Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19787 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19787 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ACI CATENA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Catanzaro del 27/06/2023, è stata applicata a NOME COGNOME la misura di sicurezza della libertà vigilata per un periodo di tempo non inferiore, nel minimo, ad anni tre; tale misura di sicurezza era stata ordinata, nei confronti del condannato, dalla Corte di appello di Catania del 14/04/2023.
1.1. Avverso tale decisione ha proposto appello il condannato, sostenendo essere la stessa fondata esclusivamente sull’esistenza di precedenti molto risalenti nel tempo, senza adeguata considerazione del lungo e positivo percorso trattamentale nel frattempo compiuto.
1.2. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha parzialmente accolto l’appello, rideterminando la durata minima della suddetta misura di sicurezza in anni uno. Tale ordinanza ha tenuto conto, in primo luogo, dei gravissimi reati commessi dal soggetto (omicidio con distruzione di cadavere, associazione mafiosa, truffa, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti), che hanno determinato una condanna ad anni trenta di reclusione, finita di scontare il 04/03/2022; il COGNOME, inoltre, è stato considerato ancora pericoloso, non avendo egli mai dato segnali di ravvedimento o di dissociazione dalle consorterie malavitose di riferimento. Per contro, è stato valorizzato i significativo percorso di recupero posto in essere durante la lunga carcerazione, il ripudio delle logiche mafiose e l’adesione ai valori della civile convivenza sotto l’impero delle leggi; in base a tali elementi, il Tribunale di sorveglianza ha reputat opportuno ridurre la durata minima di applicazione della libertà vigilata.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo due motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, vengono denunciati vizio di motivazione e violazione di legge. Il provvedimento impugnato si affida a mere formule di stile, senza dar conto degli elementi effettivamente valutati e senza chiarire le ragioni del giudizio negativo o positivo espresso, in relazione agli stessi. Vengono così trascurati i numerosi dati di segno favorevole, che erano stati evidenziati dalla difesa e che coincidono con la sussistenza di un lungo, articolato e consolidato percorso rieducativo. Trattasi di un condannato che – nel corso della lunga detenzione – ha conseguito la licenza media ed ha frequentato l’università; che ha svolto attività inframuraria di giardinaggio e di cuoco, che ha fruito di numerosi
permessi premio, oltre che del regime di semilibertà; che è inserito, infine, in un sano contesto familiare.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciato il vizio di contraddittorietà della motivazione, tanto intrinseca al provvedimento impugnato, quanto estrinseca in rapporto a specifiche risultanze processuali. La decisione reiettiva è contraddittoria, laddove ritiene possibile l’esistenza di contatti con la criminali organizzata, affermando però – nel contempo – come il condannato abbia definitivamente ripudiato ogni contesto mafioso. Quanto alla possibilità di mantenimento di legami con associazioni criminali, trattasi di mere supposizioni e congetture, sfornite di agganci concreti.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, per essere la stessa fondata esclusivamente su una motivazione generica, apparente e perplessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Le doglianze difensive, sebbene articolate in plurimi motivi, presentano una evidente matrice comune e ben si prestando, dunque, alla trattazione unitaria.
2.1. In diritto, giova brevemente ricordare come l’ampiezza del sindacato da compiere in sede di legittimità, in ordine alla struttura motivazionale del provvedimento avversato, possa spingersi fino alla verifica circa il fatto che quest’ultimo:
presenti una connotazione di effettività, così risultando realmente in grado di delineare e chiarire le ragioni che il giudicante abbia assunto a fondamento della decisione adottata;
sia privo di forme di manifesta illogicità, in quanto supportato, nei trat essenziali, da argomentazioni e percorsi deduttivi non affetti da evidenti errori, nell’applicazione dei canoni della logica;
non presenti spunti di contraddittoria intrinseca, risultando anche esente da insormontabili incongruenze, di carattere logico o infratestuale, tra le sue diverse parti, nonché immune da stridenti e insanabili contrasti logici, tra le affermazion in esso presenti;
non risulti logicamente inconciliabile con ulteriori elementi di valutazione e conoscenza uniti all’incarto processuale (indicati in termini specifici ed esaustiv dal ricorrente, nei motivi posti a sostegno del ricorso), in modo tale che ne risult vanificata o radicalmente inficiata la saldezza concettuale (si veda, fra tante, i
dictum di Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105 – 01, a mente della quale: «Ricorre il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono, e, invece, di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice – conducenti ad esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento»).
2.2. Nel caso di specie ricorre il lamentato vizio di contraddittorietà fra pi parti dello stesso provvedimento, visto che il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, ad un tempo:
afferma che il soggetto sia ancora pericoloso, per non essere mai emersi concreti segnali genuinamente evocativi di un suo ravvedimento, oltre che di una sua possibile dissociazione:
sottolinea come COGNOME abbia ormai definitivamente ripudiato la propria scelta di appartenenza, rispetto ad ogni contesto di criminalità organizzata.
Trattasi di due affermazioni tra loro non collimanti sotto il profilo logico deduttivo e che, pertanto, difficilmente possono coesistere, all’interno del medesimo iter concettuale.
2.3. L’avversata ordinanza, inoltre, desume la permanenza del connotato di pericolosità, ascrivibile al condannato, da non meglio indicate informazioni fornite dalle forze dell’ordine; riguardo a tali fonti conoscitive non vengono fornit specificazioni ulteriori, attinenti alla natura delle dedotte argomentazioni, al datazione e alla provenienza delle stesse.
2.3.1. Si concretizza, in tal modo, il dedotto difetto motivazionale, visto che l’apparato argomentativo posto a fondamento dell’ordinanza impugnata presenta un connotato fortemente assertivo e apparente. Si ricorda, sul punto, che la motivazione apparente (ossia, inesistente) ricorre allorquando essa appaia completamente disarmonica rispetto alle risultanze processuali, ovvero si avvalga di argomentazioni generiche e di asserzioni indimostrate, prive di substrato contenutistico, apodittiche, o ancora di affermazioni tautologiche e di proposizioni prive di efficacia dimostrativa. In altri termini, in tutti i casi in cui il p deduttivo che sorregge la decisione riveli una natura fittizia e inconsistente (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Vassallo, Rv. 263100).
2.3.2. Anche tale profilo dell’ordinanza impugnata, pertanto, merita censura, essendo necessaria una maggiore specificazione, non solo della natura
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delle informazioni utilizzate, ma anche della valenza dimostrativa che alle stese si intenda riconnettere.
2.4. Meritevole di accoglimento, infine, è anche l’ulteriore profilo evidenziato nell’atto di impugnazione, laddove viene dato atto dell’esistenza di un “significativo percorso di revisione critica del proprio vissuto”, da parte de condannato, senza però che tale elemento – di segno evidentemente favorevole per l’interessato – venga meglio analizzato e, in seguito, rapportato a quelli di segno sfavorevole e con essi bilanciato.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catania.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catania
Così deciso in Roma, 10 aprile 2024.