Motivazione della pena: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità riguardo la motivazione della pena stabilita dai giudici di merito. Il caso in esame riguarda un ricorso presentato contro una sentenza della Corte d’Appello, ritenuto inammissibile dalla Suprema Corte. Analizziamo la decisione per comprendere i principi che guidano la valutazione della congruità della sanzione penale.
I fatti di causa
Un soggetto veniva condannato dalla Corte d’Appello di Firenze per reati legati agli stupefacenti. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando un’inadeguata motivazione da parte dei giudici di secondo grado in merito a due aspetti cruciali: la determinazione della pena, seppur fissata al minimo edittale, e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione possibile.
La decisione della Corte di Cassazione e la motivazione della pena
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nel riconoscimento che la Corte d’Appello aveva, in realtà, fornito una motivazione adeguata e logica. I giudici di merito avevano giustificato la loro decisione evidenziando elementi di fatto concreti e di particolare gravità.
La valutazione degli elementi di fatto
Per la Corte, la motivazione della pena era stata correttamente ancorata a due elementi principali:
1. La gravità del fatto: Era stata accertata la detenzione di ‘quantità significative’ di droghe tra le più nocive.
2. La professionalità dell’attività: Il rinvenimento di ‘strumentazione atta allo sviluppo dell’attività di cessione’ dimostrava una condotta non occasionale.
Inoltre, la Corte ha sottolineato come la non applicazione delle attenuanti generiche nella loro massima estensione fosse implicitamente ma chiaramente giustificata dall”ampio numero di cessioni’. Questo elemento, secondo i giudici, indicava una persistenza nell’attività illecita che non meritava il trattamento sanzionatorio più favorevole.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha ritenuto che il giudice di merito avesse esercitato correttamente la propria discrezionalità. La motivazione, sebbene sintetica, era completa perché ancorata a elementi concreti emersi durante il processo. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se quest’ultima è immune da vizi logici o giuridici. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva chiaramente spiegato perché, nonostante la pena base fosse il minimo previsto dalla legge, non vi fossero i presupposti per un’ulteriore, significativa riduzione tramite le attenuanti generiche, data la gravità complessiva della condotta.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la quantificazione della pena è un compito demandato alla discrezionalità del giudice di merito. Il controllo della Corte di Cassazione si limita a verificare che tale discrezionalità sia stata esercitata in modo logico e con una motivazione adeguata. Quando la decisione è fondata su elementi di fatto specifici e rilevanti – come la quantità di droga, la strumentazione e la frequenza delle cessioni – il ricorso che lamenta una generica inadeguatezza della sanzione è destinato a essere dichiarato inammissibile. L’imputato, oltre alla conferma della condanna, è stato quindi onerato del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse già motivato in modo adeguato e logico la sua decisione sulla determinazione della pena e sull’applicazione delle attenuanti.
Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per giustificare la pena?
La Corte d’Appello ha considerato la detenzione di una quantità significativa di droghe tra le più nocive, il rinvenimento di strumentazione specifica per l’attività di spaccio e l’ampio numero di cessioni effettuate.
Per quale motivo le circostanze attenuanti generiche non sono state applicate nella massima misura?
La Corte ha implicitamente giustificato la mancata applicazione delle attenuanti nella loro massima estensione basandosi sull’ampio numero di cessioni, ritenendo che tale elemento indicasse una gravità della condotta tale da non meritare un trattamento sanzionatorio più mite.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6110 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6110 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato 11 17/03/1994
avverso la sentenza del 22/02/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
ritenuto che il ricorso di COGNOME COGNOME è inammissibile, perché, a differenza di quel che vi adduce, la Corte di appello ha adeguatamente motivato la determinazione della pena in misura co coincidenti con il minimo editale, evidenziando la detenzione di quantità significative di droghe tra le più nocive e il rinvenimento di strumentazione atta allo sviluppo dell’attività di cessione, e ha implicitamente giustificato la non applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione rilevando l’ampio numero di cessioni;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro r bila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrerne al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13 dicembre 2024
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