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Motivazione copia-incolla: quando è valida l’ordinanza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare. L’indagato sosteneva la nullità del provvedimento per l’uso della tecnica della ‘motivazione copia-incolla’ da parte del GIP. La Corte ha chiarito che il Tribunale del Riesame ha il potere di effettuare una valutazione autonoma e completa, sanando eventuali vizi di motivazione originari. Pertanto, l’uso del copia-incolla non invalida automaticamente il provvedimento se il Riesame svolge correttamente la sua funzione di controllo.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Copia-Incolla: la Cassazione chiarisce i limiti di validità

L’uso della motivazione copia-incolla da parte dei giudici è una questione dibattuta che tocca il cuore del diritto alla difesa e al giusto processo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 11102 del 2024, torna sul tema, delineando i confini entro cui un provvedimento cautelare, pur riprendendo testualmente gli atti del pubblico ministero, può essere considerato valido. La chiave di volta, come vedremo, risiede nel ruolo fondamentale e sanante del Tribunale del Riesame.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza Cautelare Contestata

Il caso ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari (GIP) del Tribunale di Napoli. L’indagato era accusato di reati in materia di armi, aggravati dal fine di agevolare un’associazione di tipo camorristico.

La difesa, impugnando il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, aveva eccepito un vizio fondamentale: l’ordinanza del GIP sarebbe stata completamente priva di un’autonoma valutazione, limitandosi a riprodurre pedissequamente la richiesta del pubblico ministero. In pratica, un’operazione di ‘copia-incolla’ che, secondo il ricorrente, svuotava di contenuto l’obbligo di motivazione del giudice.

Il Ricorso in Cassazione e il problema della motivazione copia-incolla

Nonostante il Tribunale del Riesame avesse confermato la misura cautelare, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, insistendo sul vizio della motivazione copia-incolla. Secondo il ricorrente, anche le argomentazioni aggiuntive citate dal Riesame come espressione di autonomia del GIP erano, in realtà, mere riproduzioni di altre parti della richiesta del PM. Inoltre, si lamentava una totale assenza di motivazione sull’aggravante specifica dell’agevolazione mafiosa.

La questione sottoposta alla Suprema Corte era duplice: può un’ordinanza basata sul copia-incolla ritenersi legittima? E qual è il potere del Tribunale del Riesame di fronte a un’eventuale carenza motivazionale del primo giudice?

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali sulla prassi della motivazione copia-incolla e sul funzionamento del sistema delle impugnazioni cautelari.

Il Collegio ha ribadito un principio consolidato: il ricorso alla tecnica del ‘copia e incolla’ è legittimo quando non si traduce in una passiva adesione, ma è accompagnato da un’analisi critica e dall’esplicitazione delle ragioni che fondano il convincimento del giudice. Anche se il giudice riporta stralci di altri atti, deve comunque dimostrare di averli fatti propri attraverso un percorso logico-argomentativo autonomo.

Il punto centrale della decisione, tuttavia, è il ruolo del Tribunale del Riesame. La Corte ha sottolineato che, anche di fronte a insufficienze motivazionali del provvedimento del GIP, il Riesame ha il potere-dovere di integrare e persino sostituire la motivazione carente. Esso, infatti, non è un semplice controllore della logicità della decisione impugnata, ma un giudice che deve effettuare una nuova e piena valutazione di tutti gli elementi: gravità indiziaria, esigenze cautelari e sussistenza delle aggravanti.

Nel caso specifico, il Tribunale del Riesame aveva svolto questa valutazione autonoma. Per quanto riguarda l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, la Cassazione ha evidenziato come il Riesame avesse correttamente valorizzato le conversazioni intercettate in cella tra l’indagato e un altro soggetto, dalle quali emergevano chiaramente sia il ruolo di vertice di quest’ultimo sia la destinazione delle armi alle finalità del sodalizio criminale.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza rafforza il ruolo del Tribunale del Riesame come organo di garanzia nel procedimento cautelare. La decisione chiarisce che il vizio di una motivazione copia-incolla da parte del GIP non comporta automaticamente l’illegittimità della misura restrittiva. Se il Tribunale del Riesame, investito della questione, procede a una nuova e completa disamina del materiale probatorio, motivando in modo autonomo e adeguato sulla sussistenza dei presupposti per la misura, l’eventuale vizio originario viene ‘sanato’. Di conseguenza, per la difesa diventa cruciale non solo denunciare il vizio del primo provvedimento, ma soprattutto contestare nel merito la nuova e autonoma valutazione operata in sede di riesame.

Un’ordinanza cautelare è nulla se il giudice usa la tecnica del ‘copia-incolla’ dalla richiesta del PM?
Non necessariamente. Secondo la Corte di Cassazione, la tecnica è legittima se il giudice non si limita a una riproduzione passiva, ma accompagna il testo riportato con un’analisi critica e un’esplicitazione delle ragioni autonome del suo convincimento.

Cosa succede se la motivazione del GIP è carente o insufficiente?
Il Tribunale del Riesame ha il potere-dovere di integrare o sostituire la motivazione carente. Esso deve compiere una valutazione nuova, piena e autonoma di tutti i presupposti della misura cautelare (gravi indizi, esigenze cautelari, aggravanti), sanando di fatto il vizio del provvedimento originario.

Come è stata provata l’aggravante di agevolazione mafiosa in questo caso?
Il Tribunale del Riesame ha fondato la sua decisione sulla sussistenza dell’aggravante analizzando le conversazioni intercettate in cella tra il ricorrente e un altro detenuto, ritenuto il capo del clan. Da tali dialoghi emergeva con evidenza la destinazione delle armi alle finalità del sodalizio criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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