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Motivazione della pena: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per tentato furto, il quale lamentava una carenza nella motivazione della pena da parte della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha stabilito che la valutazione sulla congruità della sanzione e sul bilanciamento delle circostanze è un giudizio di merito. La motivazione della pena è stata ritenuta adeguata, poiché il modesto valore del bene era già stato considerato nell’applicazione delle attenuanti generiche, rendendo superfluo il riconoscimento di un’ulteriore attenuante specifica.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della pena: quando il giudice non è tenuto a spiegare tutto

La corretta motivazione della pena è un pilastro fondamentale del nostro sistema giudiziario, garantendo che la decisione del giudice sia trasparente e controllabile. Tuttavia, fino a che punto deve spingersi il dettaglio di tale motivazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 16425 del 2025, offre importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità riguardo alle valutazioni di merito del giudice, in particolare quando si tratta di quantificare la sanzione penale.

I fatti del caso: un tentato furto e l’appello

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per il reato di tentato furto. La Corte di Appello di Catania aveva confermato la sentenza di primo grado, che prevedeva una pena di due mesi di reclusione e 60 euro di multa. La difesa dell’imputato aveva presentato appello chiedendo un trattamento sanzionatorio più mite, basato su due richieste principali: l’applicazione della diminuzione di pena per il tentativo nella sua massima estensione e il riconoscimento dell’attenuante specifica per il danno di lieve entità.

La Corte territoriale aveva rigettato tali richieste, ritenendo la pena già estremamente contenuta e proporzionata. Secondo i giudici d’appello, il modesto valore della refurtiva era già stato considerato nell’applicazione delle attenuanti generiche, bilanciate con l’aggravante contestata e la recidiva dell’imputato.

Le doglianze del ricorrente: la richiesta di una pena più mite

Insoddisfatta della decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge per vizio di motivazione. I motivi di ricorso si concentravano sulla presunta omissione di pronuncia da parte della Corte d’Appello su punti specifici sollevati.

La mancata motivazione sulla diminuente per il tentativo

Il primo motivo di ricorso sosteneva che la Corte d’Appello non avesse fornito alcuna spiegazione sul perché la riduzione per il tentativo fosse stata applicata nella misura minima (un terzo) e non in quella massima, come richiesto dalla difesa. Secondo il ricorrente, questa omissione impediva di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dai giudici.

Il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di lieve entità

Con il secondo motivo, si censurava la mancata motivazione riguardo al diniego dell’attenuante prevista dall’art. 62, n. 4, del codice penale, legata al danno patrimoniale di speciale tenuità. Anche su questo punto, la difesa riteneva che la Corte avesse del tutto taciuto.

La decisione della Cassazione sulla motivazione della pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le censure. La sentenza chiarisce in modo netto la distinzione tra il giudizio di merito, riservato ai tribunali e alle corti d’appello, e il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione.

Le motivazioni della sentenza

In primo luogo, riguardo alla diminuzione per il tentativo, la Cassazione ha affermato che, sebbene non esplicita, una motivazione esisteva. La Corte d’Appello, nel definire la pena ‘già estremamente contenuta’, aveva implicitamente ma chiaramente espresso il suo giudizio di congruità, ritenendo non meritevole di accoglimento un’ulteriore riduzione. La valutazione sulla misura della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e, se logicamente argomentata anche in modo sintetico, non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

In secondo luogo, e in modo ancora più netto, la Corte ha smentito la presunta omissione di pronuncia sull’attenuante del danno lieve. La sentenza d’appello aveva infatti giustificato il mancato riconoscimento spiegando che il ‘modesto valore economico della refurtiva’ era già stato assorbito e valorizzato attraverso la concessione delle attenuanti generiche, ritenute equivalenti alla recidiva. Si tratta di una scelta discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in Cassazione se, come in questo caso, supportata da una motivazione logica e non contraddittoria.

Le conclusioni della Corte Suprema

La sentenza ribadisce un principio consolidato: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. La motivazione della pena, seppur sintetica, è valida quando permette di ricostruire il ragionamento del giudice e dimostra che tutti gli elementi rilevanti sono stati presi in considerazione. In questo caso, il giudizio di congruità della pena e l’assorbimento di un elemento (il danno lieve) nelle attenuanti generiche sono state considerate valutazioni di merito adeguatamente giustificate.

Il giudice di appello deve sempre motivare esplicitamente ogni singola richiesta della difesa sulla quantificazione della pena?
No, secondo la sentenza, la motivazione può essere anche implicita. Se il giudice definisce la pena complessivamente congrua e contenuta, sta implicitamente rigettando le richieste di ulteriore riduzione, e tale valutazione rientra nel suo potere discrezionale non sindacabile in Cassazione se logicamente sostenibile.

Perché la Corte non ha concesso l’attenuante del danno di modesta entità (art. 62 n. 4 c.p.)?
La Corte non ha concesso tale attenuante perché ha ritenuto che il modesto valore economico della refurtiva fosse già stato considerato e valorizzato al momento della concessione delle attenuanti generiche, che sono state poi bilanciate in equivalenza con la recidiva dell’imputato.

Cosa significa che una valutazione del giudice è ‘di merito’ e non sindacabile in Cassazione?
Significa che si tratta di una valutazione che riguarda l’apprezzamento dei fatti e delle circostanze del caso concreto, come la congruità della pena o il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti. La Corte di Cassazione può controllare solo la correttezza giuridica e la logicità della motivazione, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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