornice edittale per tale reato va da sei mesi a due anni, la pena di 3 mesi (risultato della concessione di attenuanti e della riduzione per il rito abbreviato) è considerata ‘assai prossima al minimo edittale’, se non addirittura inferiore.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna al pagamento di tremila euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3638 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 3638  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Rilevato che il ricorso contesta la mancanza di motivazione sul trattamento sanzionatorio, che il ricorrente avrebbe voluto contenuto nel minimo, e che tale motivo è manifestamente infondato, perché il ricorrente è stato condannato alla pena di 3 mesi di reclusione, ch considerata la concessione delle attenuanti generiche e la riduzione per il rito abbrevia equivale ad una pena assai prossima al minimo edittale, atteso che la cornice astratta del reato dell’art. 76, comma 4, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 è quella della reclusione da sei mesi due anni, ed in presenza di una pena prossima al minimo edittale non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione di quali siano i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. che hanno ispi decisione, essendo necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (cfr. Se 3, Sentenza n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288)
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2023.