LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Motivazione della pena: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro la quantificazione della pena. La Corte ribadisce che la motivazione della pena rientra nell’ampia discrezionalità del giudice di merito. Una spiegazione dettagliata è richiesta solo per pene significativamente superiori alla media edittale, mentre per scostamenti minimi sono sufficienti espressioni generiche. La decisione conferma anche la legittimità di una motivazione implicita sul mantenimento della recidiva basata sulla pericolosità del reo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione della pena: la Cassazione ne riafferma i confini

La corretta motivazione della pena è un pilastro fondamentale del diritto penale, garantendo che la sanzione sia giusta e proporzionata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti della discrezionalità del giudice in questo ambito, specialmente quando la pena si discosta di poco dal minimo previsto dalla legge. La pronuncia analizza il caso di un ricorrente che lamentava una pena eccessiva e una motivazione carente, vedendosi però respingere le proprie istanze in quanto manifestamente infondate.

I Fatti del Caso

L’imputato presentava ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello, sollevando due questioni principali. In primo luogo, contestava la decisione dei giudici di merito di non far prevalere le circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti, di non escludere la recidiva e, di conseguenza, di aver applicato una pena base ritenuta eccessiva. In secondo luogo, il ricorrente lamentava una motivazione solo apparente riguardo all’aumento di pena applicato per la continuazione del reato, ovvero per aver commesso più violazioni della legge penale con un unico disegno criminoso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando entrambi i motivi manifestamente infondati. I giudici hanno chiarito che la Corte territoriale aveva adeguatamente giustificato le proprie decisioni, seppur in modo implicito. La valutazione sulla pluralità di condanne precedenti per reati contro il patrimonio e la dichiarazione di delinquente abituale erano elementi sufficienti a motivare sia il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti, sia la decisione di non escludere la recidiva.

Le Motivazioni: la Discrezionalità nella Motivazione della Pena

Il cuore della decisione risiede nel principio, ribadito dalla Cassazione, secondo cui la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Per adempiere all’obbligo di motivazione, non è sempre necessaria una spiegazione analitica e dettagliata. La Corte ha ricordato un suo precedente orientamento (sentenza n. 36104/2017), secondo cui espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’, o il semplice richiamo alla gravità del reato, sono sufficienti quando la pena si colloca vicino al minimo edittale. Una spiegazione specifica e approfondita è, invece, indispensabile solo quando la pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato. Nel caso di specie, il lieve scostamento dal minimo non richiedeva una giustificazione particolareggiata. Anche riguardo all’aumento per la continuazione, la Corte ha ritenuto la decisione corretta, sottolineando che l’aumento applicato era addirittura inferiore al minimo previsto dalla norma per i casi di recidiva qualificata, rendendo la doglianza del ricorrente palesemente infondata.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio giurisprudenziale: la discrezionalità del giudice nella quantificazione della pena è molto ampia e il suo operato è difficilmente censurabile in sede di legittimità se la sanzione si mantiene entro i limiti della ragionevolezza e in prossimità del minimo legale. La pronuncia chiarisce che l’obbligo di motivazione si atteggia diversamente a seconda dell’entità della pena inflitta, richiedendo un onere argomentativo rafforzato solo in caso di pene particolarmente severe. Questa decisione rappresenta un monito per la difesa: per contestare efficacemente la quantificazione della pena, non basta lamentarne l’eccessività, ma occorre dimostrare un’irragionevolezza manifesta o una violazione di legge da parte del giudice di merito.

Quando un giudice deve fornire una motivazione dettagliata per la pena che impone?
Secondo la Corte, una spiegazione specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena irrogata è di gran lunga superiore alla misura media di quella prevista dalla legge. Per pene vicine al minimo edittale, sono sufficienti motivazioni sintetiche.

La mancata esclusione della recidiva può essere giustificata in modo implicito?
Sì, la Corte ha ritenuto che la valorizzazione della pluralità di condanne precedenti del ricorrente e della sua dichiarata pericolosità sociale giustificasse implicitamente sia la mancata esclusione della recidiva, sia il giudizio di equivalenza tra circostanze attenuanti e aggravanti.

È legittimo un aumento di pena per la continuazione inferiore al minimo previsto dalla legge?
Sì. Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che l’aumento per la continuazione era stato disposto in misura inferiore a quella minima indicata dalla norma per i recidivi qualificati (un terzo della pena per il reato più grave). Questo ha reso la lamentela del ricorrente ancora più infondata, poiché aveva ricevuto un trattamento di favore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati